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Dai Cinque Stelle a Potere al Popolo. Le ragioni di una svolta

Incontriamo Clementina Sasso candidata al consiglio regionale della Campania per Potere al Popolo.

Clementina è ricercatrice astrofisica specializzata in Fisica Solare. Partecipa a vari progetti internazionali ed è portavoce dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per la missione Solar Orbiter di cui è anche co-responsabile del gruppo internazionale di modellistica e analisi dati.

Ma Clementina è anche stata tra le fondatrici del Meet-up di Torre del Greco (Movimento 5 Stelle) di cui ha animato, assieme a Marco Manno (anche lui candidato al consiglio regionale della Campania per Potere al Popolo) le principali attività di agitazione, propaganda e partecipazione civica e popolare degli ultimi anni.

In questi giorni è impegnata nella campagna elettorale ed è spesso occupata ad incontrare amici e conoscenti legati al Movimento 5 Stelle con cui discute – sui Social potete seguire parte di questo dialogato – e si confronta animatamente riscontrando critiche, delusioni e sbandamento per il recente corso politico di questo Movimento.

Le rivolgiamo qualche domanda ringraziandola della sua disponibilità ed augurando il meglio a lei e a tutte le candidate e i candidati della lista di Potere al Popolo.

Vuoi raccontarci le motivazioni politiche che ti hanno spinta a lasciare il Movimento 5 Stelle e scegliere di candidarti con Potere al Popolo?

Io sono entrata nel Movimento nel 2014, in occasione delle comunali nella mia città, Torre del Greco, mentre Marco ha collaborato fin dall’inizio con il Meet-up di Napoli ed è stato tra i primi a portare i Meet-up nella provincia di Napoli. E’ dal 2015 che però facciamo coppia fissa politicamente e condividiamo da sempre gli stessi valori che, secondo noi, il Movimento non rispecchia più, mentre in noi sono ancora vivi.

La novità politica del Movimento, che ci aveva conquistato, era l’offrire un’opportunità di cambiamento dal basso. Il fulcro dell’attività politica erano i Meet-up, formati da attivisti che proponevano anche soluzioni alle problematiche territoriali visto che le vivevano in prima persona o le sentivano proprie, appartenendo a quel contesto locale.

Ormai, il legame con i territori non esiste più, perché il Movimento ha deciso di puntare su altro, su personaggi in cerca di una carriera politica e non più sulla costruzione di una società dove ogni cittadino possa esprimere al meglio le proprie competenze.

Fortunatamente, abbiamo ritrovato in Potere al Popolo il senso del gruppo legato al territorio che avevamo perso ed è soprattutto questa la motivazione che ci ha spinto a rimetterci in gioco.

In Campania ed in tutto il Sud, alle scorse elezioni politiche ed anche alle elezioni europee, il Movimento 5 Stelle hanno fatto il pieno di consenso, particolarmente, nei quartieri e nei territori che in altri cicli politici erano luoghi di insediamento politico e sociale della sinistra e dei comunisti. Evidentemente le prospettive di “rottura politica” che i 5 Stelle avanzavano e la promessa di una politica economica non compatibile con le varie filosofie dell’austerity hanno saputo intercettare questa ansia di cambiamento e di riscatto. Ci sembra, però, che i risultati – sia sul versante della collocazione politica dei 5 Stelle e sia sul versante materiale delle scelte di natura sociale – siano fortemente deludenti. Come interpreti questa veloce mutazione politica che, almeno a nostro giudizio, contiene imbarazzanti elementi di trasformismo culturale e politico?

Il movimento nella sua prima fase è stato effettivamente capace di intercettare le ragioni del malessere popolare e offrire una speranza di cambiamento. Come spesso accade però, una volta raggiunto il governo del Paese, invece di pensare a come realizzare le promesse fatte, ha iniziato a pensare a come conservare il potere, cedendo in questo modo a dei compromessi con le altre forze politiche, che lo hanno trasformato da movimento popolare a movimento oligarchico.

Purtroppo si è dimenticato quello che dall’inizio ci eravamo sempre detti: quando si comincia a cedere, le prime che ci rimettono sono le classi più deboli.

