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Lavoratori della scuola, studenti e prospettiva delle lotte: una costruzione difficile ma necessaria

L’impressione che si ha, vedendo le immagini delle piazze del 13 novembre e raccogliendo notizie dalle principali città italiane, è quella di manifestazioni studentesche non certo oceaniche, ma senz’altro consistenti, coese e accomunate da un forte sentimento anti PD. La manifestazione di Torino, in particolare, si è contraddistinta in questo senso, in una città dove la diarchia Fassino – Chiamparino ha mostrato da tempo il vero volto del partito della nazione.

Segnali molto interessanti, dunque, per lo meno nell’individuazione del nemico politico (nazionale ma non ancora internazionale, ma ci torneremo alla fine) e nella determinazione con la quale le giovani generazioni, tra le prime quest’anno, hanno deciso di rompere il silenzio e la passività diffusa verso le politiche del governo, subendo in alcuni casi (Milano e soprattutto Napoli) le spropositate reazioni delle forze dell’ordine.

Simili sentimenti hanno certamente spinto anche quei lavoratori della scuola che, nella stessa giornata e nelle stesse piazze, hanno voluto esprimere tutta la loro contrarietà alla 107/2015, la famigerata “Buona scuola”, i cui effetti più velenosi non si sono probabilmente ancora manifestati. Nei casi più avanzati le piattaforme sono state il frutto di percorsi e ragionamenti comuni tra docenti e studenti (è ancora dell’esempio torinese che parliamo), in un cammino che certo non può considerarsi concluso il 13 novembre.

Queste valutazioni positive non possono però farci mettere da parte le riserve, peraltro da noi chiaramente dichiarate anche nelle sedi di assemblee congiunte docenti-studenti, che andiamo muovendo da tempo rispetto al modo in cui da alcuni mesi a questa parte viene gestita e organizzata la mobilitazione nelle scuole. In attesa dei dati sullo sciopero, l’impressione che si ha (con le ovvie e non generalizzabili eccezioni) è abbastanza desolante. Non si tratta ovviamente di confrontare i dati dello “smottamento sociale” del 5 maggio, quando per la prima volta il blocco sociale del partito di governo si è ribellato al suo principale referente politico (salvo poi, come prevedibile, ritornare nell’ovile o nel rancoroso malcontento individuale, quando non nella curiosa accettazione delle novità), con oggi. Si tratta però di valutare gli effetti che la tanto sbandierata mobilitazione unitaria della primavera scorsa ha lasciato oggi, quando di quella presunta (noi diciamo che non c’è mai stata) unità rimangono solo le scorie, i veleni, gli effetti di confusione e di smarrimento.

La nostra scelta di scioperare insieme a tutto il Pubblico impiego il 20 novembre, e di manifestare a Milano, Roma e Napoli nasce anche da qui, dalla consapevolezza del necessario allargamento del fronte. Non nel senso dell’accodarsi, anche se in posizione critica, verso i corresponsabili dello sfacelo (Cgil Cisl e Uil), ma dell’estensione della protesta della scuola a tutto il mondo del lavoro pubblico, dai servizi alla sanità, dalla giustizia ai trasporti. Questo segnale, nelle scuole in cui siamo presenti, tra colleghi attenti e consapevoli, viene colto.

Si tratta di capire se si vuole continuare a costruire in negativo (noi invitiamo i confederali il 13 e loro – traditori!– non ci vengono, e, badate bene, non ci vengono neanche i loro iscritti); oppure se vogliamo cominciare a farlo in positivo, e di farlo in una strada di INDIPENDENZA e AUTONOMIA che speriamo diventi il terreno comune di sindacalismo indipendente, movimenti ed anche studenti. La data del 13, nella sua genesi più che nella sua pratica, non ha avuto queste caratteristiche, frutto di un appello sbagliato ai soggetti sbagliati, con l’ovvio seguito di disillusione e mancata partecipazione di insegnanti e personale ATA. Fare finta che non sia così equivale a mettere la testa sotto la sabbia.

Preveniamo subito l’obiezione. Anche la mobilitazione del 20, nel settore scuola, sconterà dei limiti, primo fra tutti la breve distanza di tempo dal 13. Non avrà un carattere di massa, avrà una presenza studentesca più ridotta. Si tratta di un rischio di cui siamo consapevoli. Gli effetti si misureranno nel tempo. Tra il passaggio affannato da una mobilitazione all’altra e l’individuazione di un percorso la discriminante è questa: la costruzione di un soggetto indipendente, forte, esteso a livello nazionale, con legami internazionali. Questa scelta non è più rinviabile. Non ci si può accontentare di essere la maggioranza della minoranza confinata dentro un comparto; non ci si può accontentare di  essere riconosciuti e vivi in una o due città soltanto. Eludere questo tema significa essere pronti ad accodarsi alla prossima mobilitazione voluta da cgil cisl e uil, al prossimo sciopero natalizio. Non basta dire che lì ci sono i lavoratori e pensare di mettersi alla guida degli eserciti altrui.

Un’ultima questione, apparentemente fuori luogo. Anche ciò che oggi sembra più ostico e difficile da digerire per insegnanti e studenti – cioè che l’Unione Europea non è la soluzione ma il problema e che con chi era per il sì al referendum greco sul memorandum non si può costruire nulla – potrà in un lavoro di costruzione diventare l’elemento unificante di lotte e di rivendicazioni affinchè esse raggiungano un livello politico generalizzato.

Le tragiche vicende francesi, che la sera stessa del 13 hanno monopolizzato l’attenzione di tutti, lasciando in ombra le sacrosante ragioni di chi vuole una scuola diversa da quella dei padroni e dei burocrati europei, rientrano in questo ragionamento. La guerra interna contro le proprie classi subalterne, contro lavoratori e studenti, è l’altra faccia delle guerre militari che oggi si ritorcono contro quegli stessi governanti e soprattutto contro inermi cittadini che affollano stadi, ristoranti, teatri.

Il 18 parteciperemo all’assemblea di Eurostop che si svolgerà a Torino alla Cavallerizza Reale, per portare il contributo della scuola nella discussione sulla necessaria rottura dell’Unione Europea, sul contrasto alle sue politiche sulla formazione, per il futuro dell’istruzione pubblica e delle giovani generazioni. Il 20 saremo a Milano per protestare contro una legge di stabilità iniqua e contro la provocatoria proposta del governo per il rinnovo dei contratti di tutto il pubblico impiego. 

Due appuntamenti importanti, due tappe di un percorso sul quale ci confronteremo a breve, a Torino come in altre città, con quanti hanno scelto di mobilitarsi il 13 e con quanti hanno a cuore il futuro della scuola italiana.

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