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La depenalizzazione di classe di Renzi

Quando un governo depenalizza una serie di “reati” che non sono più tali nel senso comune di un paese nessuno – se non i reazionari da talk show – può dirsi contrario. Naturalmente bisogna vedere quali “reati” vengono cancellati, quali sanzioni vengono stabilite, ecc, altrimenti è fin troppo facile per un governo fare il furbo (come nel caso della depenalizzazione della “coltivazione della cannabis per uso terapeutico non a norma”, che lascia le cose come stanno).

Bisogna dire che il governo Renzi ha dato il meglio di sé, se con questo termine di vuole indicare un’attenzione mostruosa al malaffare e alle tecniche di appropriazione indebita.

Prendiamo un primo blocco riguardante la frode della “fede pubblica”. Vengono depenalizzati infatti “falsità in scrittura privata”, “falsità in foglio firmato in bianco”, “uso di atto falso, atto privato”, “soppressione, distruzione e occultamento di scritture private vere”. Si tratta di una serie di “pratiche” abbastanza comuni tra privati, che riguardano in genere proprietà o promesse di scambio di beni e servizi, o anche obblighi, che vengono usualmente gestite tramite commercialisti, legali, notai. Roba per cui si perdono o si “trovano” discrete sommette tramite una semplice firma (falsa o vera) apposta su un foglio.

Qui sparisce il processo penale e l’eventuale rischio (inesistente) di finire in prigione qualche ora. La sanzione monetaria può oscillare tra i 200 e i 12.000 euro, spesso inferiore alla “conquista” ottenuta con quelle tecniche.

 Non si può non notare, anche andando di corsa, la grande attenzione renziana verso quelle imprese che “omettono di versare le ritenute previdenziali e assistenziali”, danneggiando così in un colpo solo i propri dipendenti, le casse dell’Inps (strano, questa volta Boeri non ha ancora profferito parola…) e quelle dello Stato che poi dovrà coprire l’ammanco facendo ricorso alla fiscalità generale.

Ma il capolavoro arriva con la depenalizzazione dell’”impedito controllo ai revisori”. Stiamo parlando di diritto societario, quindi del comportamento di manager aziendali che pongono ostacoli ai revisori dei conti con vari metodi (dall’occultamento della documentazione alla mancata osservanza degli obblighi antiriclaggio). Si tratta di pratiche che accompagnano o seguono, spesso, il falso in bilancio oppure il vero e proprio riciclaggio (commesso da altri, ovviamente, altrimenti ricadrebbe nella fattispecie prevista dal codice). Qui la scomarsa dello spettro del carcere è accompagnata dalla quasi totale cancellazione anche della multa pecuniaria: dai 75.000 euro previsti oggi ai soli 10.000 che scatteranno (forse…) in futuro.

La controprova dell’atteggiamento classista arriva con la depenalizzazione dell’aborto clandestino. Si tratta di un “reato” che in teoria non dovrebbe essere più commesso, visto che da 40 anni c’è una legge che consente l’interruzione di gravidanza presso le strutture ospedaliere pubbliche. Purtroppo, com’è noto, il gran numero di ginecologi che si dichiarano “obiettori di coscienza” fa sì che in molte aree del paese molte donne – soprattutto a basso reddito – siano di fatto impedite dall’accedere alle strutture pubbliche e debbano quindi far ricorso alle “mammane” o agli stessi ginecologi, obiettori in pubblico e “mammani” in privato.

Si dirà: va bene, ma c’è pur sempre una depenalizzazione, e a favore delle donne. Quindi perché indignarsi?

È presto detto. La scomparsa del “reato” penale non fa scomparire la sanzione pecuniaria. La quale, nella vecchia normativa, ammontava ad appena 51 euro. Una misura poco più che simbolica, un riconoscimento indiretto della disperazione in cui si era venuta a trovare quella donna che era ricorsa ad un aborto clandestino.

Ora questa sanzione potrà arrivare a 10.000 euro. Esattamente come quella potrebbe scattare per un manager impegnato a nascondere ai revisori documenti “scottanti”, relativi a un falso in bilancio o a un episodio di riciclaggio.

Se non è classismo conclamato questo…

 

 

 

 

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