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Quell’imprenditore vicentino che “non si poteva fermare”

Due sentite parole, la vicenda del manager vicentino della Laserjet, le merita.

La notizia è ripetuta da tutti i media, il governatore leghista Zaia la usa per rafforzare la sua pretesa immagine da “duro”, i ministri e i giornalisti si interrogano sulla legittimità di un eventuale Tso.

Non ci vogliamo mischiare con questo circo. Non ci interessa il giudizio sul comportamento di una singola persona, ma evidenziare una “cultura diffusa”.

Zaia, che ha fatto ora segnalare ore l’imprenditore alla procura, ha cambiato idea decine di volte su aperture e chiusure della “sua” Regione, ed ha la stessa attendibilità del collega lombardo Fontana. La sua unica fortuna è stata avere tra gli esperti consultati il prof. Crisanti e averne seguito –  malvolentieri, dicono – le indicazioni. Che hanno di fatto impedito che il Nordest replicasse il disastro lumbard.

Stiamo al fatto. Un dirigente della Laserjet va in Serbia, ritorna in macchina insieme a tre colleghi (tutti positivi, ora), contrae inconsapevolmente il coronavirus, rientra a casa e riparte poi per la Bosnia.

Rientrato di nuovo in Italia comincia a manifestare i sintomi classici (febbre tosse, ecc) ma continua a lavorare e girare. Fin quando la situazione non peggiora e solo allora va al pronto soccorso di Noventa Vicentina.

Fatto il tampone, saputo di essere positivo e contagioso, ha rifiutato il ricovero ed è tornato a casa.

Da qui le versioni divergono. C’è chi lo accusa di essere tornato a fare la solita vita, andando in azienda, facendo incontri di lavoro, ecc. Mentre il figlio, che pure lo critica, afferma sia rientrato in casa con l’ambulanza e di lì non si sia mosso fino al ricovero vero e proprio in ospedale. Ma solo per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute.

Ammettiamo pure che sia vera quest’ultima, le cose cambiano di poco…

In questa storia di cronaca c’è infatti la sintesi del rapporto (contraddizione) tra logica capitalistica e vita. “Non ci possiamo fermare”, per nessuna ragione, è il vero spirito di questo modo di produrre e vivere.

Era la frase che veniva più spesso ripetuta, a fine febbraio-inizio marzo, nelle interviste fatte in Val Seriana, quando si stava preparando la “zona rossa” che poi non c’è stata per la feroce contrarietà degli imprenditori con attività in loco. Le conseguenze sono note (record mondiale di contagiati e morti in proporzione alla popolazione).

Non mi posso fermare”, si è detto anche questo manager vicentino. Neanche quando la vita in gioco era la sua. Neanche se diventi potenzialmente un bomba umana contagiosa, un kamikaze del profitto.

Se c’è una cosa che è esplosa alla luce del sole in questa pandemia è proprio questa incompatibilità manifesta tra capitalismo e vita. Non un discorso astratto, non un’analisi scientifica che – per definizione – richiede qualche studio e capacità di guardare oltre le apparenze fenomeniche.

No. Questa incompatibilità si è presentata fisicamente, toccabile con mano.

Si è manifestata nel corpo malato di un uomo che “sentiva” crescere dentro di sé la malattia – e i polmoni che si vanno riempiendo di liquido non sono davvero la cosa più piacevole da sopportare – ma sentiva ancora più forte l’imperativo di andare avanti a qualunque costo.

Perché ci sono affari da concludere, contratti da firmare, contatti da sviluppare, dipendenti da disciplinare, ricavi da conteggiare e moltiplicare (o comunque da rimettere in direzione “positiva” dopo il lockdown).

In quel corpo, lo scontro tra il Pil e la vita si è concretizzato nel modo più solare. E finché le forze lo hanno sorretto, il Pil è stato sempre più importante della vita. Anche della propria.

Poi il gioco finisce. Per un individuo come per il sistema complessivo. Il capitalismo ormai produce autodistruzione, e si vede.

E’ ora di cambiare sistema, prima che sia troppo tardi.

