La durissima vertenza contro il licenziamento di 33 facchini da parte della Gls, è diventata una campagna internazionale per il ritiro dei licenziamenti. I 33 facchini licenziati dalla multinazionale della logistica vengono ritenuti colpevoli di aver partecipato alle lotte e agli scioperi promossi dalla USB in difesa dell’occupazione, del salario e contro il lavoro nero.
Le organizzazioni sindacali affiliate alla Federazione Sindacale Mondiale (Wftu) daranno vita ad iniziative di protesta davanti alle sedi GLS in Europa e invieranno note di protesta, anche attraverso una mail-bombing all’indirizzo mail della casa madre info@gls-holding.com.
Intanto in diverse città del paese crescono i segnali di solidarietà con i 33 facchini in lotta alla Gls di Piacenza.
Dietro alla rigidità muscolare della presa di posizione della GLS, dietro al suo rifiuto di accettare l’incontro di mediazione proposto dalle istituzioni, dietro alle sue bugie sta tutta la debolezza e la contraddizione della posizione della multinazionale olandese. GLS nascondendosi dietro il sistema malato degli appalti fa assumere il personale da società esterne che dovrebbero gestire direttamente l’organizzazione dei servizi, ma poi si assume in prima persona la responsabilità dei licenziamenti configurando una natura non “genuina” (cioè irregolare dell’appalto) con il fornitore che sembra essere un semplice intermediario.
GLS ha come unico vero interesse quello di far fuori il sindacato di classe e riportare i lavoratori indietro nel tempo a prima delle vertenze e delle denunce di USB che hanno portato alla stabilizzazione dei precari per i quali si è battuto ed è morto Abd Elsalam e all’assunzione di quanti lavoravano in nero e in condizioni di vero schiavismo.
Non è con le provocazioni e con il pervicace richiamo alle soluzioni autoritarie, che si risolvono i problemi e non è nemmeno raccontando bugie.
La società ha dichiarato che solo 6 manifestanti sarebbero dipendenti del magazzino mentre tutti gli altri sul tetto sarebbero “soggetti esterni reclutati ad hoc per gli intenti strumentali di USB”, affermazione questa assolutamente falsa e prontamente smentita da un video reso pubblico dagli stessi lavoratori che manifestano dai tetti della GLS piacentina.
Si tratta dell’ennesimo attacco diffamatorio con finalità antisindacali e per tali ragioni USB ha dato mandato ai propri legali di agire nelle opportune sedi. Così come è assolutamente dissimulatorio sostenere che alla lotta dei 33 licenziati vada attribuita la responsabilità della messa in discussione dei residui 77 posti di lavoro quando GLS ha proclamato da tempo la volontà di chiudere definitivamente l’hub piacentino, proposito poi mutato nella proposta di esubero per ben 54 facchini da spostare in una nuova sede che già stanno predisponendo. Il magazzino attuale, peraltro, è assolutamente accessibile poiché nessuno ne vieta l’ingresso né alle persone, né ai mezzi e risulta pertanto strumentale la sua chiusura utilizzata al fine di contrapporre i lavoratori tra di loro.
Per quanto concerne la questione degli incentivi economici all’esodo USB ribadisce di ritenere prioritaria la difesa del posto di lavoro, ma questa soluzione, quando accettata, deve essere effettivamente libera, non estorta in modo obliquo ed uguale per tutti. Purtroppo riteniamo che nel caso piacentino questi criteri non siano stati rispettati poiché il licenziamento di 33 persone è stato usato per spaventare e le cifre proposte agli iscritti di USB erano un settimo rispetto le altre. Nessuno si illuda di spegnere l’aspirazione a veder riconosciuto il diritto ad un lavoro sicuro, giustamente retribuito per dare un futuro alle proprie famiglie, nessuno si illuda di spezzare la dignità e la determinazione dei 33 attualmente licenziati, sono i fratelli di vita e di lotta di Abd Elsalam.
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