Menu

Lobby delle armi e politica italiana

Un dossier sul dilagare della detenzione delle armi per uso personale, su cui la Lega costruisce buona parte della sua campagna elettorale.

Il 9 febbraio 2018, nel pieno della campagna elettorale, Matteo Salvini si è presentato all’Hit Show, fiera della caccia, del tiro sportivo e dell’outdoor che si svolge ogni anno a Vicenza. Qui, oltre a rimarcare la storica vicinanza della Lega al bacino elettorale dei cacciatori (e quello veneto), il leader del partito ha firmato un impegno con il Comitato Direttiva 477 a esaudire alcune richieste di tutela per i detentori di armi.

Come si legge sul sito dell’associazione, il Comitato Direttiva 477, dal 2019 Unarmi, è nato nel 2015 in seguito all’approvazione del decreto legge n. 7 del 18 febbraio 2015 sulle misure urgenti per il contrasto del terrorismo. Il decreto, che recepiva alcune modifiche alla direttiva europea 477, stabiliva ulteriori restrizioni al possesso delle armi.

Come spiega Andrea Intonti per l’agenzia di stampa Pressenza, alcune richieste avanzate da Unarmi e presenti nel documento firmato da Salvini a Vicenza sono state accolte nel decreto legislativo 104/2018 firmato dall’ex vicepremier. Nel decreto è previsto, in particolare, l’aumento pro capite da 6 a 12 delle armi sportive detenibili nella propria abitazione, un incremento della capienza massima dei caricatori e l’eliminazione della discrezionalità dei questori nell’imporre limitazioni sulle munizioni acquistabili nel periodo di licenza.

Unarmi si definisce apartitico ma non apolitico, anche se basta leggere qualche post sul gruppo Facebook dell’associazione per capire che il sostegno degli iscritti nei confronti di Salvini è pressoché unanime. Già nel 2015 il direttivo dell’allora Comitato veniva ospitato nella sede della Lega per “sviluppare una fattiva collaborazione” tra le due parti. Anche uno dei documenti costitutivi del Comitato non lasciava spazio a dubbi: “Abbiamo dovuto riscontrare disponibilità e serietà da parte di un solo partito: la Lega. È stata la Lega infatti che ci ha accolti con attenzione quando ancora eravamo un’associazione sconosciuta, che si è resa disponibile in concreto dei nostri diritti […] e il cui segretario ha sottoscritto pubblicamente (unico tra tutti) l’impegno a favore dei possessori di armi estendendolo a tutto il suo partito”.

Tuttavia sembra che, almeno pubblicamente, Unarmi voglia prendere le distanze da un eventuale collegamento diretto con la Lega. Contattato da The Vision, il delegato di Unarmi ai rapporti con Firearms United Andrea Favaro ha dichiarato: “Per un’associazione come la nostra i contatti con la politica sono inevitabili. Parliamo con tutte le forze politiche, non abbiamo un canale preferenziale”. Unarmi smentisce anche di essere una lobby (nonostante poi ai suoi iscritti invii un adesivo con la scritta “La lobby sono io”), sostenendo sul proprio sito di essere “impropriamente definita e identificata” dai media come come la “lobby delle armi italiana”.

Unarmi fa però parte del network europeo Firearms United (Fun), regolarmente iscritto al Registro europeo per la trasparenza delle lobby. Firearms United è nata in Polonia nel 2013 e oggi conta affiliazioni in 26Paesi europei. Dal 2018 è stata formalmente riconosciuta da un tribunale polacco come Organizzazione non governativa, cambiando il proprio statuto affinché i singoli individui possano iscriversi alla rete, oltre che alle singole associazioni che ne fanno parte.

Come riporta Gunsweek, una delle varie testate vicine alla lobby, l’obiettivo è creare uno “schieramento (che) potrebbe superare per rappresentatività e ‘potenza di fuoco’ anche i colossi dei Gun Rights d’oltreoceano”. Il cambio di statuto è avvenuto anche per il Comitato Direttiva 477 che, proprio lo scorso anno, è diventato associazione di promozione sociale.

Sembrerebbe che il network armigero europeo stia adottando una strategia simile a quella che da tempo utilizza l’Nra, la National Rifle Association, potente lobby delle armi statunitense che l’amministrazione di San Francisco ha bollato come “organizzazione di terrorismo domestico”. Secondo il database Open Secrets, negli ultimi tre anni l’Nra avrebbe finanziato le proprie attività di lobbying con circa 13 milioni di dollari e le donazioni elargite ai partiti andrebbero per il 99% al partito repubblicano.

