Nella vicenda delle esequie di prima classe al boss Casamonica, celebrato come un Padrino con la maiuscola, perlomeno nella sceneggiatura orchestrata con fanfara dal clan tribale in piazza Don Bosco, al Tuscolano, l’unico che tiene botta con una coerenza solidificata da soggettiva fede e faccia di bronzo è il parroco che ha accolto la salma nella sua parrocchia con lo stuolo di chi dava l’estremo saluto al capobastone Vittorio. “Sì, rifarei il funerale di Casamonica. Io faccio il prete, non spettava a me bloccarlo”. L’ha detto e ripetuto don Giancarlo Manieri al manipolo di giornalisti che cercava un ripensamento o almeno un minuscolo dubbio alla facile accoglienza. L’ennesimo don Abbondio non ha offerto soddisfazione, ha ribadito la neutralità del suo ‘mestiere’ così come piace ai don Rodrigo d’ogni epoca. Rifiuti e censure riguardano le autorità competenti, non un povero curato di campagna, pardòn periferia. Ma nella società a posteriori che è l’Italia, dove tutto passa senza previsione alcuna e tutto viene giustificato oppure stigmatizzato (tanto è lo stesso) evitando però di cercare responsabilità, specie se queste coinvolgono i soggetti in questione, cosa fanno di norma le figure istituzionali e politiche? Da bravi sepolcri imbiancati affermano ovvietà o s’indignano con gran dignità. Ecco: “Quanto avvenuto dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che nella Capitale esistono organizzazioni di tipo mafioso” (Alfonso Sabella, magistrato antimafia, attuale assessore alla legalità del comune di Roma). “Non avevamo alcuna contezza (sic): cercheremo di capire eventuali responsabilità. C’è stato un difetto di comunicazione (??, ndr)” (Franco Gabrielli, prefetto di Roma). “Qui qualcuno ha sbagliato e deve pagare. Un fatto come questo non può passare in cavalleria” (Davide Faraone, deputato Pd e sottosegretario all’Istruzione). “Guardo le immagini del funerale e rabbrividisco. E’ stato celebrato come un dio quello che ha messo sotto scacco Roma est” (Giorgia Meloni, deputato Fd’I). E le giaculatorie di tutti: il sindaco Marino “Ho chiamato in prefetto (quello della contezza) perché siano accertati i fatti con dovuto rigore”; “Mai più” di Matteo Orfini, commissario romano del Pd; “Vicenda incredibile” (Arturo Scotto – Sel); “Roma, il funerale della legalità, tutti indignati sempre il giorno dopo” (comunicato Movimento 5Stelle) quindi cento promesse d’interrogazioni al ministro dell’Interno Angelino Alfano. Don ‘Abbondio’ Manieri, in pace con la sua missione, una scelta l’ha fatta: un rito funebre non si nega a nessuno, neppure ar sor Vittorio. I Casamonica sono sinti ma da decenni si sono romanizzati, tanto da diventare re di Roma, la Roma illegale di MafiaCapitale, che non nasce certo nei mesi scorsi. Invece le scelte di politici e magistrati che promettono il buon governo, quali sono? Al cittadino sfuggono: parlamentari, amministratori locali, giudici, forze dell’ordine e della vigilanza, chi deve fare cosa? Le Istituzioni s’interrogano, forse post mortem (la nostra) ce lo comunicheranno. Ma se non aderite a un clan, non sognate esequie di prima classe. Nel Belpaese non usa.
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