Almeno 7 errori nella gestione dell’emergenza coronavirus in Lombardia hanno prodotto “la situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra regione, anche rispetto a realtà regionali” vicine.
Li passa in rassegna la Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fromceo), in una nuova lettera indirizzata ai vertici della sanità lombarda.
Sotto accusa una “evidente assenza di strategie relative alla gestione del territorio” e “l’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica“, in un contesto in cui “la sanità pubblica e la medicina territoriale – sostengono i firmatari – sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra regione“.
“A fronte di un ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari“, i camici bianchi lombardi elencano 7 criticità “a titolo di esempio non esaustivo“.
Un atto d’accusa senza mezzi termini, che tocca in maniera esclusiva le responsabilità dei vertici della Regione Lombardia. In aggiunta, potremmo portare i servizi della trasmissione Report, RaiTre, che hanno confermato in pieno quanto scritto da Contropiano all’indomani del decreto dell’8 marzo.
Quando, cioè, tutti si aspettavano la dichiarazione di “zona rossa” per i Comuni della Val Seriana (Bergamo) e altri paesi con tassi altissimi di contagiati. Arrivò invece la fissazione di una “zona arancione” per tutta la Lombardia e altre 14 province del Nord, senza alcuna chiusura né di attività produttive (tranne Bar, ristorante e in genere l'”economia del tempo libero”).
Ossia senza alcun effetto pratico sulla circolazione del virus, tant’è vero che – al contrario – l'”effetto annuncio” convinse molte persone a “fuggire” dalla regione verso il Sud. Ovviamente tra loro c’erano già molti contagiati – consapevoli e inconsapevoli – contribuendo così a diffondere la pandemia.
In quella decisione cervellotica del governo Conte noi avevamo “sospettato” – non era un grande sforzo di fantasia – che ci fosse stato un pesante intervento della Confindustria locale oltre che della stessa giunta leghista lumbard.
La quale, nelle stesse ore, emanava una “delibera” che chiedeva alle case di riposo per anziani di ospitare “malati Covid-19 leggeri”, dando il là alla strage che oggi diventa evidente in tutta la sua dimensione, allertando persino una magistratura milanese sempre molto riguardosa nei confronti del potere (anche “mani pulite” fu una resa dei conti interna all’establishment).
Non basta. Avevamo sempre criticato ferocemente sia la pretesa degli industriali – in particolare quelli bergamaschi e bresciani – di continuare l’attività anche mentre operai, autotrasportatori, ecc, intorno cadevano come mosche in preda al contagio. E altrettanto l’oscena “sanità lombarda”, per metà privatizzata e con il presidio territoriale quasi cancellato per volontà della Lega e della destra in genere fin da prima di Formigoni.
Da Report abbiamo potuto avere la conferma con le prove. Una delle famiglie più ricche d’Italia, i Rocca, proprietari della Tenaris di Dalmine (tra i principali produttori mondiali di tubature per l’estrazione e trasporto di petrolio), con sede legale nelle… Antille Olandesi per evadere un po’ di tasse, è anche proprietaria dell’Humanitas, principale ospedale privato di Bergamo.
E all’esplosione dell’epidemia la proprietà dell’ospedale “ricordava” al governo che la disponibilità di posti letto per malati di coronavirus era naturalmente subordinata allo sforamento “dei tetti di spesa” in precedenza concordati.
Riassumendo: la famiglia Rocca, ha le seguenti responsabilità:
- tenendo aperta la Tenaris ha fatto da capofila a tutte le aziende locali che non volevano assolutamente chiudere;
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ha facilitato così la diffusione del virus che sta facendo strage nella provincia di Bergamo e soprattutto in Val Seriana;
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ha fatto pressione sul governo, insieme a Confindustria, perché non fosse dichiarata alcuna “zona rossa” nelle aree focolaio;
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come proprietaria dell’Humanitas ha guadagnato e sta guadagnando – chiedendo oltretutto un “sovrapprezzo” – sulla stessa diffusione del virus, che sta peraltro falcidiando il personale medico di quelle cliniche, come testimoniato anche su questo giornale.
Siamo abituati da sempre a vedere i padroni dare ordini ai governi, mischiare interesse pubblico e attività private per aumentare con molta facilità i profitti (vogliamo ricordare Benetto, le Autostrade e il crollo di Ponte Morandi?). Ma che questo avvenga, in queste forme infami e stragiste, anche nel pieno di un’epidemia dalle dimensioni planetarie… ecco, questo restituisce davvero l’identità più profonda di una classe dirigente che si può solo spazzare via.