Come spiega bene un video realizzato da Vox, l’Nra, che si descrive come “la più antica organizzazione per i diritti civili d’America”, è formalmente un public interest group. Questo statuto permette all’Nra non solo di essere esente dalle tasse, ma anche di ricevere donazioni da chiunque, il che si traduce in donazioni dalle aziende produttrici di armi, come la Remington, la Colt e anche l’italiana Beretta, che vedono così promossi i propri interessi a livello istituzionale. Proprio la Beretta nel 2008 aveva donato alla lobby 1 milione di dollari, entrando così a far parte del famigerato “Golden Ring of Freedom” (i cui membri ricevono in omaggio una sobrissima giacca color oro).

La strategia propagandistica utilizzata dall’Nra sembra essere l’ispirazione di Fun. Proprio come la lobby statunitense si erge a protettrice nei confronti dei cittadini di un diritto civile considerato inalienabile (il secondo emendamento) che ritengono sotto attacco da parte dei legislatori e dei burocrati, così Firearms United insiste sull’idea che esista un diritto fondamentale al possesso di armi, ostacolato da “eurocrati non eletti e senza volto che vogliono portare via i nostri fucili”.

Per quanto riguarda l’Italia, invece, Favaro spiega che la richiesta di Unarmi è semplice: la certezza della norma. “Spesso in Italia assistiamo a una specie di feudalesimo. Ogni norma è interpretabile a seconda del questore o del prefetto, per cui quello che vale in una provincia può non valere in quella adiacente. Noi chiediamo solo una norma chiara e non discrezionale, e quando parliamo di sicurezza del cittadino ci riferiamo a questo: che sia chiaro cosa può fare e cosa non può fare con un porto d’armi, come accade nel Paese che prendiamo a modello – la Repubblica Ceca”.

Niente fanatismi, quindi, ma una strategia “riformista” che cerca di fare arrivare le proprie istanze soprattutto a Bruxelles. Tra i risultati raggiunti da Fun, il presidente Tomasz W. Stępień, in un’intervista alla rivista polacca pro-armi Zbrojnice, cita proprio l’aver convinto circa 200 europarlamentari a opporsi a ulteriori modifiche della direttiva 477, mentre all’ultimo aggiornamento solo 18 deputati avevano votato contro.

La retorica “moderata” sulle armi ha dato i suoi frutti anche in Italia, sebbene la maggior parte dell’opinione pubblica ignori l’esistenza di una lobby o comunque un gruppo di pressione armigero. Sia il già citato decreto legislativo 104/2018, sia i decreti sicurezza, sia la riforma della legittima difesa voluti da Salvini sono figli del clima allarmistico che viene alimentato dai gruppi pro gun rights e dell’esasperazione del diritto dei cittadini a proteggersi con le armi da fuoco. Su quale influenza diretta abbiano avuto Unarmi e le altri associazioni della categoria (Assoarmieri e Conarmi) possiamo fare solo delle ipotesi, anche a causa dello scarso monitoraggio delle attività di lobbying nel nostro Paese da parte delle istituzioni.

Nonostante le somiglianze, Favaro smentisce ogni collegamento con l’Nra: “L’unico contatto che è avvenuto è stato l’invito per Firearms United a una conferenza negli Stati Uniti sulla situazione europea delle armi”. Bisogna poi tenere presente che la realtà statunitense e quella europea sul controllo delle armi non sono paragonabili, così come gli obiettivi, i mezzi e soprattutto la portata delle due associazioni. “Guardando la situazione europea, fare un paragone con gli Stati Uniti è insensato”, aggiunge Favaro. “La nostra intenzione è mantenere la base europea”.

D’altronde negli ultimi anni l’egemonia e la popolarità dell’Nra sono state messe a dura prova in seguito alla sparatoria di Parkland nel febbraio 2018, in cui persero la vita 17 studenti, senza contare i successivi suicidi. Di fronte al grande successo di iniziative di sensibilizzazione come la March for Our Lives organizzata dai giovani sopravvissuti, la risposta scomposta e aggressiva dell’Nra (spesso nei confronti degli adolescenti stessi, come si vede nel video di Vox) ha fatto perdere molti consensi all’associazione. Di conseguenza, l’Nra sta provando a esternalizzare la propria influenza.

