Report della prima assemblea nazionale
Venerdì 1 dicembre si è tenuta a Bologna una prima assemblea studentesca da noi promossa nella convinzione che all’importante ruolo giocato dall’Alta Formazione nella ristrutturazione del capitalismo continentale non si possa rispondere lasciando questo campo sguarnito dalla presa di parola delle forze anticapitaliste. Lo abbiamo fatto cercando di rispettare un metodo rigoroso, condividendo analisi concrete e letture approfondite delle linee di tendenza che stiamo riscontrando a partire dallo specifico degli atenei in cui tanti dei nostri compagni studiano e operano, nelle città di Bologna, Torino, Siena, Urbino, Roma e della Sardegna.
Uno spaccato nazionale non esaustivo, ma certamente interessante per giungere ad alcune prime conclusioni generali, coscienti che i tratti in comune riscontrati nelle tante relazioni che si sono susseguite non siano figli del caso, ma rappresentino piuttosto il precipitato di una politica nazionale e internazionale ben definita secondo la quale si stanno indirizzando gli sviluppi del sistema formativo.
Questo ci porta a individuare la necessità di costruire un ulteriore passaggio assembleare nei prossimi mesi, in cui invertire l’ordine delle priorità, ovvero in cui affrontare i nodi politici generali affrontandoli tematicamente. Nel frattempo non stiamo con le mani in mano: molto presto renderemo disponibili i testi degli interventi susseguitisi in questa prima assemblea, e ci lasciamo con questi quattro propositi immediati:
1) Necessità d’implementare analisi e comprensione.
Abbiamo constatato che sono molti gli elementi comuni che, pur con distanze geografiche, accomunano sintomi e modifiche dei nostri atenei. Rimane comunque necessario comprendere meglio le singole questioni locali soprattutto alla luce del quadro più generale emerso durante il confronto.
2) Ambiti di confronto come appuntamenti di dibattito nazionali, possono produrre un genuino scambio di analisi e di pratiche, ma su quest’ultimo punto occorre una doverosa precisazione: la manifesta condizione di quasi completo immobilismo della comunità accademica, la scottante sconfitta dei recenti movimenti universitari su lotte cardine come l’opposizione alla riforma Gelmini, e la mancanza di mobilitazioni reali mostrano in modo inequivocabile i limiti di un approccio “studentista” in questa determinata fase.
Dunque è importante iniziare ad impostare una strategia capace di affrontare, senza facili scorciatoie, la situazione concreta cui ci troviamo di fronte.
3) Coinvolgere ed allargare la nostra proposta ad altre realtà presenti nel paese. Partendo da una consapevole comprensione dell’insufficienza che oggi le realtà antagoniste rappresentano nell’Università, fondamentale diviene la capacità di fare rete tra di esse, il lavoro “territoriale” deve sapersi permeare di un confronto più ampio perché si possa pensare di poter affrontare le contraddizioni principali. Se in tempi di “alta marea” queste condizioni vengono da sé, è oggi necessaria una chiara volontà politica per mantenere (o meglio raggiungere) questo livello di intervento. Pertanto riuscire a coinvolgere un maggior numero di realtà attive nel Sud del Paese è un compito non secondario, sapendo che non si può portare avanti una critica del doppio livello “università di serie A VS università di serie B” senza mettere a confronto i soggetti appartenenti ai due corni della contraddizione.
4) Mettere al centro di questa fase strumenti come l’analisi e l’organizzazione sono presupposti necessari per farsi trovare pronti ad affrontare la prossima riforma universitaria, la quale è in fase di gestazione da almeno due anni e di cui possiamo individuare i principali pilastri, nei decreti, nelle dichiarazioni e nei convegni istituzionali che non sono poi effettivamente sfociati in una riforma vera e propria soltanto a causa del quadro generale di instabilità politica. Un quadro aggravato dalla vittoria del NO al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, ma che di fatto si perpetua da anni, all’interno di una più ampia crisi della rappresentanza che va letta insieme ad un’ulteriore crisi, quella del sistema produttivo, che ormai procede senza soluzioni da un decennio.
Sul contenuto della riforma di domani possiamo prevedere che si tratterà di portare alle estreme conseguenze le linee politiche che i governi degli ultimi 20 anni hanno implementato senza sosta, quelle che oggi abbiamo individuato come tendenze generali nei nostri atenei.
Dunque rivolgiamo queste ultime battute per evidenziare il ruolo fondamentale nell’individuazione di una strategia di analisi per l’azione che sappia porci qui e ora in condizione di contrastare quello che dalle cabine di comando continentali ci vogliono imporre completando il progetto di gerarchizzazione ed elitarizzazione dei saperi. Un ambito su cui è importante riuscire a intervenire per mettere in luce le contraddizioni più generali vissute ormai senza filtri dalla nostra generazione precaria, disoccupata ed emigrante.
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