Vietato lo sciopero del 9 marzo, un virus si aggira per l’Italia e non è il Covid-19, è la dittatura del mercato, la forma moderna del fascismo.
Mentre assistiamo a un complesso di dichiarazioni contraddittorie, tra chi lancia allarmi e chi tende a ridurre l’impatto delle misure di contrasto al coronavirus, intuendone gli effetti depressivi sui conti delle aziende, puntuale come una goccia arrivano le “indicazioni” della Commissione di garanzia sugli scioperi che vieta lo sciopero generale del prossimo 9 marzo in quasi tutte le categorie.
Un vero paradosso. Il governo sembra aver imboccato la strada dell’abbassamento dei toni e del ridimensionamento del problema, lancia segnali di ottimismo e invita a riaprire le scuole e a riprendere le attività nel segno del ristabilimento della normalità. Tranne poi invocare lo stato di calamità naturale e l’eccezionalità del momento per giustificare il divieto di sciopero.
Del resto il divieto arriva quasi in contemporanea con l’appello unitario (ormai è diventata un’abitudine) di Cgil Cisl e Uil con Confindustria e le altre organizzazioni datoriali su come affrontare le difficoltà prodotte dall’emergenza sanitaria. Un vero e proprio richiamo all’unità nazionale, suggellato oggi anche dalla ciliegina della Commissione, con un rispolverato patto tra produttori.
Siamo un paese infetto, è vero. Ma il virus in circolazione è la dittatura del mercato, la forma moderna del fascismo.
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