Eccoci. Ci siamo presi un po’ di tempo per analizzare con attenzione i dati, sia della Campania, sia delle altre regioni, per evitare la solita retorica. Scriviamo a scrutini quasi terminati, con percentuali consolidate, e ormai a freddo.
Prima di tutto ci teniamo a ringraziare tutte le nostre candidate e candidati, tutti i volontari che si sono attivati in modo disinteressato, tutti i nostri 31.000 elettori che ci hanno votato non per convenienza, promesse o scambi, ma perché ci credono e hanno voglia di lottare.
Analizziamo questo voto senza alcun rimpianto, con la consapevolezza di aver fatto il massimo che potevamo, di aver posto dei temi in una campagna senza temi, con la coscienza pulita di non essere complici di un sistema camorristico, clientelare, vecchio e inefficiente. Abbiamo fatto una bella campagna elettorale, che ci ha portato ad aprire sedi, ad aggregare persone, a strutturarci meglio sulla Regione, a farci stimare da tantissimi che non ci conoscevano.
Questa costruzione di comunità per noi è parte integrante del risultato oltre voti e percentuali, perché lo scopo di Potere al Popolo non è solo quello di eleggere – quella semmai è una conseguenza – ma innanzitutto di smuovere le coscienze, di radicare di nuovo sui territori certe idee e di preparare le condizioni per un successo della nostra gente.
Certo, De Luca al 70% non può farci contenti. Da domani questo presidente che ha già dimostrato di gestire malissimo la nostra regione, mettendola in mano a cricche clientelari, a sanità privata, rendendoci fra le più povere d’Europa secondo tutte le statistiche, avrà un potere quasi assoluto. Ci sarà molto da combattere.
Non è un trend solo campano: il dato di questa tornata è che in tutte le regioni, fatte salvo le Marche, le forze politiche che erano al potere sono state confermate. È un effetto del Covid e dei periodi di crisi: le persone, spaventate, bisognose di protezione, nell’emergenza, si aggrappano al potere, agli unici che hanno avuto visibilità, non scommettono subito sul cambiamento. Non lo vedono e non credono sia possibile, soprattutto dopo le tante delusioni della sinistra e dei 5 Stelle.
A questi flussi di emotività e di opinione si aggiunge poi l’interesse materiale: tutti sanno che arriveranno ingenti fondi dall’Unione Europea, e tutti sanno che agganciarsi al carro al potere vorrà dire beneficiare di qualche briciola.
Insomma, paghiamo un’eredità non nostra e dinamiche globali enormi. Ma dobbiamo sapere che le contraddizioni sociali sono tutt’altro che risolte e a breve ci troveremo di fronte una crisi enorme, soprattutto in Campania. A noi il compito di farci trovare pronti per aiutare la nostra gente e per cambiare questo sistema!
1. Com’è andato PaP?
Abbiamo preso l’1,21 in Campania, circa 31.000 voti. In questo dato spicca il 2,7% raccolto a Napoli città, un risultato che dopo tre tornate in due anni indica che ormai esiste un nostro radicamento e lascia ben sperare per le prossime amministrative.
Grossomodo abbiamo confermato le percentuali del 2018, ma attenzione: coinvolgendo persone nuove. Rispetto al 2018, infatti, non si può non tenere conto del fatto che alcuni soggetti organizzati che erano in Potere al Popolo ne sono usciti per costruire insieme a Sinistra Italiana e ad altre forze organizzate una lista, Terra, che andava a insistere sullo stesso elettorato.
Nonostante questa lista avesse dalla sua consiglieri comunali, assessori, capi di gabinetto, la segreteria del Sindaco De Magistris e pezzi di governo della città, alla fine ha conseguito un risultato minore di PaP in Campania e soprattutto a Napoli (cinque anni fa gli stessi soggetti, senza il contributo “ambientalista”, avevano conseguito il 2,3 in Campania e il 4 a Napoli).
Peraltro, sui voti raccolti, va anche considerato che solo su Napoli e provincia De Luca presentava quasi 400 candidati, contro i nostri 27! Una vera armata di parenti e amici che investiva anche il nostro mondo…
Al di là di queste contingenze, veniamo da due anni in cui ogni ipotesi a sinistra, dai centri sociali ai movimenti, dai partiti ai sindacati, è stata semplicemente distrutta. Anni in cui è esistita solo la destra e il PD come contraltare.
Lo stesso 5 Stelle, che in Campania aveva intercettato una confusa protesta e una richiesta sociale di reddito, e che nel 2018 aveva fatto il 53% in Regione, ora torna a casa con un 9,95 – nel resto del paese si attesta su percentuali ridicole per un partito di governo!
Fra campagna estiva, effetto Covid che ci ha anche impedito iniziative sul territorio, che per una forza come la nostra sono necessarie, elezioni regionali che sono le più difficili perché clientelari al massimo, sistema elettorale maggioritario e sbarramenti, riuscire a ottenere lo stesso risultato del 2018, cambiando però composizione del voto, intercettando di più i giovani e le fasce popolari rispetto all’elettorato tradizionale della sinistra, lo giudichiamo positivo!
Ovviamente non nascondiamo un po’ di amarezza perché per l’impegno profuso e per la qualità espressa nella campagna elettorale, per la lista eccezionale di candidate e candidati a partire da Giuliano Granato, sentivamo di meritarci di più.