Potere al Popolo ha scelto – coerentemente con la sua impostazione autonoma ed indipendente – di “correre da solo” alle elezioni. Come è noto tale attitudine non è un rigurgito settario ma fonda le sue ragioni sulla chiarezza programmatica, nell’indisponibilità di ammucchiarsi in cartelli elettorali che, puntualmente si sciolgono il giorno dopo alle elezioni ma – e non è un aspetto di poco conto – nella ambizione di costruire una nuova prospettiva per i ceti popolari del nostro paese. Quindi un passaggio elettorale, sicuramente importante, ma anche una attività quotidiana e diffusa nei posti di lavoro, nei territori e nella società per farsi conoscere, per crescere collettivamente ed ulteriormente qualificarsi. Che impressioni hai ricavato in questi mesi di frequentazione e di relazioni con la “comunità di Potere al Popolo”?

Se devo essere sincera, io ho sempre seguito tutte le attività portate avanti dall’ex-OpG fin dall’inizio, perché ho un collega che partecipa attivamente a queste attività da anni. Diverse volte, poi, io e Marco avevamo anche promosso queste stesse attività sociali con la nostra radio web ma l’esordio di Potere al Popolo alle politiche, non mi aveva convinta del tutto anche se entrambi, firmammo per la presentazione delle liste. Addirittura Marco che ancora era nel M5S subì dure critiche.

Con il Movimento, una delle regole che secondo noi bisognava rispettare per il bene del progetto era quella di non aprirsi a soggetti che già da tempo vivevano di politica e che avevano l’abitudine di mettere su cartelli elettorali un mese prima delle elezioni che poi, puntualmente, spariscono il giorno dopo le elezioni. Questo sempre per una questione di non scendere a compromessi, esplicitata prima. E proprio questo non mi aveva convinto della prima esperienza politica di Potere al Popolo.

Però adesso le cose sono cambiate e sicuramente l’esperienza è stata utile per capire che è meglio correre da soli se non c’è tempo di costruire qualcosa di più ampio e condiviso. Ho apprezzato molto la voglia di aprirsi solo a membri della società civile (altrimenti non sarei qui), senza creare questi inutili cartelli.

In questi mesi di campagna elettorale ho potuto apprezzare da vicino il lavoro continuo sui territori ma, come già dicevo prima, da questo punto di vista non avevo mai avuto dubbi.

Abbiamo visto che su Facebook curi una seguita rubrica in cui commenti i dati sul Covid cercando di cogliere gli aspetti utili alla conoscenza rifuggendo da ogni atteggiamento isterico, autoritario o, magari, di banale sottovalutazione. Come pensi sia possibile contribuire, su basi scientifiche, alla costruzione di un punto di vista critico alla narrazione dominante che – e non poteva essere diversamente dal punto di vista degli interessi capitalistici – attorno all’esplodere della crisi pandemica sta costruendo una nuova occasione di profitto e di attacco alle condizioni di vita e di lavoro dei settori popolari della società?

Il mio primo punto di vista sulla questione Covid è puramente scientifico e, ogni volta che ne scrivo, cerco di restare ancorata ai risultati scientifici. Per questo motivo, se la maggioranza degli studi propende in una certa direzione, ritengo mio dovere morale spingere anche perché la politica vada in quella direzione.

Ovviamente, sono però cosciente che attorno alle emergenze (ma in realtà anche nell’ordinario) ci sono interessi capitalistici che possono interferire con la politica e spingere perché, ad esempio, vengano acquistati determinati kit di tamponi e/o determinati farmaci e/o, ancora, vaccini.

Io sono convinta però che le due visioni, scientifica e politica, possano integrarsi e andare di pari passo. Mentre la prima deve essere il faro che guida le decisioni politiche, la seconda deve fare in modo che si trovi il modo migliore perché nessuno speculi sulla salute della popolazione.

Se il fine è il bene della popolazione allora si può pensare, ad esempio, se parliamo di vaccini, che gli Stati si muovano insieme perché siano gratuiti e privi di brevetto. Se parliamo invece di cure, si potrebbe fare in modo che tutte le conoscenze vengano messe in rete e siano condivisibili da tutti quelli che si stanno attivando per le cure.

Adesso stiamo parlando di sanità ma questa visione potrebbe essere applicata in qualsiasi altro campo.

 

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