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“Poletti è da cacciare, ma insieme a tutto il governo”

Giuliano Poletti, un gaffeur recidivo, e che lascia trasparire con molta chiarezza qual'è la logica che questo governo-fotocopia vorrebbe imporre: dividere giovani e vecchi, chi va e chi resta, garantiti e precari… E farsi tranquillamente gli affari delle grandi imprese o banche…

Intervista realizzata da Radio Città Aperta.

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Ne parliamo con Francesco Olivo di "Noi Restiamo". Ciao Francesco…

Ciao buongiorno a voi e a tutti gli ascoltatori.

 

Prima di entrare nella "questione Poletti", vorrei che spiegassi agli ascoltatori cos'è la campagna “Noi Restiamo”. ANche perché è una sigla che è abbastanza significativa rispetto alle questioni che andiamo ad affrontare. Ci parli velocemente di Noi Restiamo?

La campagna ormai è nata da alcuni anni, sull'onda lunga delle mobilitazioni dell'ormai lontano autunno del 2013, in cui si innestarono alcune contraddizioni in seno a quella componente giovanile che ebbe modo di compartecipare alle lotte sociali per l'abitare che animarono quell'autunno. Si innestarono quelle contraddizioni che iniziavano a chiedere di guardare ad un orizzonte che fosse al di là del contingente, che iniziassero a porre dei problemi che hanno di per sé natura politica. E in quel senso, con un gruppo di ragazzi provenienti da diverse esperienze, demmo vita al primo noto locale a Bologna proprio appunto riconoscendo, in maniera simbolica, nella tematica dell'emigrazione, o della cosiddetta “fuga dei cervelli” (che noi talvolta, in maniera un po' provocatoria, preferiamo definire “furto dei cervelli”). Si tratta infatti di una logica politica figlia di scelte ben precise degli ultimi 20 anni, nella gestione della dirigenza nazionale del lavoro in questo continente in base, appunto, alle scelte imposte dalla Troika e da Bruxelles e con i nostri governi compiacenti. In questo senso, appunto, abbiamo iniziato a costruire mobilitazioni che tengano conto dell'imperialismo oggi in casa nostra, di quali sono gli effetti dell'"anello di fuoco" intorno all'Europa e di come tutto questo sia parte di una costruzione politica e di modello sociale in cui è previsto, scientificamente, che la mano d'opera del sud Europa e dell'est Europa debba essere sempre più attaccabile sul fronte salariale, che se la debba giocare con i competitor internazionali. In questa guerra infinita in cui i nostri governi ci hanno infilato ormai da molto tempo, con le università del sud Europa incaricate di formare quei "semilavorati" che poi possano eventualmente tornare utili alle economie più progredite, più produttive e con una maggiore "produttività". Parola che è sempre tanto utilizzata, del nord Europa, dal comparto industriale e dei servizi, sia tedesco che nord europeo.

 

Insomma, con una battuta potrei dire che "Noi Restiamo", ma forse Poletti sarebbe più contento se invece andaste all'estero… Il riferimento è chiaramente a quanto Poletti ha detto qualche giorno fa e cioè il fatto che tutti si lamentano e indicano come un problema da risolvere la fuga dei cervelli lui invece, da ministro del lavoro della Repubblica italiana, non è preoccupato perché tra quelli che vanno via "ne conosce molti che è meglio che stiano in Italia". Forse è bene fare un po' il punto e mettere in ordine alcuni fatti, per esempio parlando anche del figlio di Poletti, che prende mezzo milione in tre anni e quindi forse non ha bisogno di andare a cercare fortuna all'estero…

Ma, guarda, abbiamo cercato in questi giorni di non prendere nemmeno in considerazione la vicenda del figlio di Poletti. La consideriamo una di quelle escrescenze della “prenditoria” italiana, che non vale neppure come casus belli. Lo lasciamo come argomento di discussione a chi continua a considerare come il "grande male" di questo paese soprattutto la pochezza della classe politica, per il modo in cui si gestisce qualche spicciolo pubblico, ecc. ecc. Più in generale, invece, abbiamo notato che – evidentemente è una coincidenza, però non una casualità – due giorni dopo il ministro degli esteri spagnolo Alfonso Dastis se ne è uscito con una dichiarazione dello stessotono sulla stessa tematica, che ha creato una certa bufera, una polemica mediatica e politica anche nello stato spagnolo; al contrario di quanto accaduto per Poletti, qui. Ma in realtà è l'altra faccia della medaglia come ragionamento. Il ministro Dastis a Madrid, l'altro giorno, diceva: "ci sono 120 mila persone di varie età che nel 2015 hanno abbandonato il suolo spagnolo per andare a vivere all'estero? Si tratta evidentemente di gente che ha spirito di iniziativa, di adattabilità, di curiosità…" Che è poi la logica utilizzata da molti, soprattutto di ala renziana, intorno al 4 dicembre, alla data referendaria qua in ItaliaE' la logica per cui "chi ce la fa" merita un governo più spedito, gli altri se la vedano loro come sopravvivere a questo naufragio collettivo… Una logica, appunto, generale che abbiamo visto anche in Italia: "i migliori se ne vanno". E i migliori sono quelli capaci di adattarsi… Ma evidentemente lo fanno per scelta, perché questo paese comunque metterebbe a disposizione le basi per poter immaginare un proprio futuro qui. solo che c'è una classe politica inadeguata, altrimenti sarebbe tutto quanto già funzionante. Per cui Poletti, in qualche modo, ha ribaltato quel discorso che veniva portato avanti in quei giorni, ma comunque ha continuato con la solita logica. Ovvero la logica divisoria che negli ultimi anni – dai governi tecnici fino a quello attuale – ci ha portato ad essere considerati una forza lavoro da scompartimentare sempre di più, i cosiddetti "garantiti" contro i "precari", i vecchi pensionati contro i giovani che richiedono giustamente un turn over nella catena produttiva, coloro che vanno e coloro che restano… Quindi in generale la volontà di metterci gli uni contro gli altri, senza concentrarci su quello che invece ci accomuna; ovvero l'essere persone che campano del proprio lavoro e che hanno necessità di rivendicare diritti e possibilità salariali, intese come salario diretto, indiretto… Cosa che evidentemente invece questi governi, con piena logica neoliberale portata avanti in base a disposizioni comunitarie, mettono sotto attacco ormai da decenni.

