E’ iniziato intorno alle 11 il convegno con questo titolo, organizzato da Eurostop, cui partecipano anche le componenti organizzate che aderiscono a Potere al Popolo. Qui di seguito la relazione introduttiva di Giorgio Cremaschi.
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Care compagne cari compagni, purtroppo un brutto tenace malanno mi impedisce di essere presente oggi. Non ho voluto mancare all’appuntamento e ho scritto queste note in sei punti, nei quali pongo i temi per me centrali del confronto politico sulla questione europea e del suo rapporto con quella della sovranità. Ho espresso tesi politiche in forma anche un po’ brutale per favorire una discussione senza fronzoli sui temi e sulle parole di fondo: rottura, sovranità, stato. È ovvio che i primi interlocutori per noi di Eurostop sono le compagne e i compagni di Potere al Popolo, esperienza nella quale ci siamo impegnati con grande entusiasmo. Ci aspettiamo qui un confronto vero. Ringrazio chi leggerà queste note.
1) La questione europea è il nodo centrale della politica oggi, il fatto che sia spesso posta in secondo piano nel dibattito elettorale tra le principali forze politiche, è solo il segno che le scelte vengono fatte senza che sia possibile discuterne davvero, come appunto la stessa Unione Europea impone da tempo.
Noi poniamo la questione europea innanzitutto come una questione di democrazia. La questione di fondo è la totale incompatibilità tra l’Unione e la nostra Costituzione. Questa è l’alternativa reale in campo oggi. Quelle che hanno affascinato alcuni settori della sinistra, gli Stati Uniti di Europa oggi ripresi da Renzi, o gli stati socialisti di Europa per i più radicali, sono bubbole senza aggancio con la realtà. La realtà invece è quella di una Unione Europea che si sta già riformando in una direzione precisa, quella autoritaria. La trasformazione del Fiscal Compact in direttiva che escluda totalmente il ruolo dei parlamenti, il Fondo Monetario Europeo con relativo ministro delle finanze dell’Unione, i patti di governance tra Germania e Francia a cui l’Italia non sarà mai pienamente aggregata, il riarmo e l’esercito europeo, tutti questi sono gli strumenti della nuova architettura UE. Una architettura priva di qualsiasi possibilità democratica, un gabbia definitiva per i popoli e per ogni alternativa alle politiche liberiste. Il parlamento in questo contesto è come la duma concessa dagli zar prima della rivoluzione, un sede finta inutilizzabile per qualsiasi battaglia di vera democrazia. Ben consapevole di questo Toni Negri ha scelto la tirannia illuminata di Bruxelles contro la nostra democrazia. È la conclusione di una deriva neomontiana che qui non intendiamo affrontare, se non appunto per sottolineare che esse rappresenta la brutale presa d’atto della realtà, la conferma che l’Unione Europea non è riformabile in senso democratico e sociale. Mentre la nostra Costituzione è gia stata compromessa con la riscrittura dell’articolo 81 secondo il Fiscal Compact, che vogliano abolire con una legge sulla quale stiamo raccogliendo le firme. Perché solo la democrazia del popolo può fermare il potere autoritario e liberista della UE, come ha mostrato il referendum sulla controriforma costituzionale. E come mostrerebbero altri pronunciamenti popolari se sui trattati UE fossero indetti i referendum che chiediamo. La UE è contro i popoli, ma i popoli non sono ancora contro la UE. Dobbiamo operare perché questo accada.
2) Quando si affronta il tema UE non si può prescindere da quello della NATO. Non a caso la destra ignora questo tema, perché altrimenti vedrebbe crollare tutta la propria collocazione critica verso la UE. La destra europea, tranne piccole frange, è sostenitrice totale della NATO e se emergessero i legami indissolubili tra l’alleanza militare e la UE le sue posizioni non starebbero più in piedi. Oggi la NATO è il primo pericolo per la pace mondiale, per la sua politica di espansione aggressiva verso la Russia e la Cina, in Medio Oriente e America Latina. E per il sostegno a tutte le scelte di fondo dell’imperialismo USA. L’Unione Europea è coinvolta direttamente in questa politica anche per il peso che hanno in essa i paesi dell’est Europa, tutti governati da forze liberiste reazionarie filo USA, la nuova Europa esaltata da Bush junior durante le sue guerre. Se Francia e Germania decidessero di agire in proprio rompendo la NATO, salterebbe anche la UE, perché tutto l’est farebbe una sua unione sotto l’ombrello USA. Viceversa ogni rottura con la UE pone subito la questione della collocazione fuori dalla NATO, come ben si è visto durante i mesi di resistenza greca alla Troika. UE e NATO son sempre più intrecciate tra loro, pur nei diversi interessi imperialistici che le compongono, è un equilibrio che nessun potenza può mettere in discussione, vale per Merkel come per Trump.
