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Giovani contro vecchi? Il vecchio gioco delle “voci del padrone”…

Petizioni fasulle, dove possono “firmare” anche i non britannici (quindi esclusi dall’improbabile “ri-voto”), anche più volte (basta avere più account mail, o farseli alla bisogna)…

Centinaia – a volersi tenere bassi – di articoli incentrati sul tema “questi bastardi dei vecchi che non pensano al futuro dei loro figli e nipoti che stanno nel programma Erasmus”…

Notissimi tromboni della “sinistra riflessiva e ironica” che improvvisamente calano la maschera della tolleranza e inveiscono come novelli Marchesi del Grillo, offesi nel profondo da fatto che in democrazia – la loro democrazia – il voto di un ignorante, plebeo, operaio disoccupato o pensionato preoccupato, valga davvero quanto il loro… Proprio una testa un voto, dove andremo a finire, signora mia…

Come questo, per esempio

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Poi, un membro autorevole ma non idiota della classe dirigente europeista, addirittura un ex premier cui avevano detto “stai sereno”,  invita tutti a recuperare i brandelli di cervello esplosi per la bile e a concentrarsi sui numeri reali. Ha twittato infatti nientepopodimeno che Enrico Letta:

Una chiave per capire voto per ? Tra gli elettori nella fascia 18-24 ha votato solo il 36%, tra quelli sopra i 65 anni ha votato l’83!

Non crediamo che ci sarà un ribaltamento della narrazione – o vulgata – che i cani del padrone hanno ormai intonato in coro, ma certamente qui c’è da riflettere. La retorica sui giovani “europeisti convinti” muore non appena si esce dalle aule dei corsi Erasmus; e si può scoprire che “i ggiovani” sono, anche loro, divisi in classi contrapposte. Ohibò!

Ci sono quelli che attraversano il continente o il pianeta per studiare (e gli dei del comunismo sanno quanto insistiamo sulla necessità di studiare, su questo giornale!), con una borsa di studio guadagnata conil proprio merito oppure semplicemente con i soldi di papà (e sono già due figure sociali diverse, pur con gli stessi anni e studi). E ci sono quelli che al massimo partono dai suburbia in metro e passano una giornata in centro, come corpi estranei guardati male (non consumano, non hanno abiti con il marchio cool, probabilmente puzzano di miseria…).

Ci sono i ggiòvani che fanno carriera e piazzano una start up vincente e quelli che passano dal fare il barista al magazziniere di supermercato, inframezzando queste “esperienze” con lunghi periodi di disoccupazione. Ci sono quelli che vengono intervistati davanti al college più fico del regno e quelli che nessuno vuol vedere.

Ci sono quelli che votano perché hanno un chiaro interesse a farlo e quelli che pensano che non ne valga neanche la pena. Ragazzi che hanno smarrito strada facendo la consapevolezza di essere cittadini che hanno diritto a farsi sentire. E che l’hanno persa nella patria della prima rivoluzione borghese che ha tagliato la testa a un re. Un luogo in cui – come in Francia – la cittadinanza dovrebbe essere una seconda pelle di cui neanche si deve discutere, ma viverla e basta. E chi mai ha tolto loro questa consapevolezza, che è anche dignità e struttura morale? Chi li ha gettati nel pozzo senza luce dell’immiserimento progressivo, di una condizione esistenziale in questo mondo – quello della libera impresa, della precarietà universale, del reddito discontinuo e comunque ai minimi termini, dei rapporti umani “concorrenziali” dunque inesistenti, delle droghe o dell’alcoolismo, ecc – davvero senza futuro? Indovina indovinello….

Insomma: i ggiòvani che non hanno votato hanno votato o hanno votato leave hanno davvero sparato contro se stessi? Sono anche loro gente che “ghigna brindando alla morte del futuro”?

O più semplicemente, Micheli Serra dei nostri stivali, ci state raccontando come al solito un favoletta per rincoglioniti gravi?

Con un ghigno da vecchi, naturalmente…

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