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Dai medici dell’ospedale di Bergamo un duro atto di accusa

La lettera dei medici dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo al New England Journal of Medicine, che Fabio Sabatini, professore associato alla Sapienza di Roma,  ha tradotto.

Un grido di allarme struggente e un atto di accusa durissimo.

Lavoriamo all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, una struttura all’avanguardia con 48 posti di terapia intensiva. Nonostante Bergamo sia una città relativamente piccola, è l’epicentro dell’epidemia con 4305 casi, più di Milano e di qualsiasi altro comune nel paese.

Il nostro ospedale è altamente contaminato e siamo già oltre il punto del collasso: 300 letti su 900 sono occupati da malati di Covid-19. Più del 70% dei posti in terapia intensiva sono riservati ai malati gravi di Covid-19 che abbiano una ragionevole speranza di sopravvivere.

La situazione è così grave che siamo costretti a operare ben al di sotto dei nostri standard di cura. I tempi di attesa per un posto in terapia intensiva durano ore. I pazienti più anziani non vengono rianimati e muoiono in solitudine senza neanche il conforto di appropriate cure palliative. Le famiglie non possono avere alcun contatto coi malati terminali e sono avvisate del decesso dei loro cari per telefono, da medici benintenzionati ma esausti ed emotivamente distrutti.

Nelle zone circostanti la situazione è anche peggiore. Gli ospedali sono sovraffollati e prossimi al collasso, e mancano le medicazioni, i ventilatori meccanici, l’ossigeno e le mascherine e le tute protettive per il personale sanitario. I pazienti giacciono su materassi appoggiati sul pavimento.

Il sistema sanitario fatica a fornire i servizi essenziali come l’ostetricia, mentre i cimiteri sono saturi e (l’accumulazione dei cadaveri, ndt) crea un ulteriore problema di salute pubblica.

Il personale sanitario è abbandonato a se stesso mentre tenta di mantenere gli ospedali in funzione. Fuori dagli ospedali, le comunità sono parimenti abbandonate, i programmi di vaccinazione sono sospesi e la situazione nelle prigioni sta diventando esplosiva a causa della mancanza di qualsiasi distanziamento sociale.

Siamo in quarantena dal 10 marzo. Purtroppo il resto del mondo sembra non essersi accorto che a Bergamo l’epidemia è fuori controllo.

I sistemi sanitari occidentali sono stati costruiti intorno al concetto di patient-centered care (un approccio per cui le decisioni cliniche sono guidate dai bisogni, dalle preferenze e dai valori del paziente, ndt). Ma un’epidemia richiede un cambio di prospettiva verso un approccio community-centered care. Stiamo dolorosamente imparando che c’è bisogno di esperti di salute pubblica ed epidemie. A livello nazionale, regionale e di ogni singolo ospedale ancora non ci si è resi conto della necessità di coinvolgere nei processi decisionali chi abbia le competenze appropriate per contenere i comportamenti epidemiologicamente pericolosi.

Per esempio, stiamo imparando che gli ospedali possono essere i principali veicoli di trasmissione del Covid-19, poiché si riempiono rapidamente di malati infetti che contagiano i pazienti non infetti. Lo stesso sistema sanitario regionale contribuisce alla diffusione del contagio, poiché le ambulanze e il personale sanitario diventano rapidamente dei vettori. I sanitari sono portatori asintomatici della malattia o ammalati senza alcuna sorveglianza.

Alcuni rischiano di morire, compresi i più giovani, aumentando ulteriormente le difficoltà e lo stress di quelli in prima linea.

Questo disastro poteva essere evitato soltanto con un massiccio spiegamento di servizi alla comunità, sul territorio. Per affrontare la pandemia servono soluzioni per l’intera popolazione, non solo per gli ospedali.

Cure a domicilio e cliniche mobili evitano spostamenti non necessari e allentano la pressione sugli ospedali. Ossigenoterapia precoce, ossimetri da polso, e approvvigionamenti adeguati possono essere forniti a domicilio ai pazienti con sintomi leggeri o in convalescenza. Bisogna creare un sistema di sorveglianza capillare che garantisca l’adeguato isolamento dei pazienti facendo affidamento sugli strumenti della telemedicina.

Un tale approccio limiterebbe l’ospedalizzazione a un gruppo mirato di malati gravi, diminuendo così il contagio, proteggendo i pazienti e il personale sanitario e minimizzando il consumo di equipaggiamenti protettivi.

Negli ospedali si deve dare priorità alla protezione del personale medico. Non si possono fare compromessi sui protocolli; l’equipaggiamento deve essere disponibile. Le misure per prevenire il contagio devono essere implementate massicciamente, in tutti i luoghi compresi i veicoli. Abbiamo bisogno di strutture ospedaliere interamente dedicate al Covid-19 e separate dalle aree non contagiate.

Questa epidemia non è un fenomeno che riguarda soltanto la terapia intensiva, è una crisi umanitaria e di salute pubblica. Richiede l’intervento di scienziati sociali, epidemiologi, esperti di logistica, psicologi e assistenti sociali. Abbiamo urgente bisogno di agenzie umanitarie che operino a livello locale.

L’OMS ha lanciato l’allarme sugli allarmanti livelli di inazione (dei paesi occidentali, ndt). Sono necessarie misure coraggiose per rallentare l’infezione. Il lockdown è fondamentale: in Cina il distanziamento sociale ha ridotto la trasmissione del contagio di circa il 60%. Ma non appena le misure restrittive saranno rilassate per evitare di fermare l’economia, il contagio ricomincerà a diffondersi.

Abbiamo bisogno di un piano di lungo periodo per contrastare la pandemia.