 

Tra l'altro parliamo di un personaggio che adesso è agli onori, per così dire, delle cronache per un'affermazione decisamente infelice; però, andando più in profondità, parliamo dello stesso ministro che ha fondamentalmente picconato dìle regole del del lavoro in Italia. Ha cancellato l'art. 18, ci ha proposto questo nuovo sistema, questo jobs act tanto magnificato; che in realtà non produce gli effetti sperati, costa moltissimi soldi e, soprattutto, toglie garanzie ai lavoratori. Quindi, nel criticare Poletti, andiamo ben oltre una dichiarazione, andiamo anche sulla sostanza della sua azione…

Assolutamente sì. Anche perché – come dicevano prima – se la tendenza di fondo è quella di dividerci tra cosiddetti garantiti e precari, tra coloro che vanno e coloro che restano, ecc. ecc., in realtà tutto questo dev'essere strumento per l'attacco al mondo del lavoro che stiamo subendo: si chiama jobs act, e comprende la serie dei decreti attuativi che hanno portato all'esplosione dei voucher. Che di recente alcuni economisti, purtroppo ancora pochi, stanno criticando pesantemente in base ai dati dell'Inps ecc. ecc. Ci parlano di controllo sul luogo del lavoro, di eliminazione dell'art. 18, di una precarietà che è diventata strutturale. Perché se guardiamo oggi quale è l'ammontare percentuale – non soltanto in Italia, ma in generale nel mondo occidentale – dei contratti che una volta venivano definiti "atipici", vediamo che quei contratti non sono più atipici ma sono diventati la nuova tipicità, la normalità. Sono diventati l'unico modo con cui evidentemente pensano di poter regolare in futuro la forza lavoro. Una forza lavoro sempre più ricattabile, sempre più scomponibile e da prendere sempre meno in considerazione anche con i corpi intermedi, come le organizzazioni sindacali, che dopo aver fatto per un ventennio il gioco dei padroni oggi vengono tranquillamente liquidate e mandate a casa. In questo senso adesso vediamo un tentativo di revival da parte della Cgil, per rimettersi in campo con i referendum sociali che ha proposto per la primavera. E' però la stessa Cgil che non ha fatto nulla contro l'abolizione dell'art. 18, o il pacchetto del jobs act. E' quella stessa Cgil che adesso tenta di giocarsi una partita ma che, probabilmente, lo stesso governo sta tentando di smorzare iniziando a mettere in discussione la figura di Poletti; il quale potrebbe diventare l'agnello sacrificale per tentare di depotenziare gli effetti di eventuali referendum sul tema del lavoro nei prossimi mesi. Lo vediamo a partire da questi "giovani democratici" che due giorni fa hanno chiesto le dimissioni di Poletti… Quando però si va a leggere il comunicato, la lettera aperta con cui alcuni dei segretari generali hanno chiesto queste dimissioni, si evince benissimo quale è la logica di fondo che fino all'altro ieri li ha portati ad appoggiare – e continuano ad appoggiare – questi governi a targa Pd… SOno "ragazzi perbene", figli di una parte di società che ce la fa, e che pretenderebbero di essere presi in maggiore considerazione in base ai propri master, rispetto alla possibilità di essere collocati nelle fasce più alte della catena di comando e che invece, quando sulla loro carta di identità vedono scritto "nazionalità italiana", si rendono conto che questo non è un buon trampolino di lancio. Invece quello di cui abbiamo bisogno è – sì – mettere in discussione questo ministro, ma anche l'intero governo, il Partito Democratico che targa con il suo marchio gli ultimi quattro governi da 5 anni a questa parte, l'Unione europea che li ha emanati e l'ordine neoliberista, che è l'attuale espressione che nel mondo occidentale, il modo di produzione capitalistico, si è dato per contenere i diritti della forza lavoro rispetto ad una competizione interimperialistica a livello globale che ha messo fortemente in discussione, il precedente modello di sviluppo.

 

Bene, è chiarissimo. Grazie Francesco per essere stato con noi. Il tempo è tiranno e ci costringe ad interrompere qua la nostra chiacchierata. Grazie, è stato molto interessante parlare con te.

Grazie a voi, ciao.

 

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