L’autonomia per L’Emilia Romagna oggi è un’opzione sempre più concreta e condivisa anche dal governo dopo la firma di una dichiarazione d’intenti sottoscritta dal presidente Gentiloni e dal governatore della regione Bonaccini.
È arrivata il 18 ottobre l’approvazione del governo centrale, dopo un incontro avvenuto a Palazzo Chigi, per formalizzare sulla carta un percorso iniziato lo scorso 3 ottobre e per dar vita al progetto (tutto marchiato PD) per ottenere in Regione maggiore autonomia legislativa e amministrativa in modo da gestire direttamente, e con risorse certe, materie fondamentali riguardanti quattro aree strategiche: Lavoro e formazione; Imprese, ricerca e sviluppo; Sanità; Governo del territorio e Ambiente (leggi qui).
Cosi inizia questo percorso di dialogo tra il PD regionale e quello nazionale in merito alla questione dell’autonomia regionale, e mette di fatto a tacere gran parte delle istanze bellicose portate avanti da Lega e M5S regionali nei mesi scorsi. Immancabile comunque il commento della Lega: “Davvero una figura penosa” ha commentato Jacopo Morrone, segretario nazionale della Lega Nord Romagna. “Bonaccini si vanta di ‘essere arrivato […] perché il premier Paolo Gentiloni ha firmato con lui una dichiarazione di intenti che ha un valore pari allo zero”. E senza che sia il nostro giornale a sottolineare la sostanziale mancanza di diversità tra la destra populista e il partito democratico in questo Paese è lo stesso Morrone che lo lascia intendere tra le righe “Bonaccini oggi è riuscito solo a essere una pessima copia di presidenti come Maroni e Zaia”.
Secondo Bonaccini, si parla di una richiesta di maggiore autonomia basandosi su due premesse: l’unità nazionale intoccabile e il rifiuto alla richiesta di regione a statuto speciale (assicurandosi così una demarcazione dalle richieste di autonomia dei colleghi Zaia e Maroni in veneto e in Lombardia). Di fatto questo percorso, comunque, mirerebbe a “trattenere una parte di risorse che invece con la fiscalità vengono trasferite a Roma. Una volta stabilite quali sono le competenze e stabilite quali sono le risorse per gestirle, bisogna indicarne la natura, ad esempio in quale parte di tassazione avverranno le trattenute di una parte delle risorse. Si tratta di valutare quali risorse poter trattenere in origine per poter gestire le competenze che ci verranno assegnate partendo dalla base di quelle che abbiamo richiesto e previo confronto con i singoli ministeri”. Un percorso, in altre parole, che trattenga la ricchezza “in casa” e crei le basi per l’avvio di ulteriori privatizzazioni possibili.
Un progetto che si fa modello nazionale: “la via Emiliana” per una delle regioni con PIL piu alto ed economia virtuosa che vuole crescere, senza alcuna istanza scissionista e senza passare per un referendum troppo provocatorio ma rispettando pienamente la costituzione attraverso l’articolo 116. D’altronde Bonaccini dichiara anche che “il referendum dello scorso 4 dicembre avrebbe accentrato a Roma alcune materie, ma avrebbe anche rafforzato la possibilità per le regioni virtuose di richiedere autonomia”.
Il suo progetto per tanto è caratterizzato da una concezione funzionalista del territorio e può rientrare nello schema di riorganizzazione del potere che ha iniziato a portare avanti il governo Renzi e in tutta continuità il governo Gentiloni. “I territori sono ormai intesi come mere proiezioni spaziali di dinamiche socio-economiche, come semplici luoghi della pianificazione economica e territoriale, se non di mera competizione” scriveva Laura Ronchetti nel primo quaderno del Forum Diritti Lavoro a proposito della riforma del titolo V della costituzione. La crescente asimmetria del nostro paese è un dato di fatto e l’Emilia Romagna gode di un’importante filiera manifatturiera e di un valore di export competitivo con le aree più produttive delle regioni tedesche. Questo la rende evidentemente competitiva anche nella fase di contrattazione per quanto riguarda le istanze di autonomia con il governo centrale. Un ruolo strategico quello della nostra regione che interessa integrare nel nucleo duro dell’Unione Europea come forza a sostegno del progetto europeo ma che risponde anche alla accresciuta competitività interna che si sviluppa tra gli stati.
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