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Fare soldi facendo finta di “salvare l’ambiente”

Come si fa a fare cassa senza farsi accusare di star aumentando le tasse? Il rebus è antico e le soluzioni del potere sempre ingegnose. Il Re di Napoli, per esempio, avendo ormai esaurito il parco tasse disponibile, inventò il gioco del lotto, introducendo così la “tassa sulla speranza” contando sul fatto che sarebbe stata presa dal popolino come un’occasione di arricchimento.

Quel rebus antico oggi trova nuovi stratagemmi, a partire dalla messa a profitto della “difesa dell’ambiente”.

Ci spieghiamo subito. Il governo giallo verde, a partire da oggi primo marzo, ha introdotto un disincentivo alla vendita di auto diesel e un incentivo a favore di quelle ibride. Una misura che vale solo per le nuove immatricolazioni e che, in una fase di mercato automobilistico particolarmente depresso (-3,1% le vendite, -10% la produzione 2018), avrà effetti moderatamente recessivi.

Ma la tendenza, come emerge da molti “si dice” in ambienti ministeriali, è chiara: aumentare le accise sui carburanti, e soprattutto del gasolio, con la scusa della “transizione ecologica”. E’ la stessa linea scelta da Emmanuel Macron e che ha portato all’esplosione del movimento dei gilet gialli, non a caso partiti dai grandi insediamenti periurbani e dall’immensa provincia francese; ossia lì dove l’utilizzo dell’automobile privata non ha alternative.

Come scrive Business Insider, il ministero dell’economia sta preparando un “taglio delle tax expenditures (agevolazioni e sconti fiscali) per i ‘sussidi ambientali dannosi’: un’operazione da circa 16,2 miliardi di euro che risolverebbe non pochi problemi al Mef”.

Il trucco contabile è relativamente semplice: “il gasolio, in particolare, vanta un’accisa inferiore del 23% rispetto alla benzina”. Dunque basterebbe ridurre o eliminare questo sconto per avere immediatamente un consistente aumento delle entrate fiscali.

La giustificazione “nobile” è già ora offerta dall’Ufficio valutazione dell’impatto del Senato: “la maggior efficienza energetica del motore diesel rispetto al motore a benzina non giustifica di per sé questa differenza di trattamento. Essa, infatti, dipende dall’effettiva caratterizzazione del parco circolante auto a gasolio rispetto a quello a benzina”, per questo “il mantenimento in Italia di un’accisa sul gasolio più bassa rispetto alla benzina non è giustificato sotto il profilo ambientale e rischia di provocare effetti distorsivi e indesiderati nella composizione del parco auto circolante, aumentando i costi esterni della mobilità passeggeri e favorendo il trasporto delle merci su strada rispetto alle modalità alternative più ecocompatibili”.

La “narrazione” è pronta, insomma, la difficoltà sta nel fatto che nessuno vi presterebbe attenzione, perché quando la gente arriva davanti alla pompa del distributore legge il prezzo, vede che il carburante imbarcato è di meno… e si incazza. Magari non blocca l’Italia col gilet giallo addosso, ma alle elezioni te la farà comunque pagare.

E’ il problema che Giovanni Tria è chiamato a risolvere, anche se non sembra avere soluzione facile.

Del resto la “transizione ecologica” non è solo un argomento retorico, ma una necessità impellente. Se la comunità scientifica ha quantificato in dodici anni lo spazio temporale per invertire la tendenza, ci sarebbe bisogno di risposte straordinarie e globali per tentare – solo tentare, perché questo lasso di tempo è davvero pochissimo – di impedire al riscaldamento climatico di superare la soglia di non ritorno. Per restare solo al settore automobilistico, per esempio, si dovrebbe imporre a tutte le case produttrici nel mondo di sfornare da ora solo modelli ecocompatibili a prezzi bassissimi, in modo da programmare una sostituzione integrale del parco auto circolante nell’arco di una decina di anni. Praticamente un sogno da illusi…

Di fonte a un problema di queste dimensioni le risposte degli Stati capitalistici avanzati sono sostanzialmente ZERO.

In Italia, per restare al noto, abbiamo avuto il divieto di vendita dei cotton fioc (sconsigliati peraltro da tutti gli otorino, ma il cui consumo annuale individuale equivale a meno della plastica da imballaggio che ci portiamo in casa con una sola spesa al supermercato) ed ora questa accoppiata disincentivi-aumento delle accise.

E’ qui che si rivela la “logica” con cui l’establishment approccia la “transizione ecologica”: scaricarne i costi sulla popolazione, senza peraltro fare assolutamente nulla nei confronti dell’apparato industriale pubblico e soprattutto privato. Abbiamo così contemporaneamente una serie di misure ecologicamente inefficaci ma economicamente redditizie. Che non risolvono alcun problema (se non in misura astronomicamente marginale), ma garantiscono profitti e entrate fiscali.

Lo si può verificare, peraltro, con tutte le campagne para-ecologiste sfornate in ogni trasmissione o pubblicità televisiva. In cui i problemi ambientali e la loro soluzione vengono addossati ai comportamenti individuali, non al funzionamento sistemico, ossia al modo e al tipo di produzione.

Facciamo due esempi? E facciamoli…

Su tutti i prodotti – dagli alimentari ai cosmetici, dai giocattoli ai veicoli, ecc – vengono illustrati una serie pressoché sconfinata di “consigli” perché sia il consumatore finale a scegliere una cosa invece di un’altra (es: “cosmetici non contenenti microplatische”), come se ognuno di noi, al supermercato, avesse tempo, possibilità e competenze scientifiche per fare uno screening ambientalista di ogni confezione presente sugli scaffali, leggendo e confrontando etichette (sulla cui attendibilità, peraltro…).

Anche il meno intelligente di questi consumatori disperati (poco tempo e pochi soldi in tasca) consiglierebbe a sua volta la soluzione più semplice: impedite che i prodotti “sbagliati” arrivino sul mercato, lasciando circolare soltanto quelli ecocompatibili. “Non si può”, ci risponderebbero dall’alto dei cieli di Bruxelles o del ministero di Tria, perché “il mercato è libero e le imprese non devono essere ostacolate”.

Questo è il problema, a questo livello vanno pensate le soluzioni. E nessuna sarà indolore.

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3 Commenti


  • Giordano Bruno

    La scelta del consumatore è una leggenda metropolitana senza il potere d’acquisto.


  • angelo genovesi

    come mai non si parla più delle auto a idrogeno ? ho letto in una pibblicazione di moto che le tecnologie ci sono gia tutte, mancano solamente le infrastrutture, ipunti di approvigionamento che poi sarebbero come gli attuali distributori di carburanti .sarebbe interessante capire come mai di ciò non sentiamo più parlare. ENERGIA PULITA AUTO ECOLOGICHE MENO INQUINAMENTO SOLO A PAROLE ?


  • andrea

    ma lo volete capire che solo il 20% dell’inquinamento è causato dalle auto? Ma toccare caldaie ed impianti industriali non è facile come colpire gli automobilisti

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