Assurdità dell’accoglienza all’italiana, tra Napoli e Caserta. Martedì sera infatti si presentano presso i locali dell’Unione Sindacale di Base di Napoli 8 giovani ragazzi africani. Sono arrivati dalla provincia di Caserta, da Trentola Ducenta, dal centro di accoglienza. Da un momento all’altro gli è stato revocato con atto prefettizio il diritto all’accoglienza umanitaria in quanto rifugiati politici e sono cacciati dal centro San Martino. Sono arrivati a Napoli perché l’unica persona che conoscono e che pensano possa dargli una mano è il mediatore culturale e collaboratore dell’Usb Ibrahim Khoulibaly. Che si mette ovviamente a disposizione allertando l’ufficio immigrazione del sindacato. L’orario impedisce di trovare una soluzione accettabile e così il sindacato napoletano si limita a pagargli una notte di ostello.
Ma cosa hanno fatto di così grave questi ragazzi per meritare un provvedimento tanto estremo? Il più giovane di loro, 19 anni non ancora compiuti, viene accusato di aver rotto la centralina del wi-fi dopo uno scatto d’ira provocato dalla consegna del pocket money decurtato di 2 giorni per essere stato irrintracciabile per 48 ore (24 delle quali corrispondenti con l’ultimo dell’anno); gli altri invece per avere appoggiato un tavolino fuori dall’ufficio della responsabile del centro impedendole per un’ora e un quarto di uscire dalla stanza, durante una delle piccole ma quotidiane rivolte che accadono nei centri d’accoglienza campani causate spesso dal bassissimo livello dei servizi offerti. Per il prefetto non ci sono dubbi: è sequestro di persona. Nessuna attenuante per questi ragazzi, nessuna contestualizzazione che inquadri quanto avvenuto nella giusta proporzione. Un funzionario della questura (il prefetto non rilascia dichiarazioni in merito) pedantemente ci spiega che il sequestro di persona è reato gravissimo e che nulle sono le attenuanti davanti a simili “crimini”. Siamo esterrefatti: il funzionario pare stia parlando dell’Anonima Sequestri e non di rifugiati politici esasperati dalle vergognose condizioni in cui versa la cosiddetta “accoglienza”.
Fatto sta che la posizione ufficiale della Prefettura di Caserta è quella della linea dura e spietata. Infatti il presidio improvvisato dai rifugiati (accompagnati da alcuni delegati dell’Usb di Napoli e Caserta) davanti alla Prefettura incontra subito l’aperta ostilità della polizia. Il presidio viene fatto velocemente sciogliere con minacce più o meno velate. Tutti i partecipanti, italiani e stranieri, sono stati identificati. Nessuna trattativa.
Sindacalisti e rifugiati allora decidono di rivolgersi alla Caritas locale per risolvere quantomeno con urgenza i problemi logistici di vitto e alloggio. Qui i volontari sono gentili e solidali con i rifugiati ma purtroppo le strutture d’accoglienza dell’ente religioso sono al completo. Nessun posto disponibile.
Così si torna al punto di partenza. Di nuovo davanti alla prefettura. Stavolta non sono più gli attivisti sindacali a guidare la protesta ma i funzionari della Caritas. Anche per loro però nulla di fatto. Nessun incontro con il prefetto, nessuna mediazione.
A tarda sera fortunatamente la Caritas riesce a rendere disponibile una palestra d’oratorio per trascorrere la notte. Una soluzione-tampone per l’immediato.
Mentre scriviamo è ancora la Prefettura di Caserta il centro di tutto. Lì fuori un nuovo presidio dei rifugiati con sindacalisti e personale religioso. Uno strano mix che per ora non è riuscito a scalfire la granitica rigidità del prefetto. Lo striscione dei rifugiati recita: “le vostre guerre, i nostri morti”. Ecco: è bene ricordare che questi ragazzi non sono turisti ma “effetti collaterali” delle guerre condotte dalle potenze dell’Occidente per la spoliazione delle risorse del resto del mondo e che non basta il cinico provvedimento di un reazionario prefetto per rimuovere il problema e lavarsi candidamente la coscienza.
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