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Il “Referenzum” sarà un test anche per l’Ital/Exit

A ottobre ci aspetta una battaglia decisiva: quella per il No nel referendum controcostituzionale voluto da Renzi. Un scadenza intorno al quale già sono in corso manovre pesanti. La prima è quella dei poteri forti che chiedono a Renzi di rimangiarsi la promessa di andarsene a casa in caso di sconfitta; la seconda è quella di mettere in campo una campagna mediatica e ideologica feroce per far vincere il referendum al Si minacciando sfracelli in caso contrario; terzo legare l’esito del “referenzum” alla credibilità e stabilità dell’Italia nell’Unione Europea alimentando lo spettro delle “piaghe d’Egitto” contro gli inglesi che hanno avuto il coraggio di uscirne; quarto cercare di cavalcare l’antipolitica con discorsi triviali verso i senatori e i politici che vorrebbero conservare l’assetto costituzionale del paese. Nei prossimi mesi dobbiamo prepararci a sentire di tutto e di più a sostegno del Si al referendum ed a sentirlo in modo pervasivo nel sistema dei mass media. Per questo motivo la campagna per il No dovrà essere popolare, semplice, efficace e – non ce ne vogliano i costituzionalisti – centrata sulla crescente impopolarità di Renzi. Oggi il No Renzi Day ha molte più chance di farsi capire dalla gente di dotte e dettagliate controdeduzioni alle argomentazioni triviali ma semplici di Renzi e degli apparati di potere che “lo hanno messo lì”. I risultati della Brexit in Gran Bretagna ci insegnano questo. A ottobre preferiremmo discutere su come dare forza e continuità ad una vittoria piuttosto che interrogarsi su una ennesima sconfitta della democrazia nel nostro paese.

Nelle prossime settimane dovremo concentrarci su questa battaglia per il NO al referenzum, ma dovremo anche sapergli dare una prospettiva proprio per non far appiattire il fronte del No nella impropria funzione di conservatori di fronte ai “modernizzatori” che propugnano il Si. Renzi giocherà pesante la carta della stabilità dell’Italia nel quadro dell’Unione Europea e nella quale l’Italia è stata “finalmente” chiamata a far parte del Direttorio a tre con Germania e Francia. Da questo punto di vista occorre capitalizzare il vento della Brexit, ma anche delle lotte operaie in Francia o del “voto per vendetta” delle periferie delle aree metropolitane nelle ultime elezioni. Si tratta di espressioni sicuramente spurie – tranne quella francese – ma che indicano una rottura della connessione sentimentale tra classi dominanti e dominati che durava da anni. Una volta si sarebbe detto che si è rotta l’egemonia, anche se – per dirla con Gramsci – mentre “il vecchio muore il nuovo ancora non può nascere”.

Decisivo nel delineare una prospettiva di cambiamento dentro e dopo il “referenzum”, sarà il riprendere con forza la campagna per l’Ital/Exit, oggi assai più forte per i crescenti consensi nella società italiana e della crescente ostilità popolare verso gli oligarchi dell’Unione Europea e dell’Eurozona ( i veri mandanti della resturazione controcostituzionale nel nostro paese).  Renzi e l’Unione Europea sono adesso due “nemici” ben identificabili e impopolari su cui concentrare il tiro. E sono obiettivi credibili per una inimicizia di classe giustamente verticale (verso le èlites) piuttosto che strumentalizzata in orizzontale (verso gli immigrati, i lavoratori pubblici etc. etc.).

Nella campagna referendaria per il NO questi due nemici pubblici andranno denunciati insieme, martellando e ripetendolo con semplicità e sistematicità. Se il No prevarrà nel referendum di ottobre sarà una espressione anche contro i diktat dell’Unione Europea, per questa ragione andrà immediatamente rilanciata la battaglia per un referendum anche in Italia contro la gabbia dei Trattati Europei. Come noto gli strumenti già ci sono e basterebbe impugnarli in parlamento per renderli concreti. Appare decisamente incomprensibile o sballata la riluttanza -e in alcuni casi la marcia indietro – del M5S su questo terreno.

Esiste ad esempio il dispositivo consegnato dalla delegazione di Ross@ alla Presidenza della Camera dei Deputati il 21 marzo del 2014, annunciato in via ufficiale agli uffici della Camera con il nr.613/marzo 2014, sostenuto da tremila firme raccolte nelle piazze di diverse città italiane, che così recita:

Petizione al Senato della Repubblica e alla Camera dei Deputati

I e le sottoscritti/e cittadini/e italiani/e, a norma dell’articolo 50 della Costituzione, rivolgono [ al Senato della Repubblica; alla Camera dei Deputati]  una petizione affinché sia varata una legge costituzionale – ripetendo il precedente del 1989 −  per l’indizione di un referendum popolare di indirizzo sulle misure economico-sociali e di austerità previste nella normativa europea e nazionale.

Chiedono, altresì, che nella formulazione del quesito si faccia riferimento alla Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE del 21 luglio, al decreto legge 138/2011 (legge 148/2011) emanato in seguito alla lettera di Jean-Claude Trichet e Mario Draghi del 5 agosto 2011,  e agli altri provvedimenti assunti in seguito alla lettera indirizzata dal Governo italiano al Consiglio Europeo e al Vertice Euro del 26 ottobre 2011.

Se la convergenza di forze oggi schierata per il NO al referendum controcostituzionale di ottobre diventasse anche una maggioranza parlamentare che chiede il referendum sui trattati europei, la partita si potrebbe aprire in tempi rapidi e senza consentire al nemico – Renzi, il suo blocco di potere ed Unione Europea – di respirare e riorganizzarsi. E’ un percorso non scevro da contraddizioni e da soggettività spurie, ma nella storia non ci sono mai state rotture e processi di cambiamento lindi e pinti, al contrario. C’è stata, quando c’è stata, una capacità di organizzazione ed egemonia capace di trasformare materia grezza in istanze di emancipazione e progresso sociale. I comunisti questo hanno saputo fare quando l’hanno saputo fare.

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