Chi sostiene Renzi? Al di là di quanti hanno continuato a votare Pd – dopo il Pds, i Ds, ecc – convinti dalla continuità delle facce che, in fondo, stessero ancora votando per il Pci. Parliamo dunque di interessi sociali dichiarati, di un “blocco sociale” identificabile, capace di farsi seguire dagli inconsapevoli, dai fessi, da chi guarda alla politica per quel che dice e non per quel che fa.
E’ qualche mese che il giovin Matteo stenta. I voti in Parlamento li compra come un Berluska qualsiasi, anzi fa sempre conto sulla “riserva” berlusconiana (anche Verdini, insomma, dopo Alfano, Cicchitto e Schifani). Ma non appare più convincente come agli inizi. Gli 80 euro sono stati mangiati dall’aumento delle tariffe e delle tasse (dirette, sulla casa, e indirette su tutto il resto). I miracoli in materia di occupazione li rendiconta solo il presidente dell’Inps, Tito Boeri (messo lì da Renzi, of course), tra i nasi storti di tutti quelli che all’Inps ci lavorano e i dati sistematicamente diversi forniti dall’Istat. Sui posti di lavoro, la scomparsa dei diritti, a partire dall’art. 18, comincia a farsi sentire nella pratica quotidiana, dopo anni di discussioni sui codicilli.
Insomma, non tira aria di consenso sociale diffuso. Non a caso il guitto di Pontassiene si fa vedere sempre di meno in posti pubblici dove potrebbe essere atteso da contestatori di ogni tipo (persino iscritti al Pd, come alla festa de l’Unità di Roma), e si è ormai abituato alle “improvvisate” che garantiscono meglio la sorpresa e una reazione individuale (memorabile l’oeraia di Melfi che non gli ha voluto dare la mano).
Come ritirare su le sue quotazioni? Un folto gruppo di finanzieri e imprenditori – quelli che “hanno messo lì” Renzi, come confessato dallo stesso Marchionne, ha seso una cifra considerevole – spiccioli, per loro — per affittare una pagine del Corriere della Sera e dichiarare il proprio immortale sostegno a chi “finalmente” (secondo i loro interessi) “In soli 18 mesi finalmente […] ha realizzato ciò che nessuno era riuscito a fare prima e senza i soliti compromessi al ribasso”.
Sembra Renzi stesso che parla di se stesso, vero? Beh, un po’ di conflitto di interessi si ripercuote inevitabilmente anche sul linguaggio… Tant’è vero che chiedono a Renzi “e ai parlamentari che dicono di sostenerlo ad andare avanti” e a opporsi con decisione ai professionisti del no”. Come se le loro sensibili antenne li avessero avverito che quote crescenti di quei parlamentari – per calcolo individuale, per mancata corresponsione degli incarichi promessi in segreto, perché comprati da altri maneggioni o per improvviso disgusto – potrebbero a breve non concedergli quel fatale voto di fiducia che Matteo impone ad ogni passaggio legislativo rilevante.
Sanno benissimo che rivolgersi ai soli parlamentari sarebbe poca cosa, e quindi si rivolgono direttamente a tutt i “cittadini interessati alle sorti del Paese“. Perchè facciano come loro, dichiarando “pubblicamente”, con “lettere al giornale, interventi sui blog o altro”, la propria fede incondizionata con l’ex rottamatore. In mancanza di un blocco sociale di dimnsioni adeguate, insomma, anche una campagna mediatica fatta di messaggini potrebbe dare l’impresssione che “il popolo è con il governo”.
E quindi giù elogi a garantire che la riforma della scuola è ottima e abbondante (direbbe Alberto Sordi), perché “finalmente utilizza la meritocrazia e rende ogni preside responsabile della scuola che deve dirigere”, come un capofficina o un capufficio delle loro aziende (che debbono raggiungere però risultati completamente diversi dalla formazione del sapere).
Applausi a scena aperta anche per la – incagliata – “riforma del Senato”, che a loro sembra l’idea per rendere “più efficiente l’attività parlamentare”.
Non dimenticano le piccole pecche che ancora appesantiscono la credibilità morale di questo governo: “molto, certamente, rimane da fare”, “Interventi decisi che impongano la moralizzazione della classe politica“, contrasto “alla corruzione e alla criminalità organizzata”, misure che possano creare “una autentica cultura della responsabilità“ (chiesto a un governo-fantoccio, dove ognuno ripete a macchinetta le quattro frasi che gli spin doctor hanno congliato di mandare amemoria, sembra quasi una barzelletta…).
Audaci, veramente audaci e profondamente interessati al bene pubblico. O ai residui beni pubblici, mica staremo lì a formalizzarci per un plurale o un singolare…
Qualche nome? Tutta bella gente, con cui sarebbe piacevole chiacchierare davanti a un drink sul ponte dei loro yacht. Peccato che non ci inviteranno mai… La lista completa potete vederla nella foto, ma le carriere richiederebbero un’enciclopedia a parte.
Chi conosce infatti Roberta Furcolo, ex dirigente di Intesa San Paolo, e moglie di Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca (che bello farsi concorrenza finanziaria in famiglia (entrambi nella foto d’apertura). Ma un’incarico solo potrebbe far sembrare la signora una choosy poco amante della fatica del lavoro. Quindi è anche Executive Board Member di Aon SpA, una multinazionale della assicurazioni.
Tutti invece ricordiamo Chicco Testa, ex giovane leader dei Verdi (ci ricordate? esisteva un partitino progressista con questo nome…), poi folgorato dai tralicci dell’Enel e ora presidente, oltre che di Sorgenia, anche dell’associazione degli industriali elettrici (Assoelettrica).
Gli altri sono tutte brave persone che evitano di mostrarsi davanti al grande pubblico, preferendo gli uffici presidenziali nei grattacieli della finanza. Come Guido Roberto Vitale (finanziere fondatore della Vitali&Co.), Giovanni Tamburi (finanziere), Andrea Casalini (a. d. di Eataly Net, ovvero “dipendente” di Oscar Farinetti, sponsor renziano della prima ora), Auro Palomba (“comunicatore finanziario”, fondatore di Community), Gaddo della Gherardesca (che reso finanziaria la sua nobiltà originaria).
E poi Paolo Colonna (ex presidente di Permira), Paolo Cuccia (nessuna parentela col defunto Enrico, fondatore di Mediobanca, ma presidente del Gambero Rosso holding, con un passato in Capitalia, Eur, Citicorp, Bulgari, Abn Amro e Acea).
Nemmeno un precario o un operaio. Ma de essere stata una dimenticanza…
* per gli incarichi dei firmatari citati la fonte è Il Fatto Quotidiano
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa