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Il “dannoso” Pd romano. Ombre e luci nella ricerca di Fabrizio Barca

I circoli del Pd romano indicati nella relazione di Fabrizio Barca come “dannosi” sono, in ordine alfabetico: Aurelio Cavalleggeri, Borghesiana Finocchio, Casal Bruciato, Casalbertone, Casalotti, Centocelle Vecchia, Cinecittà (via Flavio Stilicone), Corviale, Eur, Fidene Serpentara, Grotta Perfetta, Grottarossa, Nuova Gordiani, Ostia centro, Ponte Mammolo, San Giorgio, Testaccio, Torbellamonaca, Tor di Nona, Torraccia, Torre Maura, Torrino, Trullo, Via Crema all’Appio Tuscolano, Vigne Nuove, Villaggio Breda e XX Settembre.

Si tratta di 27 circoli territoriali sui 108 esistenti nella Capitale, dunque uno su quattro. Sono circoli, secondo la relazione di Barca “in cui prevalgono interessi particolari che sovrastano o annullano gli interessi generali o sono arena di scontro di poteri. In questi casi, “Il Circolo è dannoso perché blocca il confronto sui contenuti premia la fedeltà di filiera, emargina gli innovatori”.

Fabrizio Barca, figlio d’arte (il padre era un prestigioso economista del Pci) ed ex ministro nel governo Monti (sic!) ha presentato la sua ricerca alla festa cittadina del Partito Democratico di Roma inaugurata ieri sera al Parco delle Valli, nel quadrante est di Rpma, quadrante dove insistono due dei circoli “incriminati”: Serpentara e Vigne Nuove. La relazione di Barca si fonda sulla ricerca condotta da una trentina di ricercatori che hanno distribuito un questionario di 213 domande tra gli iscritti romani del PD e poi ne hanno elaborato le risposte. L’intervento di Barca, annunciato e atteso, è stato presentato dal commissario del PD a Roma Matteo Orfini.

La ricerca e la relazione hanno precisato di non aver preso in esame, “la legalità dei comportamenti, compito che tocca alla magistratura, la regolarità delle iscrizioni, il rispetto delle regole, dello statuto e del codice etico, nonché la moralità dei comportamenti”.

E la situazione negli altri circoli come è secondo la ricerca condotta da Barca? Ci sono i cosiddetti circoli-progetto, in questo caso 9 strutture in cui “gli interessi generali dei cittadini vengono privilegiati rispetto agli interessi particolari e sono perseguiti costruendo progetti che coinvolgano i cittadini nella loro attuazione”. Ci sono poi i 27  circoli “ponte fra società e stato”, che mobilitano i cittadini “ed incalzano l’amministrazione”. Sono 25 invece i circoli “di identità” caratterizzati da “iniziative rivolte all’esterno su temi prevalentemente di interesse nazionale”. I circoli ritenuti meno “affidabili” sono invece 19, di cui 17 cosiddetti “di inerzia” e 2 definiti “presidio chiuso” ovvero “circoli segnati da forte degrado sociale ed istituzionale”.
Se i risultati della ricerca di Barca segnalano gli effetti della mutazione genetica del Pd, un partito personalizzato, fondato su cordate elettorali e le relazioni con gruppi di affari emerse con l’inchiesta su Mafia Capitale, che la situazione nel Pd romano fosse tesa, molto tesa, non è una novità emersa dopo gli arresti di dicembre dello scorso anno e l’inizio del commissariamento di Orfini sul partito nella Capitale.

Ci ricordiamo infatti che alcuni totem erano cominciati a venire giù. Ad esempio, Goffredo Bettini, il “creatore di re” del centrosinistra romano fin dai tempi di Rutelli sindaco, il dirigente che ha imposto il “marziano” Marino come candidato sindaco fino a riconquistare il Campidoglio, alle ultime elezioni europee (quelle con le quali Renzi e la sua corte ancora ci sgargollano con il 40%)  è risultato quarto nel Lazio in quanto a preferenze, e addirittura quinto a Roma. Dopo Bonafé e Sassoli, ma soprattutto dopo Gasbarra, di provenienza democristiana. Bettini non la prese bene e le cronache ci raccontano di una rissa alla fine della festa in piazza che celebrava il successo delle europee. A farne le spese in quella occasione furono Fabrizio Panecaldo, coordinatore della maggioranza capitolina, e il segretario regionale Fabio Melilli. Evitate strette di mano e convenevoli, volano parole pesanti e spintoni. L’accusa per entrambi è di non aver sostenuto la sua candidatura. “Mancano i vostri voti” disse Bettini andando sul muso a Panecaldo. Il Corriere della Sera coglie una battuta in una piazza Farnese arroventata da questo clima: E pensa che abbiamo vinto… Se perdevamo che succedeva?». Lo stesso Bettini, in una intervista sul Corriere della Sera del 13 dicembre, dice cose pesanti:  “le primarie per designare i parlamentari sono state, almeno a Roma, una farsa. Ogni candidato doveva essere sostenuto da 500 iscritti, nessun iscritto poteva sostenere più di un candidato: era tutto chiaramente deciso prima dai capibastone”. Ed ancora: “Liquidata una classe dirigente, con me in testa, i nuovi leader locali del Pd hanno avviato in Campidoglio una stagione consociativa, che è diventata un terreno sfruttato dall’affarismo criminale, animato da sopravvissuti all’eversione e alla delinquenza politica degli Anni 70, di destra ma anche di sinistra”.

Bettini, in quella e in altre interviste salva Veltroni e la sua giunta, eppure per onestà dovrebbe essere disposto ad aprire un dibattito vero su quell’insano rapporto tra giunta Veltroni e costruttori che portò agli “accordi in compensazione” con i palazzinari, ai Punti Verdi Qualità e a quel Piano Regolatore che grida ancora vendetta. Tutto questo non poteva esserci nella relazione di Barca sulle ombre nel Pd romano, ma se si aprisse una discussione seria è evidente come non possa cominciare solo dai fatti legati a Mafia Capitale.

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