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Bologna, ideologia e pratica delle StartUp

Qualche volantino contro lo StartUp Day e la sua retorica tutta ideologica, nella stessa piazza in cui contemporaneamente a una delle troppe sigle fascio-leghiste è stato concesso di far la sua becera propaganda, ha portato la polizia e un’amministrazione cittadina senza ruolo a dare il beneplacito a Dionigi: lui può continuare indisturbato la sua kermesse elettorale senza alcuno spazio al dissenso, così come Insieme Bologna è tutelata nel portare avanti messaggi d’odio e discriminatori.
Nella piazza centrale di Bologna, città che fu medaglia d’ora per la Resistenza, abbiamo assistito alla manifestazione plastica della Triplice Intesa su cui si reggono le attuali dinamiche di potere: estremismo di centro in piazza Re Enzo, il fascio-leghismo che viene lasciato scorrazzare per garantire a Renzi-Merola-Dionigi una legittima controparte a destra, e la forze di polizia che consentono il sereno scorrere del teatrino sulle spalle degli sfruttati e di chi cerca di alzare la testa.
Ben conosciamo le intenzioni di Dionigi di potenziamento dell’UniBo, facendo del polo bolognese un’università d’eccellenza, di serie A, in cui si continuino a iscrivere i sempre meno rampolli della classe dirigente e in cui non c’è spazio per i sempre più sfruttati e precari. Ma siamo certi che il Magnifico sa bene di cosa stiamo parlando, se inserisce nelle attività del Reunion un seminario di formazione sulle politiche imperialiste dell’UE e sulla necessità di potenziamento dell’area NATO. E allora è impensabile una contestazione, anche se si tratta di innocui volantini, è impensabile non slegare il guinzaglio alla polizia, è impensabile non cercare di asfaltare qualunque forma di dissenso.
Arrivati alla fine di questa due giorni, c’è da capire cosa lasciano queste giornate, che ribadiscono un no deciso a qualsiasi forma di contrattazione, qualsiasi forma di dialogo: crediamo sia da questo dato che bisogna partire per poter indirizzare al meglio la nostra azione. Quando non c’è più spazio per la contrattazione a livello europeo, e quindi immediatamente nazionale e territoriale, immaginarsi di dialogare con i nostri nemici è tanto inefficace e sbagliato quanto collaborare con chi spera in un revival della concertazione. Questo mondo non esiste più, e se mai ancora esistesse, bisogna essere consci che è solo un trucco per appianare lo scontro sociale e dare l’illusione d’una integrazione degli espulsi proprio nel sistema che li espelle.

Questo il testo del volantino incriminato:

Il tasso di disoccupazione ha sfondato quota 12% sul totale della popolazione e sale oltre il 42% tra gli under 25, fotografia di una delle peggiori condizioni che subiscono i giovani italiani rispetto ai coetanei europei. Non solo. In Italia i disoccupati, nel periodo 2008-2014, sono raddoppiati, passando da poco meno di 1,7 milioni a 3,2 milioni di persone. Questo, in un mondo del lavoro precarizzato ulteriormente dal Job Act renziano e colpito dalle politiche di austerity che aggravano la situazione. Una situazione negativa che non si verificava dal 1977. A certificarlo è Bankitalia nella sua relazione annuale, poche settimane fa.

Mentre il premier continua a parlare di ripresa, manipolando i dati in una maniera così banale da non risultare evidente solo ai gonzi e ai pennivendoli dei giornali filogovernativi, gli ideologi hanno trovato un nuovo velo di Maya col quale stordirci e nascondere la realtà: l’invito all’imprenditorialità, che oggi subisce un restyling sotto il titolo Start Up! Eppure dall’inizio della crisi nel 2008 sono fallite in Italia 82.000 imprese con la perdita di 1 milione di posti di lavoro. E’ quanto emerge dai dati raccolti dal Cerved che calcola nel 2015 un picco di fallimenti, oltre 15.000. Con le procedure concorsuali non fallimentari e le liquidazione volontarie il dato sale a 104.000 l’anno scorso. E le start up, potranno risollevare le sorti di questo mercato? Ogni risposta ai seguenti dati (da uno studio di CB Insights): dopo il primo round di finanziamento, il 54% ottengono un secondo round; il 9% delle società ottiene almeno 5 round di finanziamenti; il 75% delle start up fallisce e sono lasciate morire; il 21% ottengono un exit attraverso una vendita o fusione (non sempre remunerativa). E il rimanente 4%? Beh, parliamo delle vere “rising star”.

Allora, forse, è il caso di ragionare sulla congiuntura macroeconomica impostaci da un modello di sviluppo competitivo a cui l’Ue e l’Euro aderiscono appieno, sfavorendo da decenni i paesi del Mediterraneo con oculate scelte di divisione internazionale del lavoro. Forse è il caso di mobilitarci contro chi queste condizioni le impone e le alimenta. Forse, ma non possiamo aspettare che lo facciano per noi questo governo e i suoi ideologi, ben rappresentati dalla messinscena dei Reunion Days.

 

Sarai l’ennesimo SFRUTTATO o rientrerai nel 4% dei VINCENTI? 

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