Intervenendo alla trasmissione domenicale “Mezz’ora in più”, il fisico Giorgio Parisi, presidente dell’Accademia dei Lincei ha messo i piedi nel piatto sull’affidabilità dei dati sul Covid diffusi dal Comitato Tecnico Scientifico: “L’Rt così non è affidabile, capisco le difficoltà di fare delle stime, ma il calcolo dell’Rt dovrebbe rintracciare le persone che si sono ammalate e capire quando si sono ammalate. Va fatto sforzo enorme, è normale che si siano difficoltà visti i numeri” – ha detto ancora lo scienziato – “I dati che sappiamo e di cui siamo a conoscenza sono solo una piccola quantità. Servono dati dettagliati, non scientifici. Sappiamo quante sono le terapia intensive, ma non quante persone ci entrano e quelle che escono. Quante sono le chiamate ai pronto soccorso regionali? Non sappiamo nemmeno quante persone si sono ammalate nei singoli comuni lombardi”, ha aggiunto Parisi, riaffermando la necessità che i dati raccolti dalle Regioni e poi dal Ministero della Sanità vengano socializzati per poter essere disaggregati e analizzati in modo più attendibile.
Già il 23 ottobre in un intervento su La Repubblica Parisi aveva affermato che “A partire dal 5 ottobre i nuovi casi raddoppiano ogni settimana. Ed è ormai consolidato il rapporto tra nuovi casi e numero di morti: i decessi sono proporzionali ai contagi con una settimana di ritardo. In particolare, c’è un rapporto di uno a ottanta, un decesso ogni 80 contagi. Ragionevolmente, i quasi 20mila nuovi casi di oggi corrisponderanno a circa 250 morti di venerdì prossimo. Se dunque le misure prese nei giorni scorsi non dovessero rallentare questa tendenza, basta un p0′ di aritmetica per calcolare che a metà novembre ci ritroveremo con 500 morti al giorno”, aveva spiegato a ottobre il presidente dell’Accademia dei Lincei, e i fatti sembrano avergli dato ragione.
Qualche giorno, anche sulle pagine di Contropiano, avevamo dato conto della contestazione dei dati forniti dal Comitato Tecnico Scientifico da parte della Fondazione Gimbe e del suo presidente Nino Cartabellotta.
Da una decina di giorni è partita la campagna DatiBeneComune che, al primo di una piattaforma di cinque punti, chiede al governo di rendere disponibili, aperti, interoperabili (machine readable) e disaggregati tutti i dati comunicati dalle Regioni al Governo dall’inizio dell’epidemia per monitorare e classificare il rischio epidemico (compresi tutti gli indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio, di accertamento e quelli di risultato). Fare lo stesso per tutti i dati che alimentano i bollettini con dettaglio regionale, provinciale e comunale, della cosiddetta Sorveglianza integrata COVID-19 dell’Istituto Superiore di Sanità e i dati relativi ai contagi all’interno dei sistemi, in particolar modo scolastici. Tutti i dati devono riportare la data di trasmissione e aggiornamento.
Infine, ma questo lo aggiungiamo noi, non è più possibile consentire alle Regioni di raccogliere e diffondere dati in modo diverso tra loro. Serve un criterio unico e centralizzato valido da Bolzano a d Agrigento. Tra i guasti del regionalismo a questo punto va aggiunto anche quest’ultimo.
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Paola Salvi
Pare che ora hanno un accordo per condividere i dati coi Lincei, solo con loro. Meglio de niente