In un Paese normale, questa gente – insieme ai Fontana e ai Gallera, messi lì per eseguirne gli ordini e favorirne gli interessi, verrebbero immediatamente espropriati, incarcerati e mandati a processo.
Il reato è già previsto dal Codice Penale, all’art. 438:“Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni [1] è punito con l’ergastolo”. Senza neanche citare il secondo capoverso, che riguarda gli stati d’eccezione (come quello in corso!) che prevede invece “la pena di morte”.
Pena drastica, ma certo non sproporzionata, in questo caso.
Qui di seguito, l’atto d’accusa dei medici della Lombardia.
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La Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia, riunita in data 05/04/2020, ha preso in esame la situazione relativa all’epidemia da COVID19 in corso.
Non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità, ma la presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi.
Ricordiamo in generale come, a fronte di un ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari, sia risultata evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio.
Ricordiamo, a titolo di esempio non esaustivo:
1) La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’ esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti.
2) L’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio
3) La gestione confusa della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese).
4) La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (MMG, PLS, CA e medici delle RSA) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.
5) La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, ecc…)
6) La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio.
7) Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero.
La situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra Regione, anche rispetto a realtà regionali viciniori, può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica. La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra Regione.
La situazione al momento risulta difficile da recuperare, ma si vogliono riportare di seguito alcune indicazioni, che, a detta della scrivente Federazione, potrebbero, se attuate, contribuire alla limitazione dei danni, specie nel momento di una ripresa graduale delle attività, prevedibile nel medio-lungo termine.
Per quanto riguarda gli operatori sanitari la proposta è di sottoporre tutti a test rapido immunologico, una volta ufficialmente validato, e, in caso di riscontro di presenza anticorpale (IgG e/o IgM), sottoporre il soggetto a tampone diagnostico. In caso di positività in assenza di sintomi potrebbe essere da valutare la possibilità, in casi estremi con l’attribuzione di specifiche responsabilità e procedure, di un’attività solo in ambiente COVID, sempre con protezioni individuali adeguate. Il test immunologico andrebbe ripetuto con periodicità da definire negli operatori sanitari risultati negativi.
Per quanto riguarda le attività non sanitarie sembra raccomandabile un’estesa effettuazione di test rapidi immunologici per discriminare i soggetti che non hanno avuto contatto con il virus, soggetti che si possono riavviare al lavoro. Per i soggetti nei quali si rileva la presenza di immunoglobuline (IgG o IgM) sembra indicata l’esecuzione del tampone diagnostico. In tal senso si raccomanda di potenziare al massimo tale attività diagnostica e di procedere prima ad indagare i soggetti che risultano urgente riammettere al lavoro, in quanto addetti ad attività ritenute di prioritario interesse, in funzione della disponibilità di tamponi.
La ripresa del lavoro dovrebbe essere subordinata all’effettuazione del test immunologico rapido di screening, non risultando in letteratura alcun termine temporale valido per la quarantena post malattia, anche se decorsa in forma paucisintomatica.
È evidente come tale procedura comporti un rilevante impiego di risorse, soprattutto umane, ed è altresì evidente come la stessa, al momento, sia l’unica atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza.
A tale scopo Regione Lombardia dovrà mettere in campo tutte le risorse umane ed economiche disponibili.
Naturalmente quanto sopra dovrà essere accompagnato dall’uso costante, per tutta la popolazione e in particolare nei luoghi di lavoro, di idonei comportamenti e protezioni.
La ripresa potrà quindi essere solo graduale, prudente e con tempi dettati dalla necessità di mettere in campo le risorse sopracitate. E’ superfluo segnalare come qualsiasi imprudenza potrebbe determinare un disastro di proporzioni difficili da immaginare e come le misure di isolamento sociale siano da potenziare e applicare con assoluto rigore.
Da ultimo, la FROMCeO lombarda ha preso in considerazione la questione, sollevata da molti colleghi, della mancanza di protocolli di terapia sul territorio. Il problema è stato in gran parte determinato anche dalla esigenza di trattare a domicilio pazienti che ordinariamente sarebbero stati inviati in ospedale, ma che non hanno potuto essere accolti per saturazione dei posti letto. FROMCeO raccomanda ai colleghi di non affidarsi a protocolli estemporanei non validati e ad attenersi alle indicazioni di AIFA e di Regione, utilizzando la massima cautela.
