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La precarietà e la povertà rendono sterili

Il titolo è un tantino provocatorio, ma per nulla “forzato”. La popolazione italiana al 1° gennaio 2017 – rende noto l’Istat stamattina – ammonta a 60 milioni 579 mila residenti, 86 mila unità in meno rispetto all'anno precedente (-1,4 per mille).

Non c’è però soltanto il fenomeno emigrazione – i nostri giovani, laureati o meno, che se ne vanno in cerca di fortuna o occasioni all’altezza delle proprie competenze – che non viene neppure compensato dai nuovi flussi di migranti. E’ proprio la natalità a cendere continuamente: il livello delle nascite del 2015, pari a 486 mila, che sembrava un record negativo, è stato superato nel 2016: solo 474 mila. Si deve sottolineare che il dato è complessivo, ovvero senza distinguere tra “indigeni” e “nuovi giunti”, che si portano dietro stili di vita in genere propensi a mettere al mondo più figli. Ma non basta volerli; i figli vanno anche mantenuti, e per questo serve un reddito sufficiente…

La fecondità totale scende a 1,34 figli per donna (da 1,35 del 2015); dice l’Istat che ciò non sembra dovuto a una reale riduzione della propensione alla fecondità, ma al calo delle donne in età feconda, per le italiane, e al processo d’invecchiamento per le straniere. Le straniere, infatti, hanno avuto in media 1,95 figli nel 2016 (contro 1,94 nel 2015). Le italiane sono invece rimaste sul valore di 1,27 figli, come nel 2015.

In entrambi i casi, però – calo dovuto alla minor propensione a far figli o alla diminuzione delle donne in età fertile? – è il contesto economico sfavorevole a determinare una minor fecondità o, per così dire, una maggiore “sterilità”.

E dire che rallenta un poco anche il numero dei decessi – 608 mila – in frenata dopo il picco del 2015 (648), che deriva ovviamente dall'invecchiamento progressivo della popolazione. Il saldo naturale (nascite meno decessi) registra nel 2016 un valore negativo (-134 mila) che rappresenta il secondo maggior calo di sempre, superiore soltanto a quello del 2015 (-162 mila).

Non ci vuole uno scienziato per intuire che se i giovani se ne vanno (soprattutto se sono già pochi rispetto ai “costritti” degli anni precendenti), l’età media si alza. Corollario economico immediato: diminuiscono i versamenti contributivi con cui pagare le pensioni. Ma la domanda allora diventa: scarseggiano i soldi per le pensioni perché sono troppo alte e si va via dal lavoro troppo presto (tesi neoliberista), oppure perché questo modello economico costringe le energie più fresche a mollare tutto? Anche qui, non pensiamo serva uno scienziato…

La riprova statistica viene paradossalmente dal numero dei centenari, che risulta in forte calo (17.000 rispetto ai 19.000 del 2015). Di chi la colpa? Della prima guerra mondiale, che nel 1915 portò al fronte centinaia di migliaia di maschietti, facendo così precipitare il tasso di natalità nell’anno successivo.

Leggendo i dati dell’Istat si vedono comunque molte disomogeneità territoriali. Lazio e Lombardia vedono crescere leggermente la propria popolazione (+1,3 e +1,1 per mille,rispettivamente); e così anche la provincia di Bolzano ed Emilia Romagna. Tutte le altre registrano invece cali via via più consistenti man mano che si scende lungo la penisola (Veneto -1,9, Basilicata -5,7 per mille). Le cause, anche in questo caso, sembrano chiarissime, trattandosi delle regioni più impoverite dalla crisi.

Alla faccia dei reazionari che parlano di “invasione”, il flusso migratorio estero (migranti in Italia, senza neanche distinguere tra africani e statunitensi) risulta assolutamente stabile (135.000 persone nel 2016, 133.000 l’anno precedente), ben lontano dai picchi raggiunti prima della crisi (quasi mezzo milione nel 2007). Segno che il declino di questo paese si vede ormai da migliaia di chilometri di distanza…

E in effetti gli stranieri residenti al 1° gennaio 2017 non crescono quasi per niente: sono 5 milioni 29mila (8,3% della popolazione totale), in lievissimo aumento rispetto all’anno precedente (+2.500 unità, pari a +0,5 per mille). Nonostante questo, le nuove nascite sono dovute per il 20% a madri straniere, con una sproporzione evidente rispetto alla quota di popolazione rappresentata. Ed anche qui le statistiche non distinguono tra aristocratici inglesi che si trasferiscono nei casali toscani e disperati provenienti da paesi in guerra o in carestia…

 

Il rapporto completo dell'Istat: Statistica-report-Indicatori-demografici_2016

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