Con tutto il rispetto per l’età e quindi sottolineando il senso metaforico e non materiale del lancio, questa torta in faccia va con pieno demerito a Giorgio Napolitano.
Al Senato il presidente emerito della Repubblica si è intestato con un breve discorso la controriforma costituzionale del governo Renzi. Ha ragione, la distruzione della Costituzione Repubblicana deve molto all’opera sua. Come presidente in carica, quasi doppia, ha esercitato un ruolo extra costituzionale di governo nominando e facendo cadere i suoi primi ministri, ha definito le politiche economiche secondo i dettami della Troika, ha scatenato con la Francia la catastrofica guerra di Libia, è intervenuto e ha esternato su tutto e su tutti . Insomma si è posto a capo di una repubblica presidenziale di fatto, senza elezione diretta del suo capo. Cioè ci ha riportato ai tempi della monarchia sabauda, dove erano i re che facevano e disfacevano politiche e governi. E infatti la controriforma costituzionale stravolge la nostra Carta e la fa regredire al vecchio Statuto albertino, con un presidente del consiglio re, padrone del parlamento e delle istituzioni.
Senza Napolitano non ci sarebbero stati il pareggio di bilancio come vincolo costituzionale, il Jobs act, la politica di austerità. O meglio ci sarebbero stati forse, ma con più freni e contestazioni. Ci voleva un uomo che viene dal PCI, per meglio precisare dalla sua destra storica, per fare la riforma più autoritaria e socialmente reazionaria del diritto e delle istituzioni.
Ma la torta non la lanciamo per tutto questo. Qui siamo di fronte a fatti gravi che meritano giudizi seri su colui che è stato il peggior presidente nella storia, anche per causa sua alla fine, della Repubblica.
No la torta va a Napolitano perché nella sua apologia del finalmente giunto cambiamento, si è dimenticato di spiegare perché gli ex presidenti della repubblica, come lui, resteranno comunque senatori a vita. Ma si sa, nella tradizione sabauda che Napolitano ha restaurato lo stile è una merce rarissima.
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