“Dove vedono e dove cecano”, recita il vecchio adagio. Che la procura ricorra contro le assoluzioni è considerato fisiologico, ma a volte il contesto fa la differenza.
La procura di Milano ha impugnato la sentenza del gup che aveva assolto 3 manifestanti dall’accusa di devastazione in relazione al corteo del primo maggio del 2015. E’ lo stesso ufficio inquirente che aveva chiuso un occhio e l’altro pure sugli appalti dell’evento. Una circostanza pacificamente provata dal premier Matteo Renzi che in riferimento al “successo” di Expo ringraziava in ben due occasioni l’allora procuratore Edmondo Bruti Liberati per “il senso di responsabilità istituzionale”.
La moratoria delle indagini, che portava tra l’altro al proscioglimento del numero uno di Expo Beppe Sala dall’accusa di abuso d’ufficio con una motivazione tragicomica, non vale per le pietre tirate contro le vetrine delle banche. In 40 pagine la procura rimprovera al gup una errata applicazione della legge penale e il fatto di non aver valutato complessivamente e unitariamente gli elementi di prova.
Dura lex sed lex, ma solo per chi ha protestato contro la manifestazione simbolo del sistema paese di cui la magistratura evidentemente si sente parte integrante con tanti saluti all’obbligatorietà dell’azione penale. In questo caso la procura non demorde e fa finta di niente anche davanti alla lezione di diritto impartita dalla corte di appello di Atene che nel respingere l’estradizione di 5 anarchici ricordava il principio della responsabilità penale come personale e non collettiva.
“Giustizia di classe” si sarebbe detto in altri tempi, quando per esempio il neo procuratore di Milano Francesco Greco faceva parte della sinistra di Md, una sparuta pattuglia di magistrati (“pochi ma buoni”) distribuita tra Roma e Milano che contrastò la logica dell’emergenza battendosi con vigore anche contro i vertici della corrente. Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta e vale ma solo fino ad un certo punto la considerazione che si nasce incendiari e si muore pompieri. Non è così per tutti in verità. La legalità non è una questione di giustizia ma di potere.
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