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9 Commenti


  • Claudia

    Bravissimi!!! È sono tutti qui, gente di sinistra compresa, a dire che ci voleva il TSO. Ma non chiedono il TSO per gli artefici di questa mentalità. Moltissimi ragazzi in Veneto hanno lasciato le scuole per ascoltare questa mentalità. Anche per questo si vota Lega. E il TSO per Fontana e Gallera che hanno ricoverato contagiati negli ospizi?!


  • Bruno Venturi

    C’è molto da pensare su che modello di vita, non solo ideologico, ma anche già fisico e tangibile stiamo lasciando ai nostri sempre più rari figli. Cosa vorremmo fosse scritto sulle nostre lapidi, dopo il nome e le date fatidiche? ” Lavoratore indefesso”? o risparmiare qualcosa anche qui, magari qualche martellata al lapicida sulla lunghezza dell’ultima parola? In fondo, alla luce di quanto succede, non cambierebbe, di molto, la verità dei fatti.


  • giovanna tedeschi

    Nessuno che si chied perché non sinpotesse fermare. Speriamo che chiuda , così sarà fatta giustizia


  • Melchiorre

    Quando la stupidità e l’avidità supera il buon senso


  • Bruno Venturi

    Cara Giovanna Tedeschi, ma chiudere un’impresa che ha dipendenti comportebbe un’immotivata e deragliante Presa della Bastiglia. Unici a rimetterci la pelle dell’almeno già floscio portafoglio sarebbero loro. Che votino Salvini o Altri o niente. Piuttosto una denuncia che configuri reati attentanti alla salute, e conseguente richiesta di indennizzo, non sarebbe male.Colpirebbe duro tutte le “suocere” che non intendo o. Ciao, una giornata buona e piena.


  • vittore

    Carissimi tutti,
    purtroppo ognuno di noi nei vari luoghi di lavoro sia di ruoli importanti e sia di ruoli minori, risulta essere un NUMERO, ovvero quella persona che ogni giorno deve creare un meccanismo tale da non fare perdere credibilità e moneta all’azienda, quest’ultima sorretta da persone che giustamente, hanno in mente di fare soldi e mantenere in positivo i bilanci, spremendo persone con capacità che a loro volta dedicano la vita e SALUTE al lavoro, trascurando ciò che ci sta circondando oggi.
    Il dover continuare senza fermarsi è un dato di fatto di molteplici aziende e ditte che in questo momento, hanno subito la perdita di parecchio lavoro (senza calcolare quelle già chiuse).
    Questa situazione e vero sì essere stata gestita “male”, ma noi ci abbiamo messo del nostro,guardando con superficialità l’emergenza ed evitando il rispetto delle normative vigenti impartite da persone con dei compiti molto delicati.
    Quello che dico è: La vita è più importante di più€ a fine mese e la salute nessuno te la ripaga, tenendo anche conto che in questi casi è più facile essere rimpiazzati… Cerchiamo di rispettare le norme e leggi vigenti, rispettando soprattutto la NOSTRA ed ALTRUI salute …
    Buon lavoro a tutti e un grande in bocca al lupo..


  • MARIA GIOVANNA PERRELLA

    Concordo in pieno con il commento di Vittore aggiungo pero’ che mi inorridisce la superficialita’ dimostrata dal dirigente andando in giro a fare l’untore (ma dopo la febbre e la tosse in questo contesto di coronavirus non si e’ posto qualche domanda?) Ravviso nel suo comportamento non solo superficialita’ ma anche malsano menefreghismo ; bisogna avere RISPETTO per il nostro prossimo.


  • Manlio Padovan

    Non occorrerebbe chiudere, basterebbe affidarla ai dipendenti; ma qui c’è una mancanza evidente di cultura che spetterebbe ai sindacati proporre e rendere affettiva.


  • Maggio

    Spero esca dalla terapia intensiva e torni a casa sano e salvo… Ma gli farei pagare fino all’ultimo centesimo ciò che la sanità italiana offre a spese dello stato. Un bel conto di qualche centinaia di migliaia di euro e cambi comportamento

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