Purtroppo in questo periodo i soggetti piccoli non riescono a essere visti come soluzione generale ai problemi delle persone, anzi, non riescono proprio ad essere visti (secondo diversi sondaggi si è andati al voto con un solo 15% dell’elettorato che conosceva Potere al Popolo).
Quindi si conferma che dove esistiamo con le Case del Popolo, le attività mutualistiche, con la relazione con il sindacalismo conflittuale, con candidati riconosciuti per il loro lavoro, prendiamo voti (a Napoli intorno all’Ex OPG ci sono seggi dove facciamo il 15%, e andiamo bene anche in “periferie cittadine” come Soccavo e Volla, a Pozzuoli e Torre del Greco; cresciamo a Marano, Nocera e Buccino dove abbiamo aperto case del popolo; così come a Piedimonte, dove c’è un gruppo molto attivo o nel beneventano dove abbiamo fatto iniziative; significativi sono anche i riscontri a Giugliano o Cava, dove aspettiamo il risultato delle amministrative…).
Dove invece non esistono militanti – e parliamo di città anche grosse – scompariamo. Non c’è al momento un’opinione pubblica in Campania che voti per i contenuti, i programmi, per un orizzonte alternativo etc. Dobbiamo assolutamente radicarci di più, aprire più nodi.
2. Cosa si deve fare ora?
Secondo noi non c’è tanto da piangersi addosso, come purtroppo accade spesso a sinistra. Chi vive per strada e sui posti di lavoro sa che la situazione è complessa, i problemi vengono da lontano e non esistono formulette per risolverli.
Non basta certo il richiamo a un’astratta “unità”: la somma delle due forze ascrivibili alla sinistra in Campania comunque avrebbe portato al 2,3% – senza contare che “i voti non si sommano”, che ad esempio chi vota PaP non avrebbe riconosciuto in poco tempo il simbolo di una lista nuova, altri non avrebbero votato una lista con dentro Sinistra Italiana, che è forza di governo alleata con il PD…
Se bastasse l’unità, tutti i cartelli di sinistra degli ultimi quindici anni avrebbero eletto e invece non è così. Persino in Toscana, la regione da sempre più a sinistra d’Italia, dove c’era un’ottima lista unitaria che PaP ha appoggiato, con due consiglieri uscenti validissimi, che ha fatto una bella campagna elettorale, è stata travolta da questi ultimi anni di reazione, dal “voto utile” e dall’effetto Covid.
Senza nemmeno considerare che l’unità, per essere credibile, non si improvvisa sotto elezioni con accordi di ceto politico, ma è frutto di percorsi reali di lotta, aperti a tutta la popolazione, cosa che in questo caso, essendo nata Terra a un mese dalla presentazione delle liste, era impossibile.
E allora? Allora c’è da analizzare attentamente la situazione e fare leva sulle esperienze positive e valorizzarle. Il mutualismo, se praticato non in modo formale o assistenzialista, ma coinvolgendo davvero le persone, dimostra di essere in grado di costruire relazione. C’è dunque da continuare ad aprire Case del Popolo, non per chiudersi dentro, ma per partire da lì con banchetti nelle piazze, intervento sulle municipalità.
In secondo luogo, la presenza sui posti di lavoro e nelle lotte concrete, crea sicuramente elementi di riconoscimento, così come serve crescere, attraverso il continuo confronto con gli operatori del settore, su proposte concrete e vertenze.
Infine, una comunicazione più trasversale, che stiamo ancora sperimentando, riesce a parlare a tanti giovani che oggi sono assolutamente lontani dalla politica.
Non è ancora abbastanza, ma federando queste esperienze, dando continuità anche nei simboli e nel nome, che non possono cambiare a ogni tornata, facendo formazione e costruendo quadri sui territori, potremo sicuramente ottenere, in una tornata elettorale più a portata di mano, o meno influenzata dal delirio Covid o dal voto utile, in un momento in cui magari si aprono questioni sociali vere, un risultato corposo.
Ognuno di quei 31.000 voti è un mattoncino, è una persona nuova che entra nella lotta, è una fiducia che non tradiremo. Da oggi si lavora per crescere e per migliorare, per essere sempre di più percepiti come una risorsa utile per la nostra popolazione. Seguiteci per i prossimi appuntamenti di mobilitazione e di incontro!
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Walter Gaggero
bisogna avere anche obiettivi di cambiamento che ad esempio non necessariamente sono nuovi, ad esmpio bemma media suoeriore :sei minimo garantito,basta rimandati,esami tutti gli anni,abolizione dell’obbligo di frequenza,rivalutazione stipendiale degli insegnanti,che non possono prendere meno diuno che vende biglietti in ferrovia o molto meno di un capotreno,per l’universitò riduzione drastica delle tasse,liberalizzazione dei pani di studio,pensionamento degli insegnanti a 60 anni ecc ecc
Redazione Contropiano
Fai esempi comprensibili, rispetto allo stipendio degli insegnanti, ma forse sarebbe più chiaro il confronto con quello di poliziotti, carabinieri e militari; che, anche ai gradi più bassi, prendono di più e vanno in pensione prima. Secondo te, c’è una ragione?