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L’insostenibile modello della sanità privata/2.

Prosegue l’inchiesta sui danni provocati in Italia dalla sanità privata e dalla privatizzazione della sanità.

Il business delle assicurazioni sulla sanità integrativa oggi trema, ma pensa già al “dopo”

In un suo recente articolo, Marie Solis (VICE) ha definito il Coronavirus il «disastro perfetto per il Capitalismo dei disastri» ed ha intervistato l’attivista e scrittrice Naomi Klein che nel 2007 pubblicò il volume The shock doctrine. La Klein nel suo libro definisce il “Capitalismo dei Disastri” come «dei raid orchestrati contro la sfera pubblica in seguito a eventi catastrofici, legati a una visione dei disastri come splendide opportunità di mercato» e sostiene che esso sia una delle principali tecniche di funzionamento del capitalismo contemporaneo.

Secondo la Klein, già in queste settimane stiamo assistendo alle prime manovre di “libero mercato”, volte a battere sul tempo e a prevenire la naturale tendenza verso politiche economiche e sociali più progressiste. Le soluzioni neoliberiste propugnate per fronteggiare la pandemia globale sono dunque le stesse di sempre e rientrano a pieno titolo in quella dottrina dello shock ormai ben rodata. Quindi, secondo questo assunto, per il Capitalismo “tutto resterà come sempre”.

La Shock Economy all’italiana si è vista in moto non più tardi di 10 anni fa, in occasione del terremoto de L’Aquila, quando una città che stava ancora contando i suoi morti è stata trasformata nel più grande “cantiere d’Italia”.

Con tali presupposti, viene da domandarsi – tremando – quali saranno dunque le opportunità di mercato che verranno individuate dalle lobby economiche e dai vari gruppi di interesse privati che si imporranno per gestire il post-emergenza in Italia.

La sanità, l’industria assicurativa e l’industria farmaceutica sono indiscutibilmente in cima alla lista.

L’attuale emergenza sanitaria sta mandando in fibrillazione tutto il settore assicurativo: negli ultimi giorni molte compagnie hanno lanciato sul mercato nuove coperture “COVID2019” o, in alternativa, hanno integrato le precedenti polizze malattie con clausole ad hoc che vedono riconoscere indennizzi forfettari per eventuali ricoveri in terapia intensiva e convalescenze dovute al contagio.

Il marketing strategico di queste compagnie assicurative punta tutto, nel breve periodo, sul collasso del Servizio Sanitario Nazionale e sulla montante ipocondria del momento che induce le persone a sottoporsi a maggiori accertamenti sanitari per escludere la presenza di patologie indirettamente connesse al virus. Sul lungo periodo punta invece sulla dinamica della spesa sanitaria privata a consumo crescente e sul relativo bisogno di “protezione” che la paura della pandemia lascerà e che resterà di fatto il core-business dell’industria assicurativa.

Durante queste settimane, alcuni lavoratori del Pubblico Impiego, di Enti di Ricerca Pubblici e Università si sono visti dunque recapitare via mail la presentazione di questi nuovi piani di assistenza sanitaria integrativa. La platea dei lavoratori a cui vengono proposti questi piani sanitari – e in molti casi imposti sotto forma di welfare aziendale (in cambio di cessione di salario reale) a causa di un infausto accordo siglato tra sindacati confederali e Confindustria – diventa però di anno in anno sempre più ampia.

Nell’”Indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale” apertasi alla Camera dei Deputati il 19 febbraio 2019, il Direttore Generale della Programmazione sanitaria del Ministero della salute, Andrea Urbani, sostiene che: «i fondi sanitari che erogano prestazioni integrative e sostitutive del Servizio Sanitario Nazionale, sono 311 e vedono iscritti 10,6 milioni di cittadini: 7,5 milioni lavoratori dipendenti e non, 2,1 milioni i relativi familiari, oltre a circa 700.000 pensionati. […]

Tutti questi fondi godono di benefici fiscali e contributivi incrementati con la Legge di Bilancio 2016 e 2017, estesi anche ai fondi di welfare aziendale, fino a una decontribuzione o defiscalizzazione di 3.600 euro ad iscritto». L’AD di RBM Assicurazione Salute precisa poi che «6 milioni di persone sono assicurate attraverso fondi sanitari istituiti dalla contrattazione collettiva nazionale, quindi fondi chiusi legati alla tipologia di CCNL applicato al lavoratore, 4,9 milioni sono legati a polizze collettive istituite dalle aziende per il proprio personale e che tra queste c’è una quota rilevante anche di aziende della Pubblica Amministrazione e di Enti dello Stato».

