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La crisi di questo governo era “scritta nelle stelle”

Che questo governo fosse destinato al fallimento era “scritto nelle stelle”. Infatti se non ci si limita alle analisi sovrastrutturali o giornalistiche e si fa riferimento alla “demodè” analisi di classe, si capirebbe che la ex compagine governativa rappresenti i settori deboli della società, in altre parole la piccola borghesia sia intellettuale (M5S) che produttiva (Lega).

Questi settori, quantitativamente consistenti nella nostra società, non hanno alcuna capacità progettuale di superamento della crisi e possono solo, in modo miope, cercare di difendere i propri interessi immediati, “terra terra”.
Come RdC da tempo abbiamo evidenziato questo carattere sociale e di classe delle due forze di governo, il quale non poteva che portare all’implosione di questa esperienza ed ad aprire una fase di indeterminatezza politica che potrebbe durare per diverso tempo. Non avendo la “palla di vetro” non possiamo fare previsioni, ma dalla situazione che si sta determinando non è detto che le possibili nuove elezioni portino ad una stabilizzazione, magari reazionaria, del quadro politico, in quanto non è affatto certo che Salvini stravinca come sembra dai sondaggi ossessivamente propinati agli “Itagliani”. D’altra parte c’è la situazione spagnola che sta li a dimostrarlo.
Questo elemento di analisi sulla base sociale dell’ex governo, ci limitiamo solo ad evidenziarlo, in quanto sarebbe necessario andare più a fondo sia della condizione oggettiva della piccola borghesia nel nostro paese sia di chi si percepisce ideologicamente ceto medio anche non essendolo più, avendo perso ogni strumento di identità di classe grazie alla “sinistra”, anche di quella radicale, che continua in questo settore disperati tentativi di recupero elettorale.

Ciò che pensiamo vada messo in evidenza, accanto al carattere sociale delle forze ex governative, è il contesto internazionale e soprattutto dell’Unione Europea, la quale non è affatto uno spettatore passivo ma un giocatore attivo di primo piano, anche nelle dinamiche politiche interne al nostro paese.

Sarà stato un caso o una ingenuità ma l’incidente di percorso sulla TAV è stato innestato dalle dichiarazioni del presidente del consiglio Conte, dopo l’incontro con Macron, che affermava che la TAV poteva essere fatta.
Certamente l’UE è in difficoltà di crescita, ma gli altri attori internazionali non stanno molto meglio nell’ambito della accentuata competizione globale. Gli USA insistono con dazi e minacce militari a destra ed a manc,a e la potente Cina quando abbassa il tasso di cambio con il dollaro dimostra che ha bisogno ancora delle esportazioni, per non parlare del possesso del debito USA, e che il mercato interno non riesce a produrre la ricchezza necessaria a sostenere una competizione in modo autosufficiente; contare sulle proprie forze diceva qualcuno che ha saputo fare una Rivoluzione!
L’instabilità italiana si inserisce in questo contesto, dove la feroce competizione globale da pochi spazi di mediazione interna ai gruppi dirigenti della UE e dunque le alzate di Salvini rischiano di essere sovraesposte rispetto a chi detiene non solo le vere leve del potere politico ma anche quelle economiche e finanziarie.

La richiesta di pieni poteri fatta agli “Itagliani” accentua la sovraesposizione politica portando Salvini a lottare contro tutti caratterizzandolo come una sorta di Renzi al quadrato che però ha alcune contraddizioni non risolvibili.
La prima è quella che non si può pretendere di avere peso nella UE andando da Trump e Putin a cercare alleanze contro Bruxelles; di fronte a tale disinvoltura è evidente che il cuore politico e finanziario comunitario non starà li certo a guardare le rodomontate del capo della Lega.

Inoltre va tenuto conto che i gruppi dirigenti europei hanno il potere e la necessaria esperienza per aspettare che i nodi vengano “naturalmente” al pettine. La vicenda greca, l’entusiastico europeismo di Berlusconi, la vicenda della Brexit e l’appecoronamento di Orban al PPE dimostrano una “lungimiranza” che è in grado di neutralizzare le “spolette” esplosive che via via si vanno manifestando.
Questa contraddizione politica ha una sua appendice economico sociale, ovvero la Lega quella vera del nord, vuole rappresentare i cosiddetti ceti produttivi che sono legati strettamente alle filiere economiche della Germania ma vedono in malo modo anche il tentativo di aggregare i “lazzaroni” del sud, affamati del reddito di cittadinanza, al progetto salviniano.

Come il capitale finanziario tricolore non vede certo di buon occhio una contraddizione con i mercati europei e le scelte della BCE che ha salvato, a detta degli stessi esperti borghesi, l’economia europea ed in particolare quella italiana in questi anni di difficile crescita.
Emergono le contraddizioni della Lega ma anche quelle del M5S, a parte l’evidente incapacità e pusillanimità del gruppo dirigente. L’inversione ad U netta fatta votando la presidente della commissione europea e contraddicendo tutte le prese di posizione contro gli eurocrati ai quali oggi portano i propri servigi elettorali è stata una dinamica esemplificativa di questa politica inconseguente rispetto alle loro stesse premesse.

Se la Lega è reazionaria e non lo ha mai nascosto, appoggiando anche Casapoud, quello dei grillini è stato un vero e proprio tradimento verso il proprio elettorato, come ha detto molto chiaramente il movimento NO TAV, che toglie ogni credibilità di questo gruppo di dilettanti allo sbaraglio.
La crisi dei cosiddetti populisti/sovranisti riapre la questione della rappresentanza politica dei settori sociali subalterni che ancora sperano in scorciatoie elettorali dando il voto ieri al M5S oggi alla Lega ma che verranno comunque investiti dai processi di riorganizzazione continentale che vede gran parte del nostro paese, al sud come al nord, tagliato fuori dalle prossime dinamiche di sviluppo.
Si apre uno spazio sociale e politico di rappresentanza dei settori popolari della società che attende qualcuno che lo occupi. Il PD ha ormai dimostrato la sua empatia con la Lega condividendo il SI TAV, il regionalismo differenziato e l’opposizione al salario minimo e dunque si mostra come l’altra faccia della medaglia.

La “sinistra” nel corso degli ultimi decenni infine ha mostrato la sua insipenza teorica, politica e culturale provocando disastri inauditi di cui ancora paghiamo i costi politici e materiali.

La Rete dei Comunisti non intende sfuggire da questo rompicapo politico/pratico e non si tira indietro da tale compito militante.

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