Quindi Un rapporto economico diverso con i BRICS, con i paesi mediterranei, con l’America Latina, per il paese europeo che li pratichi, comporta anche una diversa collocazione internazionale e anche militare. Così come una rottura con la NATO aprirebbe subito la crisi con la UE. Austerità, F35, Bombe Atomiche, tutto si tiene, tutto sta assieme.
3) Le politiche liberiste sono l’anima costituzionale della UE. I trattati e gli accordi, da Maastricht in poi, hanno come obiettivo centrale la società di mercato, cioè la privatizzazione dello stato sociale e la distruzione della contrattazione collettiva e della tutela del lavoro. Tutta la struttura legislativa e burocratica UE è pro business e anti labour. In questo l’incompatibilità con la Costituzione del 1948 è totale. La UE è un colpo di stato permanente contro la nostra Carta. Una politica economica e sociale progressista, keynesiana, redistributiva e anti disoccupazione, tantomeno socialista, è vietata dai vincoli europei. La forza diversa di dominio sui mercati dei paesi permette ovviamente margini diversi. La Grecia non è la Germania, ma neppure questo paese può fare un politica diversa da quella liberista. Anche in Germania i ricchi son sempre più ricchi e i poveri sempre più di numero. Nessun paese europeo può fare politica di eguaglianza sociale e intervento pubblico nell’economia senza rompere con i vincoli UE.
È per questo che la sinistra socialdemocratica è morta o si è trasformata in una formazione di destra neo liberale ( Macron, Renzi). È per questo che tutta l’Unione Europea oscilla tra governi di centro, Italia, Francia, Germania, e di destra larga, fino ai fascisti, come in Austria e in tutto l’Est. Per questo tutta l’Unione sta riscrivendo le proprie regole in senso xenofobo e razzista. Le sole alternative ammesse sono sul grado di ferocia verso i migranti. Altra alternativa non è ammessa, la UE è nata per distruggere la sinistra come alternativa. Non è un caso che il solo paese dove la sinistra abbia una ripresa, e su temi come aumento dei salari e nazionalizzazioni, sia la Gran Bretagna dopo l’uscita dalla UE. Dopo la Brexit è rinata la sinistra, e non come opposizione ad essa, ma come sua diversa gestione rispetto ai conservatori, è un dato di fatto di cui bisognerebbe tenere conto.
Senza la rottura con la UE la sinistra non rinasce, non è una opinione, è un fatto.
4) La questione della sovranità è l’altra faccia di quella europea. Molti concordano con i giudizi sulla irriformabilità della UE, ma poi di fronte al rischio di essere accusati di “sovranismo” si fermano. La parola sovranismo é stata inventata dal palazzo liberista, per presentare come reazionaria e di destra ogni contestazione al potere UE. E alla fine questa operazione ha avuto successo, la destra si è vestita di sovranismo, contro di essa si contrappone l’europeismo del mercato . Una dialettica tra due diverse destre che distrugge la democrazia e nella quale è rimasta intrappolata un bel po’ di sinistra, anche radicale. Ogni potere non può che essere sovrano altrimenti non esiste. Noi diciamo potere al popolo, immagino che ne vogliamo la sovranità, che già gli apparterrebbe secondo l’articolo 1 della Costituzione. Il programma di potere al popolo prevede la nazionalizzazione della Banca d’Italia e di banche e imprese strategiche. Chi le fa se non uno stato sovrano, democratizzato dal controllo e dal potere popolare? Non esiste un politica economica progressista senza il ripristino della sovranità dello stato sul mercato. La sovranità statuale democratica è uno strumento indispensabile per lottare contro il liberismo capitalistico, la questione non è se usarla, ma come si reimpara ad usarla. Come lo stato ridiventa pubblico, al posto della SpA privatistica nella quale si sta trasformando oggi. Ricostruire lo stato sovrano pubblico è la sola alternativa reale in campo rispetto alla tirannia illuminata di Bruxelles. Chi è a favore di questa scelta “europeista” adduce la immodificabilità della globalizzazione. Gli stati non possono fare nulla contro la globalizzazione, affermano anche coloro che a Genova nel 2001 si chiamavano NoGlobal, ma che poi il no lo hanno tolto. Solo le lotte dal basso cambiano, affermano ora, lo stato è perso. E quei paesi, come il Venezuela, che cercano come stati di fronteggiare la globalizzazione che dovrebbero fare?
