Il processo bis sulla vicenda della morte di Stefano Cucchi continua a regalare novità e sorprese. Tutte brutte, ovviamente, perchè stiamo parlando di una storia di sofferenza, strazio e abusi. Uno degli aspetti peggiori è quello che riguarda il modo in cui le istituzioni, almeno una parte di esse, ne escono: depistaggi, bugie, strategie di dissimulazione, addirittura falsificazione di atti.
Che pezzi dello Stato abbiano la brutta abitudine, in Italia, di giustificare e coprire a prescindere ogni azione commessa da sé stessi, o da altri pezzi dello Stato, è cosa nota.
Quando ciò avviene, ed è evidente, è però sempre una brutta consapevolezza.
Quello che è avvenuto a Stefano Cucchi – prima, durante e dopo la sua morte – è emblematico in questo senso.
La novità degli ultimi giorni è questa: altri otto carabinieri potrebbero finire sotto processo. La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per gli otto militari coinvolti nell’inchiesta per il depistaggio che è stato messo in atto dopo la morte di Stefano.
Tra i nomi di chi potrebbe finire a processo ci sono anche nomi importanti: quello del generale Alessandro Casarsa, allora capo del Gruppo Roma, il colonnello Lorenzo Sabatino, ex capo del nucleo operativo di Roma, Francesco Cavallo, che era capo ufficio del comando del Gruppo Roma. Ed ancora Luciano Soligo, allora comandante della compagnia Roma Montesacro; Massimiliano Colombo Labriola, ai tempi comandante della stazione di Tor Sapienza; Francesco Di Sano, anche lui in servizio a Tor Sapienza; Tiziano Testarmata, comandante della quarta sezione del nucleo investigativo dei carabinieri e il carabiniere Luca De Cianni.
Falso ideologico, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia i reati a vario titolo contestati.
E’ vero che la verità e la giustizia in questa tragica storia stanno avendo spazio anche grazie al coraggio di alcuni carabinieri, che hanno voluto abbattere il muro di omertà alzato immediatamente intorno a questa vicenda. Ma è altrettanto vero che quel muro di omertà non dovrebbe nemmeno esistere.
“Una partita con carte truccate”: così il pm Musarò ha definito tutta la vicenda Cucchi, fino al processo bis. La storia di un abuso evidente dissimulato da una strategia, orchestrata a più livelli.
In una democrazia che si definisce tale tutto questo non è possibile. Come non è altrettanto possibile che parlamentari, o addirittura ministri, assumano posizioni oltranziste di sostegno totale ed incondizionato alle forze dell’ordine a prescindere dalle evidenze ( e tra l’altro anche grossolanamente errate alla luce dei fatti). Non ci stupisce nemmeno questo, ma continuiamo a sottolinearlo. In Italia c’è un problema sistemico di carenza democratica in numerose componenti delle istituzioni. Questo dice la realtà, e di questo va tenuto sempre conto.
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