Intervista a Franco Russo, per il comitato per il No al referendum.
Franco Russo, buongiorno.
Buongiorno, buongiorno Grazia.
Noi ci eravamo sentiti qui, da Radio Città Aperta, prima delle due giornate di ottobre che hanno avuto un grande successo. Ora, dopo quelle due giornate, come prosegue il comitato per il NO?
Il comitato per il No ha partecipato alle giornate del 21 e 22, cioè ha sostenuto lo sciopero e poi ha partecipato alla bellissima assemblea del pomeriggio in piazza san Giovanni, in cui si sono succeduti al microfono esponenti di sindacati, di associazioni, movimenti per la scuola, Fassina ed altri. Poi il giorno dopo il comitato per il NO ha partecipato ad altrettanto bella manifestazione di decine di migliaia di persone. La caratteristica di quelle due giornate è stata l'accentuazione con cui tutte le forze che hanno partecipato hanno motivato il loro No con delle ragioni sociali. Ora sembrano delle banalità questem ma invece sono particolarmente importanti perché i motivi per cui settori popolari, precari, lavoratori – anche migranti, ricordiamocelo, anche se non possono votare hanno dato un loro contributo alla lotta dopo i tragici fatti di Piacenza – Il No di questi settori sociali significa che c’è un rifiuto delle politiche del governo Renzi, che ha fatto della deforma costituzionale un punto di forza della sua strategia politica; nel senso che la semplificazione delle procedure legislative e l’accentramento del potere nelle mani del governo comporteranno, a mio avviso, se questa deforma avrà successo con il sì (e speriamo ovviamente che vinca ovviamente il No), significheranno l’accentuazione di politiche liberiste nel campo del mercato del lavoro; o, come dimostra la stessa legge di bilancio, in cui abbiamo visto nuovamente incentivi per i salari di produttività e quindi per la contrattazione al secondo livello, incentivi per le imprese, accordi strategici per quanto riguarda il fisco con le imprese straniere che volessero venire in Italia, ecc… Insomma, col Sì continueremmo nella distruzione dello stato sociale. Un esemplificazione in questa direzione è la cosiddetta Ape. Cioè, uno che va in pensione in anticipo si deve addirittura pagare gli assegni pensionistici e in più assicurare la banca che se mai dovesse morire prima della fine del rimborso delle rate la banca non ci rimetterà niente. Questo è appunto il governo Renzi, queste sono le sue politiche, questi sono i motivi per cui il 22 si è manifestato e il 21 l’Usb, l’Unicobas e altri sindacati hanno addirittura scioperato. Fatto importantissimo e storico, a mio avviso, contro la deforma costituzionale.
Ora, un po’ a giorni alterni, dicono che il risultato del referendum non avrà nessuna influenza sul governo, oppure esattamente il contrario. Qual'è la sensazione, muovendosi normalmente fra la gente, secondo te, per quello che riguarda il risultato?
In questo caso, per quel che valgono i sondaggi, c’è un orientamento generale per cui se Renzi perde il referendum non può che dimettersi. D’altra parte ricordiamoci che in questa legge di deforma costituzionale è stata voluta ed è nata su impulso del governo; cioè il disegno di legge su cui Camera e Senato hanno votato è stato scritto dal governo. Quindi non è una iniziativa parlamentare di cui il governo può dire “bah, io, in fondo. sì, l’ho appoggiata, però non è una mia iniziativa”. No, qui la firma di ministri – e fior di ministri – sta sul disegno di legge; quindi una legge che è respinta a livello popolare dal voto referendario mi pare che non possa che comportare le dimissioni del governo. Certo, dimesso il governo non è che risolviamo tutti i problemi… su questo vorrei anche esser chiaro. La vittoria del No non significa l’ingresso nel Paradiso terrestre. Purtroppo non è così. Significa semplicemente togliere dalle mani del governo uno strumento di rafforzamento dell’esecutivo e, soprattutto, abbattere un governo che ha dimostrato di portare avanti le politiche liberiste con la stessa accentuazione e con una forza maggiore, vorrei dire, di quella che aveva fatto Berlusconi nel passato.
Un’ultima domanda. Secondo te quale è il punto chiave che suggeriresti come riflessione per chi deve andare a votare, e ovviamente perché votare NO?
Io ne suggerirei possibilmente due. Ma, per rispondere alla tua domanda, c’è un comma dell’art. 72 che dice che il governo può imporre a data certa per i suoi disegni di legge. Questo che cosa significa? Che il governo può dichiarare, per scelta politica, quindi insindacabile da parte della sua stessa maggioranza parlamentare – e quindi a maggior ragione bypassando le opposizioni – può imporre il voto su un suo disegno di legge entro 70 giorni. Questo non significa solo accelerare i processi decisionali, che sarebbe anche augurabile, per carità… La cosa grave è che il governo, l’esecutivo, mette le mani sull’agenda del parlamento. Cosa significa mette le mani sull’agenda del Parlamento? Il Parlamento è autonomo perché può decidere l’ordine dei suoi lavori e questa è la sua garanzia prima; prima dell’autonomia di un qualsiasi organo, non solo parlamentare, ma di qualsiasi struttura organizzata. Se il governo mette le mani sull’ordine del giorno del Parlamento significa che il governo non solo stravolge l’ordine dei lavori, perché impone a quel punto di mettere da parte tutte le questioni che il Parlamento sta affrontando, ma impone il suo ordine del giorno e impone quindi la sua agenda. Dicono sempre che il governo, con questa legge, non avrebbe più poteri. Basta questo codicillo – se non ricordo male è il comma 4 dell’art. 72 – per dimostrare che invece il governo ne esce molto rafforzato da questa riforma. Poi ci sono molti altri punti, però me ne hai uno solo…
Sì, però a questo punto ci siamo incuriositi anche sul secondo.
Il secondo, secondo me, è proprio sulle procedure legislative. Perché l’altra bufala, diciamola alla romana, che Renzi e la Boschi mettono in giro, è che si supera il bicameralismo paritario. E’ un falso, perché chi ha voglia di scorrere anche l’art. 70 così come è stato deformato vedrà che i procedimenti legislativi sono moltiplicati; nel senso che ci saranno delle leggi bicamerali, ci saranno delle leggi invece “bicamerali partecipate” – cioè il Senato può richiamar le leggi ed emendarle – poi ci saranno le procedure speciali, che sono quelle previste dall’art. 117 per la “clausola di supremazia”. Poi c’è un ulteriore procedimento, che è quello di bilancio, che si chiama procedimento rinforzato. Quindi basta già questo elenco per dire che non è vero che ci sarà il superamento del bicameralismo. Ci saranno molte leggi, non voglio dire il contrario, per cui è previsto solo il voto finale, ma tutta la procedura implicherà che il Senato partecipa. Oltre al fatto che ci sono anche, secondo il comma 1 dell’art. 70, leggi puramente bicamerali. Quindi questa favola che loro vanno raccontando che si supererà il bicameralismo in verità è una grande bufala, appunto, nel senso che noi avremo un bicameralismo quasi uguale. Anzi, secondo me, moltiplicato nelle procedure perché, ripeto, bisognerà decidere: quale legge va con la procedura paritaria, quale legge va con la procedura invece solo emendativa, quale legge va con quella…. Insomma, un gran pasticcio. Come dice il mio amico Azzariti, costituzionalista alla Sapienza: hanno fatto un bicameralismo confuso al posto di quello paritario.
Molte grazie, grazie Franco Russo
Grazie mille a voi. Grazie e arrivederci.
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