Magari la globalizzazione non è una tigre di carta, ma non può essere considerata come un potere in grado di schiacciare qualsiasi stato, sostenere questo significa rassegnarsi al liberismo, ma soprattutto non è così, gli stati possono fare molto, nel bene e nel male, oggi fanno quest’ultimo. La globalizzazione è frutto della svolta reazionaria nei rapporti di classe alla fine degli anni 70. Poi è dilagata e si consolidata in istituzioni, una delle quali è la UE. Ora si manifesta una sua crisi e frantumazione, quindi gli stati tornano in campo. La sovranità dello stato sul mercato può essere riaffermata. Non è semplice, è dura lotta di classe contro la finanza mondiale, ma e la sola via conosciuta contro i liberismo.
5) L’euro non è solo una moneta, ma un sistema economico. Lo capì bene il PCI di Berlinguer che nel 1979 ruppe la politica di unità nazionale con la DC proprio dicendo no alla nascita dello SME, l’accordo monetario europeo che avviava il percorso che avrebbe portato all’euro. L’altro motivo di rottura allora fu l’installazione degli euromissili, e se leggiamo le motivazioni di allora per quelle scelte, paiono scritte oggi. Moneta unica e riarmo hanno proceduto sempre assieme.
È chiaro che il sistema di cambi fissi tra paesi con diverso potere economico ha favorito la Germania e colpito soprattutto il sud Europa, costringendolo a continue svalutazioni sociali per mantenere la moneta. È la politica catastrofica di taglio dei salari e licenziamenti che Mussolini adottò per mantenere una parità forzata della lira a “quota 90” rispetto alla sterlina. Ricordiamolo ai noeuro fascisti. Credo che in una sinistra sociale e di classe non ci possano essere dubbi sul fatto che l’euro sia stato una scelta negativa ai danni delle classi popolari, per il profitto finanziario e le privatizzazioni. A meno di non credere a tutte le narrazioni liberiste questa è la verità.
L’euro è un architrave delle politiche liberiste, ma è anche una moneta e come tale agisce a livello di massa. La paura di perdere pensioni, salari, reddito, usata come ricatto verso i popoli dal potere, serve a far accettare le politiche di austerità. L’euro è quindi anche uno strumento di consenso. Per questo la sinistra radicale si blocca e divide alle soglie della moneta. Mentre la destra può tranquillamente parlare di no euro tanto è solo propaganda. In Austria il governo di cui fa parte il partito reazionario fascistoide della libertà non ha nemmeno accennato alla moneta unica. La questione non è quella di riconquistare la moneta nazionale per poter fare svalutazioni competitive, come afferma e si guarda bene dal fare la destra in tutta Europa. La questione è il controllo della moneta da parte dello stato per controllare andamento economico, movimento dei capitali, debito pubblico. La destra ha abbandonato il no all’ euro perché esso non si può fare con politiche di destra, liberiste, ma solo con politiche di intervento pubblico di tipo socialista. Questa è la ragione per cui la moneta non può essere lasciata fuori da un progetto economico progressista: cosa fa il governo con la Banca d’Italia nazionalizzata se non riprendere il controllo della moneta e del debito? Potere al Popolo nel programma tocca, ma non affronta il tema. Bisogna avere il coraggio di discuterne, non ci possono essere temi “divisivi” per una forza che vuole continuare dopo le elezioni.. Se si vuol rompere con Maastricht e Fiscal Compact e non cedere ai ricatti, bisogna mettere in conto anche la rottura della moneta. Non si scappa. Meglio allora discutere dei diversi piani possibili di controllo statale e/o fuoriscita dall’ euro, piani a, b, c, piuttosto che farsene travolgere. Altrimenti si fa la fine di Tsipras, di cui Melenchon ha appena chiesto l’espulsione dalla Sinistra Europea. Noi proponiamo che PaP sviluppi un confronto per giungere ad una posizione comune sulla moneta come abbiamo fatto su tutto il resto.