Nell’esprimere le considerazioni di cui sopra, FROMCeO ritiene di svolgere le proprie funzioni di organo sussidiario dello Stato ed esprime disponibilità ad un confronto costante con le Istituzioni preposte alla gestione dell’emergenza. Spiace rimarcare come tale collaborazione, più volte offerta, non sia ad oggi stata presa in considerazione.
Cordiali saluti.
I presidenti degli ordini provinciali della Regione Lombardia (FROMCeO)
Dr. Spata Gianluigi – Como (Presidente FROMCeO)
Dr. Ravizza Pierfranco – Lecco (Vicepresidente FROMCeO)
Dr. Marinoni Guido – Bergamo
Dr. Di Stefano Ottavio – Brescia
Dr. Lima Gianfranco – Cremona
Dr. Vajani Massimo – Lodi
Dr. Bernardelli Stefano – Mantova
Dr. Rossi Roberto Carlo – Milano
Dr. Teruzzi Carlo Maria – Monza Brianza
Dr. Lisi Claudio – Pavia
Dr. Innocenti Alessandro – Sondrio
Ordine Provinciale dei Medici Chirurgi e degli Odontoiatri di Varese
Per i presidenti Dr. Gianluigi Spata Presidente FROMCeO
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Maria Gabriella Donnini
Molto interessante e purtroppo scandaloso che alla base di tutto ci sia solo l’interesse economico di pochi super ricchi e lo sfacelo economico sarà di tutto il povero popolo italiano.
Giuseppe
Già anni fa lo scandalo del Trivulzio aveva annullato la classe politicha di allora,il famoso “mani pulite” Purtroppo non è bastato,il sistema economico è da sempre in mano a questi individui,nel 900 scatenavano le guerre mondiali,ora lo fanno con i virus
Antonietta
Spero che la fase 2 venga gestita con responsabilità.
L’Italia ha bisogno di ripartire, l’economia è allo sfacio, ma non possiamo farlo sulla pelle dei lavoratori.
Lo Stato deve attivare condizioni di aiuto economico alle famiglie, denunciare penalmente chi si é macchiato di sciacallaggio e chiedere che venga applicata la legge Valpreda, attraverso un processo per direttissima che stabilisca subito un congruo anticipo economico da saldare a procedimento concluso e conti fatti al centesimo
Flavia Di Cino
Complimenti.
TENARIS – GRUPPO TECHINT CORRUZIONE COME MODELLO AZIENDALE
Ciò che è accaduto a Bergamo corrisponde a una politica aziendale che presuppone che i grandi conglomerati commerciali transnazionali si dissocino sempre da qualsiasi tipo di atto criminale a qualsiasi livello e partecipazione. Il gruppo TECHINT in Argentina, in particolare TENARIS all’interno delle società del gruppo, ha una lunga tradizione di violazione dei diritti umani. La violazione dei diritti umani è un paradigma che contribuisce alla condotta aziendale predatoria; in primo luogo, contro i suoi dipendenti e poi contro l’intera comunità. Un paradigma che si rafforza con la concrezione di ciascuno degli atti predatori; come è accaduto in Argentina, con licenziamenti senza causa e senza pagare le indennità di legge e la persecuzione umana dei dipendenti (come nel mio caso), e, sfortunatamente, è accaduto anche a Bergamo con la pressione di non dichiarare la zona rossa e prevenire la diffusione della malattia nella comunità, come riporta la nota.
Vorrei informarvi che, su richiesta della Procura di Milano, ho presentato una relazione per il processo sulla presunta corruzione internazionale ai signori Paolo ROCCA, Gianfelice ROCCA, Roberto BONATTI e la società SAN FAUSTÍN.
tenaris-y-techint-corrupcion-como-modelo-de-negocios-informe-que-he-elevado-a-la-fiscalia-de-milan-nov-2018/
Infine, ho inviato un messaggio al Commissario per il Diritti Umani, la Signora Michelle Bachelet in cui chiedo l’intervento delle Nazioni Unite nelle indagini sull’Argentina per violazione dei diritti umani di TENARIS, indagini in ritardo per decenni.
to-united-nations-high-commissioner-for-human-rights-m-bachelet-request-to-intervene-in-investigations-on-continuous-violation-of-human-rights-in-argentina-by-the-techint-group-with-the-support-o/
Flavia Di Cino, scrittrice. Argentina
https://byfdicino.wordpress.com/flavia-di-cino-cv-contact/