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Basta non chiamarlo marò. Lo stupratore sui media

Uno stupro è uno stupro è uno stupro. Qualsiasi giornalista alle prese con una notizia del genere non ha molto da pensare o da mettersi a giocare con le parole. Tranne nel caso che si tratti di un militare o comunque di un appartenente alle “forze dell’ordine”.

Nel caso di Roma si sono potuti vedere all’opera tutti gli artifici lessicali possibili pur di non tirare fuori alcune parole-chiave che avrebbero potuto generare un piccolo cortocircuito mentale nei lettori o nei telespettatori. Non ci occupiamo qui, naturalmente, delle scorie umane che nei commenti da social network hanno “virilmente” provato a processare la ragazza, “rea” di aver voluto vedere i fuochi artificiali – molto istituzionali, peraltro – di Castel Sant’Angelo; e quindi di essere per strada a tarda ora, intorno a piazzale Clodio, in un’afosa e affollata serata romana.

Prendiamo il quotidiano del benpensante romano medio, Il Messaggero

È un 31enne appartenente al Ministero della Difesa – in forza presso l’Arsenale della Marina, l’uomo fermato per violenza sessuale aggravata, in relazione allo stupro di una minorenne nei pressi di piazzale Clodio. Il militare, presunto responsabile dello stupro della 16enne, violentata a Roma lunedì sera, era di passaggio a Roma. L’uomo si sarebbe dovuto imbarcare oggi per una missione militare

Quasi identica la scheda del Corriere della Sera

Fermato il (presunto) responsabile dello stupro a Prati. Giuseppe Franco, 31enne originario di Cassano Jonio, in provincia di Cosenza, dipendente del ministero della Difesa in forza all’Arsenale della Marina, è «gravemente indiziato» del reato di violenza sessuale aggravata sulla 15enne. Davanti agli inquirenti all’inizio il militare avrebbe respinto l’accusa sostenendo che il rapporto con la ragazza è stato consensuale. Franco era di passaggio a Roma perché mercoledì si sarebbe dovuto imbarcare per una missione

Ancora più sintetica la descrizione di RaiNews:

E’ un militare 31enne in forza presso l’Arsenale della Marina l’uomo arrestato per violenza sessuale aggravata, in relazione allo stupro di una minorenne nei pressi di piazzale Clodio. 

Si potrebbe andare avanti a lungo, ma il discorso non cambierebbe. L’ordine di scuderia – probabilmente innescato da un lancio d’agenzia su segnalazione della questura di Roma, come sempre avviene per i casi di cronaca nera – è chiaro: lo stupratore è un dipendente del ministero della Difesa in forza all’Arsenale della Marina.  Non proprio un impegato pubblico, ma quasi. Impressione rafforzata dall’indignato comunicato dello stesso ministero della Difesa, che rende noto che l’uomo “è stato immediatamente sospeso dall’impiego“, sottolineando che il ministero “dove ne ricorrano i presupposti, non mancherà di promuovere la costituzione in giudizio della pubblica amministrazione”.

Diciamo che a questo punto ci si poteva addirittura attendere un’indignata articolessa contra la “casta” dei dipendenti pubblici, nullafacenti e all’occasione anche stupratori. Non mancano certo penne audaci abituate a far questo.

Certo, quel dettaglio messo in fondo (“mercoledì si sarebbe dovuto imbarcare per una missione“) stona un po’ con l’immagine del travet nullafacente. Anzi, richiama tutt’altro immaginario, come anche le prime foto che ritraggono un palestrato parecchio in forma. Gli impiegati non vanno in “missione di pace” (a proposito: non ci hanno neanche detto quale).

Gli arsenali della Marina sono molti, quasi tutti allo stato museale. Ma non è lì che svolge le sue mansioni l’arrestato. Anzi, il sito ufficiale del ministero della Difesa non fa neanche menzione di “arsenali” di questo tipo nella sua area di competenza.

Dunque? Il signore ripreso dalle telecamere mentre fugge è certamente un “militare” che doveva “partire in missione”. Insomma è un uomo dei gruppi operativi (non ci viene detto quale), uno che va a combattere e a sparare, non un passacarte alle prese con i timbri.

Gente così, ma forse siamo solo sospettosi, in genere viene definita marò, anche se il termine tecnicamente viene riferito specificamente agli incursori. Ma come faceva un giornalista medio, un faticatore della cronaca cittadina, a rischiare il posto usando una parola che deve essere usata soltanto per “i santi” affittati per proteggere una petroliera privata e sciaguratamente autori di un duplice omicidio ai danni di due pescatori? Gente, insomma, che “rivogliamo indietro” e per cui ci viene spesso chiesto di spendere una lacrimuccia…
Ma è in questo modo che viene imbesuita l'”opinione pubblica”….

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2 Commenti


  • riccardo

    Se non mi sbaglio una volta i marò erano i marinai semplici, ma quelli che si chiamano oggi marò dovrebbero chiamarsi semplicemente ufficiali.


  • Mic

    A questo punto ci sono davvero “i TRE marò”… due assassini e uno stupratore!

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