Il coronavirus è l’Ebola dei ricchi e richiede uno sforzo coordinato e transnazionale. Non è particolarmente letale, ma è molto contagioso. Più la società è medicalizzata e centralizzata, più si diffonde il virus.

La catastrofe che sta travolgendo la ricca Lombardia potrebbe verificarsi ovunque.”


Nota: la lettera originale si trova qui: https://catalyst.nejm.org/doi/full/10.1056/CAT.20.0080

 * da BergamoNews

Gli autori sono

Mirco Nacoti,

Andrea Ciocca,

Angelo Giupponi,

Pietro Brambillasca,

Federico Lussana,

Michele Pisano,

Giuseppe Goisis,

Daniele Bonacina,

Francesco Fazzi,

Richard Naspro,

Luca Longhi,

Maurizio Cereda

Carlo Montaguti

Vedi anche https://contropiano.org/news/politica-news/2020/03/29/a-bergamo-hanno-sacrificato-operai-ed-anziani-0125974

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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12 Commenti


  • Rita

    Speriamo che qualcuno vi ascolti concordo anche se non sono un medico con quanto esposto


  • Vasco

    Concordo totalmente a quanto esposto. Come per i vigili del fuoco dell’ 11 settembre voi siete coloro che a tragedia finita dovrete manifestare assieme a noi il disdegno totale a questa classe politica inetta e incapace.


  • Marco

    Ma i malati immagino provengano da fuori Ospedale? Oppure ci malati i altri reparti?


  • Stefania

    Quanta verita’…..gli unici a dire cosa andrebbe fatto siete voi ❤️ siete voi il nostro salva vita.❤️


  • Maria

    Spero lo leggano L Assessore Razza E ILPresidente Musumeci! Che imparino dagli errori fatti in lombardia . Agite presto.


  • Cosimo Marinozzi

    Il caro presidente del consiglio anziché farsi elogi immeritevoli e raccontare la solita pappardella di un ora in tv ,dovrebbe dire queste cose, non voi dottori e personale tutto dell’ospedale, noi che viviamo nel terrore vj crediamo in tutto e comprendiamo l’immane pericolo che rischiate in trincea ogni giorno .I complimenti del presidente e gli applausi di tutti i politici non bastano a risolvere i molteplici problemi. Ci vuole assolutamente ed urgentemente un intervento scientifico di competenti che sappiano gestire ciò che potrebbe salvare tante vite umane.


  • Teresa Di vita

    Non avrei mai immaginato una cosa simile! Povero personale sanitar
    io che lotta in prima linea! Il presidente sel consiglio dovrebbe darsi da fare per provvedere almeno al materiale che hanno bisogno, senza discorsi inutili . Stiamo diventando il popolo più ridicolo dell’Europa! Che Iddio ci aiuti e ci salvi!


  • Albiero

    Bergamo e’ il paradigma di come anche un sistema altamente efficente come gli ospedali lombardi, possa venire travolto da una inadeguata capacita’ organizzativa e da una classe politica affamata solo di visibilita’ e riflettori.


  • Annamaria Doniselli

    In questo ospedale lavorano solo medici uomini??condivido il loro pensiero ma adesso che non ci sono protocolli per epidemie come ci dobbiamo comportare?poco serve la teoria ci vogliono risorse umane, tecnologiche e DPI efficaci a garantire un recupero fisico sufficiente a non commettere errori di percorso,la stanchezza e il tempo sono due variabili che incidono sull’efficacia delle cure


  • abele ferro

    Non mi piace.
    Purtroppo mi fa pensare alla ritirata di Caporetto. Non è così. Non è una caporetto. Capisco lo sforzo disumano di chi è in prima linea. La frustrazione di combattere una guerra in montagna con gli scarponi di cartone. Del sentirsi abbandonati in prima linea ma non è momento dello sconforto e di alzare la voce . Adesso per bergamo e non solo è ancora più il momento di non mollare. Di mettere giù la testa e tirare su con il naso perché non puoi togliere la mascherina e poi quando sarà il momento dovranno, per Dio si che dovranno, darci un sacco di risposte.
    Forza ragazzi non mollate. La partita finisce quando finisce.
    Siamo con tutti voi e non permetteremo che nessuno se ne dimentichi.
    Un abbraccio a distanza. Abele Ferro


  • Enzo

    Considerazioni sacrosante. Riconoscenza a tutti gli operatori che rischiano la vita per tutti noi.
    Quando verrà il tempo delle riflessioni si dovrà pensare a tutto, anche alla gestione dei pronto soccorso e degli ospedali che si sono, anche loro, dimostrati privi di protocolli funzionali a gestire un’emergenza simile.
    Nessuno aveva mai palesato, almeno in pubblico, simili carenze a livello gestionale e amministrativo
    Gli accessi al pronto soccorso, il passaggio promiscuo per i medici e gli infermieri che andavano da un reparto ad un altro.
    È una prova terribile su cui di dovrà riflettere, studiare e poi agire
    Sarà un percorso lungo e costosissimo.
    Speriamo, come paese, di essere all’altezza.


  • Giovanni Puglisi

    Purtroppo con dolore concordo con quanto evidenziato dai colleghi di Bergamo. Ho chiuso la mia attività di Direttore del Dipartimento di Prevenzione di Messina da sconfitto perché quando evidenziavo a Direttori Generali, a Direttori Regionali preposti da scelte politiche qualcuno diceva che ero Geremia e continuavano e ancora continuano le loro programmazioni sanitarie scellerate e inefficienti. Se la stampa, i suggeritori politici e i decisori locali, regionali e nazionali riescono a riflettere e cambiare rotta forse il sacrificio di molte vite innocenti non sarà vano. Tutti i cittadini abbiamo il dovere di vigilare sull’applicazione della prevenzione …sempre in rapporto al ruolo che occupiamo nella società. Giovanni Puglisi

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