Un’inchiesta di Al Jazeera ha rivelato gli stretti legami della lobby con il partito di estrema destra australiano One Nation e altre ingerenze dell’Nra sono state registrate in Messico, Brasile, Australia, Russia e Nuova Zelanda, proprio all’indomani della strage di Christchurch. Secondo il Washington Post, questa “delocalizzazione” dell’Nra avrebbe l’obiettivo di migliorare i rapporti con le aziende straniere produttrici di armi, soprattutto per la vendita negli Stati Uniti dei modelli proibiti nei Paesi di origine o per l’apertura di nuove aziende sul territorio. La sola Beretta Holding ha, negli Stati Uniti, 8 sedi.

Al registro per la trasparenza europeo, Firearms United Network ha dichiarato di spendere per le attività di lobbying meno di 10mila euro l’anno. Niente di assimilabile alla potenza economica dell’Nra che, per quanto decrescente, è ancora nell’ordine delle decine di milioni di dollari. Tuttavia, vista la campagna di espansione della lobby statunitense nel resto del mondo e considerando anche le elezioni presidenziali del 2020, non è da escludere che in un futuro prossimo vedremo un sodalizio tra le due associazioni.

Anche se per ora Firearms United è una realtà piccola – almeno dal punto di vista economico – la sua influenza non è da sottovalutare. In Italia, per esempio, questo gruppo di “semplici cittadini” è riuscito a concretizzare le sue istanze in un decreto. D’altronde anche il partito che si è fatto garante della loro mission dichiara di sostenersi solo ed esclusivamente grazie alle vendite “di una birra o di una salamella”.

 * da The Vision

Leggi anche:

Un allarme da Weapon Watch contro il traffico di armi tramite la nave saudita Bahri

L’educazione con l’elmetto

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

1 Commento


  • Gianleonardo Nurra

    Cari compagni,
    non mi fa piacere fare polemiche, soprattutto su argomenti nei quali il “pregiudizio” vale più della ragione (… e sì, non riguarda solo i fascisti o i leghisti!): sarà difficile a me esporre correttamente quanto voglio dirvi, ma sono altrettanto sicuro che sarà difficile per voi capire: pazienza, sarà stato un utile esercizio per entrambi.

    A mio parere, articolesse come questa oggetto del presente modestissimo commento dimostrano (se fosse ancora necessario) quanto lontani vi piacia essere dalla vita reale dei lavoratori (quelli veri, non quelli di cui sembra parliate qualche volta solo per sentito dire). Questo, a me dispiace molto anche perché costringe ancora molti di noi a votare “il meno peggio” in mancanza di alternative serie e sensate.

    Ignorate per esempio che le armi vengono utilizzate normalmente (e, per fortuna, legalmente) soprattutto per la caccia e per lo sport.(Libero ciascuno di noi di avere le sue opinioni su queste o su altre attività umane: non è questa la sede per discuterne)

    La caccia i cui praticanti sono oggi in netta diminuzione (causa il disastro ambientale che ha falcidiato specie animali un tempo abbondanti), era ed è praticata soprattutto da contadini, operai, tecnici, impiegati: se vi abituaste a controllare e verificare i dati, vi accorgereste immediatamente che così è stato fin da quando l’attività di caccia ha smesso di essere un appannaggio della nobiltà e si è diffuso un minimo di benessere economico fra le classi popolari (ed escludo, per ovvi motivi che rimpiangiate quel periodo ormai lontano).

    Buona parte degli ex cacciatori ha ora smesso di cacciare ma coltiva attività sportive che richiedono l’uso di armi: attività che sono legali e che, in Italia, possono essere praticate solo da chi non ha avuto (anche in un lontano passato) condanne per reati contro la persona: vi sembrerà strano, ma chi detiene armi le può detenere solo se è dimostrato che non ci sono elementi che possano far prevedere un futuro abuso delle stesse; poi, chi valuta può anche sbagliare, un incidente può sempre succedere, ma statisticamente ha rappresentato finora e rappresenterà comunque una quota infinitesimale degli incidenti riguardanti l’uso di altri oggetti che non sono mai stati contestati nè da sinistra nè da destra: in fatti fanno notizia come fa notizia l’uomo che morde il cane!.