6) La rottura con la UE non è una regressione nazionalista. Bisogna uscire dalla narrazione dominante che vede in campo solo liberali europeisti contro fascisti nazionalisti. Anche qui una sinistra sociale e di classe o afferma la sua indipendenza o sparisce. La rottura del nostro paese con la UE probabilmente rafforzerebbe l’asse franco-tedesco, ma aprirebbe una crisi analoga in tutti i paesi del sud Europa. La stessa Francia scoprirebbe presto che l’asse con la Germania non ha mai portato bene. Si aprirebbero così lo spazio e la possibilità per la costruzione di nuovi accordi e nuovi progetti di integrazione economica, in particolare per il Mediterraneo.
Un progetto di integrazione e sviluppo comune tra le due sponde del Mediterraneo , un progetto Euromediterraneo sarebbe ben più utile alla crescita economica equilibrata e alla pace della costruzione di una Europa fortezza che fa la guerra ai migranti e minaccia quella con la Russia.
Anche gli scenari della rottura sono quindi molto diversi, l’idea di una Italia cacciata dalla UE che diventa la paria d’Europa fa parte della più stupida propaganda di regime. Il compito di una forza come Potere al Popolo è di fare anche una battaglia culturale frontale contro il sistema di balle che sostiene il palazzo, sistema al quale si stanno adeguando tutte le principali forze ed alleanze politiche. Che oramai cercano tutte di presentarsi come europeiste in varie versioni. Intanto la UE prepara la prossima finanziaria e la più brutale applicazione del fiscal compact. Sta a noi riportare la questione europea in una campagna elettorale che furbescamente l’ha cancellata.
Eurostop mette a disposizione la propria iniziativa ed esperienza a questo scopo.
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De Marco
D’accordo per il confronto. Rinvio dunque – oltre al Programma di Potere al Popolo rispetto all’euro – al mio saggio intitolato « Uscire dall’euro non serve, serve mettere fine al regime della banca detta « universale » » Vedi in « Download Now » nella Sezione LIVRES/BOOKS del sito http://www.la-commune-paraclet.com.
Comunque prima di uscire bisogna modificare l’Articolo 81 attuale della nostra Costituzione, il vero problema immediato in caso dell’arrivo ipotetico di un governo di sinistra autentico al potere. C’è sempre la possibilità di mandare le autorità europea a pascere accettando di pagare la penalità – 0,2 % del PIL – ma adottando le misure necessarie per riprendere il controllo del bilancio nazionale e della politica socio-economica.
Sottolineo che per discutere razionalmente di questo soggetto serve anche fare la differenza tra moneta, risparmio e credito. Invio dunque al mio « Compendio di Economia Politica Marxista » nella stessa Sezione, stesso sito. Questa differenza cruciale non viene fatta in nessuno altro luogo … Per Keynes, sempre un marginalista, rimangono semplici distinzioni di forma.
Per quello che riguarda l’Europa Sociale, vedi i saggi disponibili nella Sezione Internazional Political Economy del stesso sito.
Sottolineo che secondo il Trattato di funzionamento dell’UE, gli affari sociali sono competenza nazionale esclusiva. Secondo l’Articolo 47 della nostra Costituzione lo Stato tutela il credito. Secondo il mandato della BCE, i Stati dell’Eurozona decidono dei criteri utili per definire l’inflazione – cioè la gestione della semplice moneta – mentre il cambio rimane un potere congiunto.
Il Trattato di funzionamento dell’UE non è una costituzione è solo un trattato. Gli articoli qui citati mostrano come ho contribuito nel mio piccolo alla vittoria in Francia contro il progetto di costituzione europea, poi seguito dal Trattato di funzionamento della UE. All’epoca in Italia nessuno ha voluto ascoltarmi per esigere un referendum identico. Purtroppo, avrebbe cambiato tutto. Rimane che un trattato rimane un trattato cioè può sempre essere cambiato. L’Italia rimane uno dei tre grandi paesi della UE, non ha certo bisogno di uscire per cambiare i trattati. Basta la volontà politica e dunque anche le idee chiare.
In solidarietà
Paolo De Marco