Da Torino a Siena a Bologna negli atenei si prepara la mobilitazione per giovedi 7 febbraio, per cambiare l’ordine delle priorità nelle risorse necessarie e per sbarrare la strada all’invasione dei privati nelle università. Qui di seguito l’appello lanciato dagli studenti torinesi al resto del mondo universitario:
Come studenti e studentesse dell’Università di Torino da settimane siamo impegnati in una campagna contro l’utilizzo degli spazi di proprietà di UniTo da parte delle multinazionali di fast food, come abbiamo approfondito in questo articolo: https://urly.it/31372. Il prima appuntamento di questo percorso è stato il flash mob organizzato lo scorso 24 gennaio nei locali del Burger King che ha visto come risposta da parte dell’Università la militarizzazione dei locali commerciali, le provocazioni della polizia e infine il fermo di uno studente davanti alle porte del rettorato, luogo in cui ci eravamo recati a pretendere una spiegazione e denunciare le responsabilità di quanto stava accadendo. Dato il silenzio del Rettore Ajani abbiamo deciso di ridarci appuntamento il 31 gennaio in occasione dell’apertura di un nuovo McDonanld nei locali dell’ex residenza studentesca Edisu.
Ieri il teatrino si è ripetuto, al nostro arrivo in Via Sant’Ottavio abbiamo trovato un ingente schieramento di polizia che bene hanno rappresentano la volontà di dialogo e di ascolto dell’amministrazione universitaria nei confronti delle istanze studentesche, noi chiediamo aule studio e servizi per gli studenti, loro ci danno privati e manganelli. Il rettore non ci ascolta e a noi non resta che organizzarci per proseguire la protesta. L’assemblea di ieri si è espressa chiaramente per allargare la lotta, sia all’interno dell’ateneo coinvolgendo professori, ricercatori e tutti quegli studenti che fino ad oggi non hanno partecipato ai flash mob sia a livello nazionale collegandoci con chi si è dimostrato solidale a distanza.
Infatti, a guardar bene ci sembra che quanto sta avvenendo nella nostra città si inserisca perfettamente in una dinamica generale che si manifesta – in forme diverse – in tutto il paese, come anche a livello europeo. La giustificazione di UniTo della scelta di vendersi ai privati è quella della “necessità” di colmare i vuoti prodotti dai decennali tagli ai finanziamenti e di garantire i servizi agli studenti che altrimenti non potrebbe erogare indipendentemente: quindi con una mano ci tolgono quello che con l’altra dicono di volerci dare.
Questa logica ci ha stancati: se l’interesse è il progresso comune, lo si dimostri. Bisogna che nella cornice di una battaglia a tutti i livelli per un maggior investimento nella formazione, si inizi intanto a destinare le risorse esistenti ai giusti obiettivi. Se nessuno lo fa, chiamiamoci a raccolta e lottiamo!
Sul piano nazionale, la recente questione della Normale di Pisa e del progetto di scuola d’élite da ospitare nei locali della Federico II di Napoli rappresenta un esempio lampante. Il progetto prevede infatti che all’interno dell’Università napoletana si realizzi lo spazio per una Scuola d’Eccellenza per la quale l’attuale governo ha già stanziato 50 milioni – con uno sbilanciamento enorme rispetto ai timidi aumenti d’investimento del FFO e per i CNR – dimostrando che per il processo di elitalizzazione e di selezione classista del corpo studentesco le risorse esistono, mentre vengono meno prospettive di redistribuzione e uguaglianza.
Ne facciamo una questione politica, le priorità che le classi dirigenti d’ieri e di oggi si sono date non corrispondono agli interessi della maggioranza delle persone. Il lavoro non c’è e qando c’è è sotto pagato e senza tutele, il welfare viene abbattuto, l’emigrazione è forzata mentre intanto ci chiedono di metterci giovani contro anziani, bianchi contro neri. Punto. Nel mondo universitario vige la stessa regola, non è una battaglia delle idee, non bisogna convincere dell’irrazionalità di questo sistema, bisogna lottare e organizzarsi qui e ora. Per questo abbiamo deciso di lanciare l’appello per una giornata di agitazione nazionale sui territori, giovedì 7 febbraio, che sappia individuare i punti in cui i processi generali di elitarizzazione, di regressione classista dell’università e d’ingerenza dei privati si manifestano nelle nostre città. Organizziamoci per riprenderci ciò che ovunque ci viene tolto:
Per una Università pubblica e accessibile.
Per pretendere più risorse mettendo in discussione l’attuale destinazione di quelle esistenti.
Per ridefinire le priorità qui e ora.
Per un futuro che non ci faccia tornare indietro, nell’unione troviamo la nostra forza.
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