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La Nato entra in guerra… contro le “fake news”?

Ci aveva abituato alle manovre militari con carri armati, navi ed aerei, ricordiamo l’installazione degli euromissili in Europa o dei sistemi antimissile ai confini, la ricordiamo protagonista dell’aggressione militare contro la ex Jugoslavia. Ma che la Nato del 2020 dichiari guerra alle fake news è decisamente un passaggio che colpisce e ci incuriosisce.

A esplicitare questa priorità strategica è stato proprio il segretario della Nato, un caso di nomen omen visto che si chiama Stoltenberg.

Secondo Stoltemberg la minaccia sono la Cina e la Russia che con la loro propaganda, con la loro disinformazione sul Covid 19 sono impegnate in atti destabilizzanti contro l’Occidente per guadagnare influenza politica sui partner di Nato ed Unione europea.

In una intervista al quotidiano La Repubblica, ormai completamente embedded nella Nato dopo il recente cambio di proprietà e direzione, Stoltemberg sostiene che “Attori governativi e non governativi cinesi e russi hanno diffuso una massa di disinformazione e propaganda per distorcere la verità”.

Per il segretario della Nato si tratta di un atteggiamento sbagliato, di “un tentativo di Mosca e Pechino di influenzare il dibattito nei partner di Nato e Unione europea, non vedo altra ragione di tanta propaganda e disinformazione”.

Insomma quella che nella Guerra Fredda era la disinformatja, torna ad inquietare la fiducia reciproca e i rapporti euroatlantici. Stoltemberg denuncia “la disinformazione propagata con dichiarazioni pubbliche di soggetti governativi cinesi e russi, c’è tutto un filone di false notizie da fonti nascoste. Un esempio lampante è la fake news secondo la quale la Nato sarebbe stata in procinto di ritirare le truppe dalla Lituania a supporto della quale è stata fatta circolare una falsa lettera a mia firma”.

Il segretario della Nato non dice molto di più ed è costretto ad ammettere di non poter entrare in “dettagli di intelligence”, ma è chiaro che “non è stata l’opera di un dilettante bensì parte di una campagna organizzata e molto complessa spalmata su varie piattaforme e tradotta in diverse lingue. Dobbiamo rimanere molto vigili”.

Ma qual è la vera preoccupazione che rivela questa intervista e l’ossessione che manifesta? E’ l’indebolimento, la perdita di credibilità e l’insignificanza di prospettive economiche comuni dell’alleanza e degli storici rapporti euroatlantici. Stati Uniti ed Unione Europea fanno a sportellate sui dazi e le relazioni commerciali; le sanzioni Usa e Ue hanno chiuso all’Italia e ai paesi europei i mercati come la Russia, l’Iran, il Venezuela etc., dentro l’Unione Europea crescono le spinte centrifughe e l’insofferenza verso la supremazia tedesca; il modello mercantilista fondato sull’export sconta la precipitazione dei “mercati altrui” e viene emergendo la necessità di rafforzare la domanda interna ai vari paesi.

In questa crepa si è inserita rapidamente la Cina fornendo mercato e investimenti, agisce la Russia fornitrice di risorse energetiche e di mercati nell’est. La tempestività e l’enfasi sugli aiuti cinesi, russi, cubani durante la prima fase della pandemia di Covid 19 in Italia e, contestualmente, l’assenza e la scarsezza degli aiuti dei partner euroatlantici, hanno scosso profondamente percezioni e rendite di posizione storiche su chi sono e potranno essere gli amici di domani.

Che questo sia una contraddizione ormai aperta lo si capisce dalle parole di Stoltemberg nell’intervista a La Repubblica: “Io ho mobilitato la Nato e gli alleati hanno fatto molto per aiutarsi reciprocamente contro il virus. In generale, sono i governi a decidere se accettare assistenza da chi è disponibile a offrirla. Però è importante che gli aiuti non siano usati per disinformare”. E si capisce anche che la partita è tutt’altro che chiusa: “Dobbiamo essere pronti a una seconda ondata di contagi: se e quando ci sarà, dovremo avere aumentato la nostra resilienza assicurandoci la capacità di non perdere il controllo delle infrastrutture critiche”.

La sostanza di questo ragionamento? Se state nella Nato e nell’Unione Europea dovete accettare di buttare un mucchio di soldi per le spese militari, di vedere precipitare le condizioni di vita della popolazione e il valore delle vostre aziende. Noi le acquisteremo a due soldi e vi daremo una mano a tenere le proteste sociali sotto il tallone di ferro dichiarando che siete comunque una democrazia. Ma guai se accetterete di commerciare o agevolare gli investimenti cinesi in Italia.

Un messaggio chiaro che richiederebbe anche nel nostro paese una risposta altrettanto chiara: lo sganciamento dalla vecchia e ormai suicida gabbia euroatlantica, una politica estera neutrale e di non allineamento, una proiezione delle relazioni econoniche e commerciali internazionali dell’Italia senza più i vincoli che la stanno strangolando ormai da decenni.

 

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