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Il dibattito Renzi-Smuraglia sul referendum, sporco del sangue di Piacenza

Mentre da una parte piazza dell’Unità in Bolognina si incominciava a svuotare del corteo per Abdelsalem, alla “festa dell’Unità” di Bologna incominciava ad arrivare gente per assistere al dibattito sul referendum tra il premier Renzi e il presidente dell’ANPI Smuraglia, dopo i tanti tira e molla sulla possibilità dell’associazione partigiani di potere partecipare alla convention democratica, ma soprattutto della loro possibilità di fare propaganda per il NO al referendum.

Soltanto il moderatore però, un neutralissimo Gad Lerner, ha perlomeno il cuore di nominare la “morte” (senza parlare di uccisione) di Abdelsalem, morte che pesa come un macigno sulla democrazia e sui diritti del lavoro.

L’ingresso al dibattito non è facile per tutti, e non solo per l’alta affluenza di spettatori: molte persone segnalano fermi, perquisizioni e sequestro di volantini (ovviamente di quelli per il NO) da parte della Digos, anche se il fatto non sorprende dato che già da molte altre feste dell’Unità in altre città era già stata segnalata questa modalità di “selezione all’ingresso”. Anche per Renzi però l’ingresso non è trionfale, e preferisce salire sul palco da un ingresso secondario e senza visitare gli stand e i volontari della Festa.

Il dibattito segue tempi molto rigidi, 10 minuti di intervento a testa fra i contendenti. Inizia Smuraglia che mette subito in chiaro che l’impegno dell’ANPI non è rivolto contro al governo, ma solo a difesa della Costituzione, come da statuto dell’associazione, anche se colpisce sulla “personalizzazione” del referendum sulla persona di Renzi e sul maldestro tentativo ora di tornare indietro, mentre il premier afferma che non si può parlare di messa in gioco della democrazia.

Si finisce ovviamente anche a parlare di Italicum, dove Renzi dice che, anche se tiene molto alla legge elettorale disegnata su quella dei sindaci, apre a possibili cambiamenti, pur dovendo ammettere che il governo non ha nuove proposte nel caso (molto probabile, e addirittura auspicato) di bocciatura da parte della Corte Costituzionale.

Renzi continua argomentando su posizioni che poco hanno a che fare con il referendum: accusa l’ANPI di non avere solidarizzato con lui per un aggressivo articolo di un giornale locale, elenca i (pochi) nomi di partigiani che voteranno SI e i presunti numeri sull’aumento dell’occupazione. Smuraglia prova a entrare negli articoli della riforma, e le preoccupazioni principali sono rivolte al Senato “svirilizzato”, composto da consiglieri e sindaci part-time e non eletti per essere senatori, e dalle funzioni ancora incerte.

Finisce così un dibattito un po’ spento che non lascia né vinti né vincitori, né riesce a smuovere le opinioni delle due parti, ma anzi acuisce le differenze. Da una parte la solita vuota retorica di Renzi sul cambiamento, dall’altra la mancanza di capacità (o di volontà) di Smuraglia di inchiodare il premier e il suo partito alle responsabilità politiche di questa riforma brutta e pasticciata.

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