I fatti di Napoli hanno strappato lo schermo e messo tutti di fronte alla contraddizione con cui stiamo facendo i conti.
Abbiamo sostenuto in questi giorni della seconda ondata della pandemia le cose che avevamo sostenuto già ai primi di marzo: per bloccare la diffusione del virus era necessario procedere ai lockdwn nelle zone rilevate come a maggiore contagio e procedere allo screening di massa della popolazione una volta fermate tutte – e sottolineiamo tutte – le attività per un periodo determinato.
Le autorità dovevano intervenire con misure di emergenza ad assicurare alle famiglie il reddito e i servizi necessari alla sopravvivenza nel periodo di lockdown. Lì dove è stato fatto, il virus è stato contenuto e ridotto in attesa di un vaccino capace di sconfiggerlo.
Andava fatto a marzo in Lombardia e nel nord e andrebbe fatto adesso nelle aree a maggiore diffusione quindi Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio e Campania, o almeno nelle grandi aree metropolitane dove il virus viaggia con numeri e velocità superiori.
Questo non è stato fatto a marzo – dove per non chiudere la sola Lombardia hanno chiuso l’intero paese, anche lì dove il virus era scarsamente presente – ed anche oggi. Perché? Perché Confindustria e Partito Trasversale del Pil si sono messi di traverso allora e si mettono di traverso adesso. E il governo gli è andato dietro allora e gli va dietro in questi giorni della seconda ondata del virus.
Chiudere tutte le attività produce risultati nella lotta contro la diffusione del virus? SI. Ha effetti sull’economia? SI.
Ha ragione chi chiede di apprestare prima le risorse per far sopravvivere economicamente la gente e poi chiudere? SI.
Ci sono i tempi per far coincidere le due emergenze? SI, ma occorre decidere e soprattutto attuare rapidamente. Sono stati persi quattro mesi in cui il virus ha dato tregua – da maggio a settembre – per prepararsi a questo… ma non è stato fatto.
E allora questa volta Conte deve andare in televisione e dire che ha fatto il decreto per assegnare un reddito di emergenza per le popolazioni che andranno sotto lockdown tutto il tempo necessario a fare lo screening di massa con tamponi alla popolazione. Le risorse si stornano da altri capitoli di spesa oggi inutili (spese militari o missioni militari all’estero per dirne una) e si convogliano sul reddito di emergenza.
Se si continua con questa dolorosa ipocrisia per cui non si fermano le attività e si ammucchia la gente sui trasporti pubblici perché la Confindustria non vuole – ma anche perché tanti esercenti temono di veder precipitare le proprie condizioni di vita – e ci si accanisce solo sui comportamenti individuali introducendo inefficaci e odiosi coprifuoco, alla fine questa ipocrisia e questa contraddizione non può che esplodere come avvenuto a Napoli, dove alla contraddizione si aggiunge l’insopportabile protervia di un governatore come De Luca.
Non possiamo negare che la percezione della pandemia è diversa tra chi in qualche modo è garantito sul piano economico e chi invece è vulnerabile economicamente. E qui non si tratta solo di famiglie che vivono nell’economia marginale ma anche di cuochi, camerieri, baristi, operatori turistici, operatori sportivi, ossia di gente che un lavoro ce l’aveva e che adesso o lo ha perso o sopravvive con ammortizzatori sociali troppo deboli per essere credibili e dare sicurezza.
A Napoli è esploso questo lato della contraddizione. I compagni napoletani hanno fatto bene a farsi trovare presenti a questo appuntamento. Chi lo nega o accetta la lettura sui camorristi, i fascisti, etc, non è diverso dai negazionisti del Covid: entrambi negano un dato reale. Esiste il Covid ed esistono anche le contraddizioni sociali che ne derivano.
Quindi, volendo mettere in fila le “nostre soluzioni” sosteniamo che:
a) i lockdown vanno fatti nei territori che lo richiedono;
b) va introdotto subito il reddito d’emergenza in forme congrue e credibili per chi deve fermare la propria attività lavorativa o commerciale;
c) vanno fatti i tamponi di massa sulle popolazioni, a cominciare dalle zone che vanno in lockdown, il che significa che personale e strutture sanitarie vanno rafforzate con questo scopo.
Napoli è stato allora un segnale positivo e uno scrollone necessario? Altrochè!
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Roberto
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