    Lo sbandierato aumento di permessi di portare armi per uso sportivo, è in realtà solo una parziale sostituzione (spesso una sovrapposizione) dei dismessi permessi di porto d’armi per uso di caccia (non potete saperlo, ma molto prima di Salvini erano “permessi rilasciati anche per uso di caccia” comprendendo la stessa licenza qualunque uso lecito dell’arma)

    E’ comunque noto (a tutti tranne che agli sprovveduti) che, in caso di una pur improbabile aggressione, quasi nessuno degli utilizzatori sportivi di armi sarebbe realmente in grado di utilizzarle per difendersi, per motivi che non credo neanche necessario spiegare;
    ma, nel caso di una grave violenza o di un tentativo di omicidio, se ne avesse il tempo e la necessaria determinazione, perché dovrebbe essere diverso da chi invece riesce a difendersi con un martello o con un coltello da cucina o con un pugno ben assestato? perché assimilarlo ad un assassino se davvero ha agito per tutelare la propria vita?

    Siamo d’accordo sul fatto che la Lega marci molto su paure immotivate (per ben altri e più diffusi motivi possiamo morire, anche violentemente, in ogni momento), ma l’atteggiamento della sinistra radical chic (destra presentabile) e, ora, anche dei (per me ancora presunti) duri e puri della sinistra (spesso velleitari e disuniti quasi su tutto), non fa che rafforzare fra gli elettori l’dea assurda che solo Salvini pensa a difendere le persone e le famiglie. (quasi che difendere i cittadini dalla povertà, dalla disuguaglianza, dall’inquinamento e dalla malavita violenta fossero attività in antitesi!)

    Per quanto riguarda il recepimento della direttiva europea sulle armi, vi è sfuggito il fatto che questa direttiva ha inasprito le leggi che riguardano la legittima detenzione e porto delle armi in quasi tutti gli stati dell’Unione: il previsto aumento del numero dei colpi in un caricatore o l’aumento del numero di armi sportive detenibili, pur essendo inutile nella maggior parte delle situazioni di uso legale delle armi, non rappresenta certo una minaccia per l’ordine pubblico (problema che comunque non dovrebbe riguardare noi in prima battuta); se però ci riguardasse, vi ricordo che il T.U. delle leggi di pubblica sicurezza (sempre in vigore pur essendo stato emanato in pieno fascismo) prevedeva e prevede tuttora la possibilità di detenere “un numero illimitato di armi da caccia” (armi che, dal punto di vista della balistica terminale non sono certo diverse o inferiori a quelle che ora, e solo in Italia, sono classificate “per uso sportivo”.

    Se avrete occasione di venire con me al poligono di tiro, vi potrete render conto che l’umanità che lo frequenta non è diversa da quella che incontrereste in qualunque piazza, cinema, supermercato: troverete anche il patetico “nostalgico” di un impero che non ha conosciuto, il leghista del sud neoconvertito, il grillino convinto che cambierà il mondo ma non sa ancora come, il vecchio ex sessantottino che non trova più spazi politici agibili, il sindacalista “di sinistra” che contesta la triplice e così via (inutilmente) catalogando: se un giorno i poligoni e i campi di tiro sportivo saranno frequentati solo da reazionari e destrorsi, non sarà certo un bene e parte della responsabilità sarà stata anche nostra, della nostra “puzza sotto il naso”, della nostra storica incapacità di analizzare “laicamente” i fatti

    P.S. Negli Stati Uniti d’America, quello di detenere e portare armi è un diritto sancito dalla loro Costituzione.
    In Europa la detenzione e l’uso delle armi, sono concesse solo per motivi previsti dalla Legge in deroga al generale divieto di detenzione e porto delle stesse.
    Questo fa una bella differenza (non solo culturale) anche se a voi, almeno di primo impatto, non sembra.

    Per quanto riguarda le fabbriche di armi, l’argomento è più complesso di come sembra lo immaginiate nel vostro scritto: almeno per rispetto delle migliaia di lavoratori che ci campano e in attesa di alternative, lascio perdere, per ora.

    Evitate, cortesemente, una risposta troppo frettolosa: nei limiti del possibile, ragionate su quanto esposto, documentatevi, poi rafforzate o modificate serenamente le vostre opinioni (non sono un catechista e ho imparato a vivere nella diversità conservando/aggiornando le mie opinioni, difendendole all’occasione e difendendo il diritto ad esprimersi anche dei miei avversari)
    Vi ricordo, anche se non è politicamente corretto ricordarlo, che la Resistenza è stata fatta con le armi: leggete i documenti dell’epoca, soprattutto quelli delle Brigate Comuniste e vedrete che tutti questi attuali pregiudizi … non esistevano proprio: l’obiettivo sacrossanto era quello di “disarmare” i fascisti e i nazisti e, concorderete, è stata una scelta ragionevole oltre che vincente)

    Fraterni saluti
    Gianleonardo Nurra

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *