Le 24 ore successive alla conclusione del Consiglio europeo hanno tolto definitivamente (o almeno così dovrebbe essere) le maschere a tutta l’arena politica italiana, gettando invece l’ennesimo “velo di Maya” sulla vera natura dell’Unione europea e sul passaggio consumato nei 5 giorni di vertice.
Il risultato messo nero su bianco dalle negoziazioni sta avendo l’effetto di un sondaggione sul lavoro svolto dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, uscito mediaticamente rafforzato dal “risultato portato a casa dall’Italia”, imprinting di un “nuovo corso per l’Europa”.
Il primo effetto evidente è la ricomposizione ammaestrata del fronte europeista, dai toni più entusiasti dei partiti di governo (Pd e M5S) a quelli più pacati dell’opposizione meloniana.
Solo Matteo Salvini si pone in controtendenza con il vociare politico mainstream, una reprimenda sui possibili tagli alla spesa pubblica futura del paese che tuttavia cozza irrimediabilmente con quanto fatto dalla Lega nella recente esperienza di governo. Insomma, propaganda solo per i social – e in realtà sempre meno efficace, stando ai sondaggi.
Il Pd invece per bocca del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri giudica l’accordo chiuso a Bruxelles, «dopo quattro giorni di dura trattativa, un risultato storico per l’Italia e per l’Europa. Un Recovery Fund robusto, un’opportunità unica per il nostro Paese di rilanciare la propria economia all’insegna della sostenibilità, dell’innovazione e dell’inclusione. Sono stati evitati meccanismi di governance con passaggi all’unanimità, ed anche il cosiddetto “freno di emergenza”, eventualmente attivabile solo per i pagamenti (i Piani nazionali sono approvati con maggioranza qualificata), sarà temporaneo e non intaccherà le prerogative della Commissione e i meccanismi decisionali basati sul metodo comunitario».
Più ideologico Nicola Zingaretti – in linea con il Presidente del parlamento europeo David Sassoli –, secondo cui «abbiamo vinto una grande battaglia in Europa contro i sovranisti. Grazie al Governo arriveranno centinaia di miliardi di euro per cambiare questo Paese».
«Un giorno storico che ci deve rendere orgogliosi di essere italiani. Un Consiglio europeo che ci ha consentito di portare a casa un risultato ottimo, una trattativa che si è risolta con un vero e proprio successo», si legge nel comunicato rilasciato dal M5S, a cui fa eco il “capo politico” Luigi Di Maio secondo cui «il Recovery fund è un accordo che mette al centro gli italiani e il futuro delle giovani generazioni». Fedele alla linea anche Alessandro Di Battista: «Conte ha ottenuto un risultato eccellente che solo la solita fazione di anti-italiani non riconosce».
Per Silvio Berlusconi, Forza Italia aveva «puntato sin dal principio sul Recovery Fund, io personalmente mi sono battuto perché fosse approvato senza cambiamenti di rilievo ed in effetti così è accaduto», confermando quella liaison con la maggioranza di governo che fa scricchiolare l’unione del centro-destra e traccia una linea d’intesa con lo scontato entusiasmo di Matteo Renzi, secondo cui «oggi perdono i sovranisti. Un ottimo risultato per l’Italia, un capolavoro politico per l’Europa. Davanti alla crisi l’Europa c’è e batte un colpo storico».
Più pacata per ovvie ragioni politiche (è all’opposizione) Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, che probabilmente si starà rodendo il fegato per i richiami alla “tenacia italiana” messi in campo dal M5S. «Con la coscienza a posto ora, a negoziato concluso, voglio dire che Conte è uscito in piedi ma poteva e doveva andare meglio».
Una sequela di bugie, di trucchi da illusionisti. L’ennesima rappresentazione plastica della sudditanza della nostra classetta politica nei confronti dei voleri di quella imprenditoriale, attaccata ciecamente alle filiere produttive “mittel europee”, in primis tedesche, tanto da non vedere il rovesciamento del paradigma in atto nel sistema-paese: il Nord, lungi dall’essere più la locomotiva trainante dell’economia dello stivale, esce profondamente ridimensionato (anche nell’animo, oltre che nel portafogli) dai mesi di lockdown, divenendo manodopera qualificata a basso costo per l’industria transazionale europea (in primo luogo tedesca).
La realtà è che il negoziato europeo pone una serie ipoteca sul futuro del nostro paese, ma in senso opposto da quanto affermato dal ministro degli Esteri Di Maio.
L’accordo è sì storico, ma in piena linea di continuità con il processo di integrazione europea che tanti danni ha provocato al Paese. In sostanza, come evidenziato già ieri su questo giornale, l’Unione europea (e non una inesistente “Europa politica”) conferma i suoi pilastri fatti di politiche di austerità basate sul ridimensionamento della spesa su pensioni, costo del lavoro, tempi della giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità (!) attraverso una via, peraltro impercorribile, di rientro dal debito rimandato di qualche mese, ma comunque severamente monitorato dalle istituzioni sovranazionali.
È qui che si consuma la menzogna sventolata ai quattro venti dall’apparato politico-comunicativo alla guida del paese, menzogna che fatica a contenersi anche nelle parole di Carlo Cottarelli di oggi su La Repubblica sul meccanismo dei funzionamento del “Recovery Fund”.
Il «giudizio positivo» dell’ex economista del Fondo monetario internazionale si basa infatti su due elementi: ci sono più soldi per l’Italia e i Paesi frugali non avranno quel potere extra reclamato in sede di negoziazione. Pura propaganda.
Gli 80 miliardi dei trasferimenti a fondo perduto infatti saranno probabilmente ancora inferiori rispetto alla quota che l’Italia verserà a Bilancio settennale per il finanziamento dell’Unione, anche se disponibili in tempi più brevi. In sostanza, prima ce li mettiamo noi e poi ce li ridanno “a gratis”, anche se probabilmente di meno.
Lato prestiti invece il negoziato permette all’Italia di aumentare a circa 120 miliardi quelli contraibili tramite l’emissione di titoli di debito garantiti a livello comunitario, il che da una parte garantisce un tasso d’interesse più basso visto il rating AAA dei titoli garantite da un ente dell’Ue, ma dall’altra vincola l’emissione delle tranche a precise riforme strutturali.
E se è vero che per l’erogazione delle transazioni si è evitata l’unanimità del Consiglio (crediamo mai veramente in discussione, ma solo punto di partenza “alto” per affrontare la trattativa), a questo basterà la maggioranza qualificata (Germania più frugali, per esempio…) per la loro approvazione.
Mentre per la loro sospensione saranno vincolanti i pareri, nell’ordine, della Commissione europea, del Comitato economico finanziario (organo tecnico dell’Ecofin) e in caso di impossibilità di raggiungere un accordo, eccoci, del Consiglio europeo.
Chiusura del cerchio, col risultato che Berlino si è dotata di uno strumento – una “minoranza di blocco” fondata sui “frugali”, da far scattare quando vuole – che le permetterà di dettare legge sui processi decisionali dell’Unione senza dover più passare necessariamente dalle regole comunitarie in vigore fino a oggi.
Eccola dunque la “storicità” dell’accordo, nient’altro che una stretta sui meccanismi di governance in favore dell’asse tedesco. E che questo scarto sia comunque in linea di continuità con quanto visto fino a oggi in termini di governance economica, lo ammette Cottarelli stesso.
L’art. 69 dell’Annesso al documento principale che riguarda la “sound economic governance” indica che «l’erogazione delle risorse potrebbe essere sospesa se un Paese non prendesse le misure raccomandate; per esempio, un Paese che fosse messo in procedura di deficit eccessivo e che non realizzasse le azioni correttive richieste si vedrebbe bloccare l’erogazione dei fondi».
È la generalizzazione del Mes sotto mentite spoglie, sottratto inoltre alla cagnara mediatica a cui suo malgrado questo strumento è stato sottoposto negli ultimi mesi. Altro che grande successo, il vertice sancisce l’accerchiamento delle classi popolari dei Paesi mediterranei, Italia in testa.
Come scritto su un “meme” popolare sui social, già si sentono in sottofondo le note del Sirtaki…
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Angelo MUSETTI
Con queste politiche l’Italia annulla gli effetti di: -3 guerre di indipendenza; guerra 15/18; resistenza 43/45. Si distrugge la sovranità che sotto il profilo esterno significa INDIPENDENZA e sotto l’aspetto interno significa DEMOCRAZIA.
Complimenti Giuseppi! Complimenti Mattarella !