È partito l’assalto ai Cinque Stelle. Il governo guida la carica e il sistema dei media esegue come un sol uomo. I “grillini”, da neofiti assoluti della politica, ci mettono del loro e subiscono in modo pesante.
Non entreremo nel merito delle varie vicende politico-giudiziarie che hanno fornito un appiglio (insperato o ispirato?) al Pd in drastico calo di consensi per l’accumularsi di scandali, arresti, “riforme” da tagliagole, fanfaluche propagandistiche e un tanfo di massoneria abituale a Palazzo Chigi, ma particolarmente acuto ora.
Ci sembra evidente che, per esempio, il sindaco di Parma sia stato un separato in casa M5S fin dalla sua elezione e tollerato solo per motivi di opportunità; e che l’inchiesta a suo carico – un abuso d’ufficio per nomine al Teatro Regio, peraltro in base a un esposto del Pd – sia stata per un verso sovraesposta per dare una botta ai grillini in genere, per l’altro stupidamente colta come occasione per un repulisti interno. Così come appare altrettanto evidente che il diverso atteggiamento tenuto con il sindaco di Livorno, Nogarin, sia dovuto sia a una fattispecie giudiziaria minore, sia a una maggiore fedeltà dello stesso nei confronti dei vertici.
Fin qui, comunque, problemi loro.
Ma l’attacco unitario e concentrico mostra un dispositivo politico-mediatico che va ben oltre le reali responsabilità degli amministratori pentastellati e che costringe chiunque voglia fare opposizione politica in questo paese a farci i conti prima ancora di “scendere in campo”.
La stessa virulenza nell’attacco – con toni anche più aspri – si è avuta nei confronti del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. Mentre per Salvini e berlusconiani, teoricamente nel camo dell’opposizione di destra al governo, chiunque può constatare una condiscendenza e una benevolenza seconde solo a quella riservata alla corte renziana.
Quindi il “trattamento” di cui ci stiamo occupando è quello previsto per i “dirazzanti”, anche se di poco, rispetto alle linee di condotta decise centralmente. C’è insomma una questione di affidabilità, perché il potere amministrativo – anche nelle precarissime condizioni fissate dal “patto di stabilità” – gestisce comunque risorse di una certa consistenza, che non possono essere evidentemente usate per interessi “non congrui” con quello nazionale.
In altri termini, a livello nazionale – tra governo e amministrazioni locali – si ripropone lo schema tipico dell’Unione Europea nei confronti dei singoli paesi Piigs: vincoli di bilancio, commissariamenti di fatto (per esempio sul sistema bancario), condizionamento totale, “procedure di infrazione” selettive (durissime con i deboli, inesistenti con i forti), ecc.
Ovviamente tutto è più becero, infimo, miserabile. E la morsa di ferro che si cerca di imporre è fondamentalmente mirata a dimostrare che “non si può fare altrimenti”, che occorre allinearsi al governo nazionale, nello sforzo di congelare qualsiasi esperimento non programmato dalla sala di comando. La candidata piddina al Comune di Napoli, Valeria Valente, in un conato involontario di sincerità l’ha addirittura ammesso: «Siamo gli unici a poter garantire alla città l’efficacia di una filiera istituzionale in grado da una parte di attrarre risorse nazionali e regionali, dall’altra di suscitare l’interesse dei privati a investire» (vedi https://contropiano.org/news/politica-news/2016/04/11/napoli-nel-mirino-renzi-votate-valente-vi-taglio-viveri-077735).
Vista da questo angolo, l’offensiva contro i grillini acquista una connotazione più generale, insomma.
Poi, certo, c’è il dato incontestabile dell’inconsistenza politica di una ideologia “legalitaria” che non può neanche fare i conti con le proprie contraddizioni. Ad esempio, come fai a cambiare le cose se i parametri (“legali”) che adotti sono stati decisi dall’avversario (le leggi le impone il governo a colpi di fiducia)? C’è l’ansia di primazia inevitabile in un movimento teoricamente senza capi ma in cui qualcuno è sicuramente più importante di tutti gli altri.
Soprattutto, non c’è un orizzonte di obiettivi valoriali che siano al tempo stesso anche obiettivi politici e sociali. L’”onestà” è un requisito addirittura pre-politico, dal nostro punto di vista. Ma non definisce nessun obiettivo di cambiamento sociale. Si può distruggere la capacità industriale di un paese, impoverire i poveri e arricchire i ricchi senza mettersi in tasca un solo centesimo in più del regolare stipendio (improbabile, lo ammettiamo, ma in teoria possibile).
Il cambiamento radicale è invece questione di rovesciamento delle priorità economiche e sociali, dunque anche politiche e istituzionali. Per realizzarlo occorre una capacità di guardare oltre il recinto in cui siamo rinchiusi, così come la giustizia non è mai limitata nel cortile della legalità.
Senza valori e programmi sociali, tutta l’attività politica ruota e muore nel labirinto delle “regole”. Le quali, chiunque le abbia scritte, obbediscono a una visione più larga. Si chiama cultura politica, con qualche venatura di “concezione del mondo” e persino di filosofia (non ideologia).
E se tutto si gioca sulle “regole” avrà gioco facile il potere – quello del governo e dei media mainstream, controllato da interessi che stanno anche alla guida del governo – a spostare continuamente il tiro su quegli oppositori ingenui che guardano il dito ma non la luna…
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marco
il PD reagiste con la più isterica delle repressioni, indice di uno sfascio irreversibile.
lo sfogatio dei cinque stelle è vittima delle contraddizioni insolute tipiche del suo non essere né di destra né di sinistra (cit. pino rauti) e tutto sommato mostra la sua impreparazione e la mancanza di un costrutto ideologico per una prospettiva strategica.
forza italia diventa uno spettatore di seconda fila.
la crisi morde e il conflitto sociale cova sotto la cenere.
Sarebbe la situazione più che giusta per ricreare un vero partito di classe, se ci fosse qualcuno solo con il coraggio di provarci.
Con determinazione e coerenza.
in politica la coerenza paga, l’incoerenza SI paga.
“grande è la confusione sotto il cielo… la situazione è eccellente” (mao tze dong)
cristian
Condivido la prima parte ma la seconda non corrisponde alla verità perchè riguardo l’orrizzonte sociale al primo posto c’è il reddito di cittadinanza non direi certo non cosa di poco conto.
Fabio
Al secondo posto c’è un po di tutto, oltre al reddito di cittadinanza. Prima della riforma renzi sul lavoro, si parlava ancora di legge biagi. grillo durante un’assemblea di imprenditori del nord-est disse che non era tutta da buttare, salvo poi pubblicare l’inchiesta sul precariato e tenerla on line sul loro sito per qualche anno. Diritto all’abitare? Certo ma l’importante è non parlare dello ius soli e di quei cittadini che sono più italiani di quelli che ci sono nati altrimenti poi il voto della destra chi te lo da?
michel
Il Pd è il cancro della democrazia. Renzi e Napolitano, peggiori dell’amianto.