Ventimila Notav hanno riempito ieri la Val di Susa, marciando per le strade che portano da Susa a Venus per celebrare il decennale della “immacolata ribellione”, il giorno della liberazione di Venaus. L’8 dicembre 2005 un enorme corteo si riprese i terreni di Venaus che avrebbero dovuto essere la sede del cantiere tav (poi trasferito a Chiomonte), che erano stati sgomberati nel sangue con un blitz delle forze dell’ordine nella notte fra il 5 e il 6 dicembre.
Oggi in tanti e tante proveniente dalla Valle e dal resto d’Italia hanno ricordato quella bella giornata di lotta, passando per alcuni luoghi particolarmente significativi di allora, come il bivio dei passeggeri, dove la polizia tentò inutilmente di bloccare a suon di cariche l’avanzata del corteo verso Venaus.
A fronte di un autunno che in Italia non è stato particolarmente “caldo”, la manifestazione di oggi conferma il movimento No Tav riesca ancora, dopo 25 duri anni di lotta, a portare in piazza migliaia di persone per difendere la Val Susa da quest’opera inutile e distruttiva. Come ha ricordato la militante No Tav Nicoletta Dosio nel suo intervento al forum della Piattaforma Sociale Eurostop, in questo anche l’Unione Europea ha giocato un ruolo devastante, evidenziato dalla recente sentenza di condanna del Tav emessa del Tribunale Permanente dei Popoli (un tribunale internazionale d’opinione, fondato nel 1979 dall’ex partigiano Lelio Basso): da un lato c’è stata l’assoluta mancanza di risposte concrete alle numerose denunce presentate dalla popolazione, dall’altro il cofinanziamento dell’opera.
La composizione del corteo di oggi, che ha visto partecipare non solo attivisti sociali da tutta Italia ma anche famiglie, anziani e giovanissimi, conferma il carattere popolare e trasversale delle rivendicazioni dei No Tav e il ruolo della lotta in Val Susa, che ha saputo andare molto aldilà del rischio di chiudersi in un tipico atteggiamento di rifiuto in stile “not in my backyard” (non nel mio cortile di casa). Inutile l’ingente schieramento di forze dell’ordine al casello autostradale dell’autostrada Torino-Bardonecchia, che ha fermato moltissime macchine di compagni e provveduto a lunghi e noiosi controlli.
Durante il corteo c’è stato un momento anche per ricordare quei compagni e quelle compagne a cui non è stato possibile partecipare a questa giornata di festa a causa delle misure restrittive che li hanno colpiti per la loro partecipazione alla lotta contro il Tav. Da anni la Procura di Torino conduce una campagna di criminalizzazione del movimento, basandosi su un impianto accusatorio ai limiti della fantasia, che è sfociato nell’accusa di terrorismo ad alcuni No Tav per un compressore bruciato (accusa che in primo grado non è stata accolta) e in decine di altri processi. Da anni la Valle è pesantemente militarizzata (come hanno dimostrato anche i controlli di oggi) e vive in uno stato di occupazione. Da anni vengono spesi milioni di euro per un’opera dannosa e inutile, nonostante da anni le élite europee ci impongano misure di austerità per cui si tagliano il welfare e i diritti delle popolazioni. Opporsi a quest’opera è necessario ed è necessario mettere in rete le mobilitazioni che si stanno moltiplicando per opporsi al presente stato di cose. Questo 8 dicembre 2015 è un buon punto di partenza.
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