Le questioni che emergono evidenti da questa indagine conoscitiva sono che la sanità integrativa poggia prevalentemente su un impianto legato alla contrattazione collettiva e che le prestazioni integrative erogate da questi Fondi si aggirano intorno al 39% il che equivale a dire che il 61% delle prestazioni risultano essere sostitutive di quelle del SSN.

Inoltre, l’onere complessivo a carico del bilancio pubblico per sostenere la spesa sanitaria privata è valutabile intorno ai 5,7 miliardi di Euro (dati riferiti al 2017) con una tendenza in aumento che si sviluppa in parallelo alle restrizioni crescenti per il finanziamento al SSN.

Estremamente critico in tal senso è anche il Rapporto GIMBE pubblicato a giugno 2019 secondo cui i «fondi sanitari integrativi e il welfare aziendale costituiscono un sofisticato strumento di privatizzazione che aumenta le disuguaglianze sociali ed il consumismo sanitario facendo leva sulle inefficienze del SSN (tempi di attesa) e su un concetto distorto di prevenzione (più esami = più salute)» oltreché essere uno strumento in grado di convertire in privilegi e benefit quelli che dovrebbero essere dei diritti universali.

Una moltiplicazione degli sprechi che incrementa i profitti dell’intermediazione finanziaria e assicurativa invece che riservare finanziamenti per il potenziamento del SSN. Come accettare dunque il paradosso secondo cui Enti e Università statali che fanno Ricerca Pubblica o hanno Dipartimenti di Scienze e specialità mediche stipulino poi contratti per piani di assistenza sanitaria privata alimentando, così facendo, la progressiva espansione di un servizio sanitario “parallelo”?

Si tratta di una deriva estremamente pericolosa che usa come modello il sistema sanitario assicurativo e privatistico americano che oggi molti analisti ritengono assolutamente inadeguato per fronteggiare la peggiore crisi sanitaria globale e che porterà gli Stati Uniti verso un disastro annunciato.

Come siamo arrivati a tutto questo e come poter invertire la rotta?

Alla fine degli anni ’70 l’Italia ha scalato i vertici delle classifiche degli indicatori sanitari mondiali grazie alle conquiste sociali di quegli anni, tra cui proprio l’introduzione di un sistema sanitario universalistico. Negli ultimi vent’anni il costante definanziamento (circa 37 miliardi di euro tra il 2010 e il 2019 secondo l’Osservatorio GIMBE), le progressive privatizzazioni, esternalizzazioni e regionalizzazioni hanno portato ad un’inversione ad U tutt’ora in atto con un conseguente indebolimento del welfare universale, una funzione dello Stato sempre più marginale e soluzioni sempre più individualistiche e corporative.

Le responsabilità di tutto questo vanno rintracciate nelle tante raccomandazioni ricevute dal Governo Italiano dalla Commissione Europea in merito ai tagli alle varie voci della spesa pubblica nell’ottica del rispetto dei vincoli di bilancio, nella lettera inviata dalla BCE del 2011 firmata da Draghi e Trichet che ha innestato il pilota automatico a cui hanno fatto seguito i Governi Monti, Letta, Renzi e Gentiloni, oltre che nei tanti egoismi regionalistici oggi drammaticamente sotto ai nostri occhi.

In questo senso, alcuni provvedimenti “temporanei” intrapresi in queste settimane dalla Regione Lombardia sembrano continuare a seguire questa direzione: un rafforzamento ed una istituzionalizzazione della sanità privata che pare predisporre il campo ad interventi strutturali che dopo l’emergenza COVID-19 risulteranno permanenti.

Per far sì che niente sia più davvero come prima è necessario che l’opinione pubblica maturi una nuova coscienza collettiva che difenda il Servizio Sanitario Nazionale Universale da tutte le speculazioni e dai tanti egoismi che proveranno ad imporsi non appena l’emergenza sarà finita. (segue)

*Potere al Popolo

Prima parte: L’insostibile modello della sanità privata

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