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Oltre le Regioni: riappriopriamoci del nostro Servizio Sanitario Nazionale

I ritardi sull’organizzazione delle vaccinazioni stanno dimostrando, una volta per tutte, l’inadeguatezza delle Regioni nel gestire l’emergenza sanitaria. Ritardi in grado di causare conseguenze gravissime in ordine al pur timido e scomposto tentativo governativo di provare a contenere ed invertire la tendenza attuale dei contagi da Covid19 e, dunque, di fermare la pandemia.

Non che lo stesso governo sia esente da responsabilità; ma se c’è una cosa che la pandemia ha messo nero su bianco è il fallimento della gestione sanitaria da parte delle Regioni: enti inutili, autoreferenziali e mangiasoldi che servono soltanto ad alimentare i sistemi di potere dei partiti, in combutta con le lobbies paramafiose e mafiose della sanità privata “in convenzione”.

Il guaio è che tutti i partiti, sia di governo che d’opposizione, sono invischiati fino al midollo in questa situazione perché è sulla gestione clientelare delle competenze sanitarie attribuite alle Regioni dal rinnovato titolo V della Costituzione, che hanno trovato nuova linfa dopo che la stagione di mani pulite e l’onda lunga dell’antipolitica rischiavano di farli chiudere per fallimento.

Il Movimento Cinque Stelle si era costruito una identità anti-sistema proprio cavalcando quell’onda lunga. Ma poi, una volta arrivati al potere, si sono fatti anch’essi sistema, sebbene, proprio nelle regioni, non abbiano avuto gioco facile contro i granitici blocchi di potere clientelari consolidatisi nel corso di decenni. Dunque, nemmeno loro hanno smosso una virgola nel pantano delle Regioni, ammesso che abbiano mai avuto davvero intenzione di farlo.

In ogni caso, la situazione sanitaria del paese continua ad essere drammatica perchè, alla lunga stagione dei tagli al SSN – in linea con l‘austerity imposta dall’Unione Europea al nostro paese, che hanno sottratto ospedali, servizi, posti letto e migliaia di dipendenti – si è aggiunto il disastro di una burocrazia regionale parassitaria, inefficiente e corrotta.

Non è un caso se, ad oggi contiamo 75.000 morti di Covid19 e se l’Italia è il primo paese, in tutto il mondo, per numero di decessi da coronavirus ogni 100mila abitanti.

Questa tragedia ha tante cause, è vero, e non staremo qui a rielencarle per l’ennesima volta. Ma certamente una di quelle che ha inciso maggiormente sulla altissima mortalità da coronavirus è stata proprio la completa inadeguatezza delle Regioni nel fronteggiare l’emergenza sanitaria determinata dalla situazione pandemica.

Prendiamo ad esempio il fallimento del contact tracing. L’applicazione, forse, avrebbe anche potuto funzionare se solo non fosse passata per il collo di bottiglia delle Regioni e di burocrazie totalmente incapaci di gestire alcunché le quali hanno lasciato a combattere a mani nude e, nella totale improvvisazione, le martoriate prime linee delle ASL già messe alle corde dalla dura battaglia condotta sul territorio contro il coronavirus.

In Calabria, come in Lombardia, una lunga serie di gaffes e svarioni hanno dato, la misura perfetta di quanto siano grottescamente inadeguate quelle burocrazie messe lì ai vertici di ASL, commissariate e non. Gente assolutamente incompetente, spesso senza alcun titolo, mai entrata davvero in partita nemmeno quando i dati della pandemia si facevano davvero gravi ed allarmanti.

Briefing su briefing solo per far vedere che c’erano, erano lì, certo, poi non si sa a far cosa.

La sciagurata modifica intervenuta con la legge n. 3/2001, che nel ridefinire all’articolo 117 le competenze di Stato e Regioni, ridisegnò anche le competenze in materia sanitaria, affidò la tutela della salute alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni, delineando un sistema caratterizzato da un pluralismo di centri di potere in cui lo Stato mantiene la competenza legislativa esclusiva su una serie di materie specificamente elencate, mentre furono delegate alle Regioni l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari.

Ciò ha prodotto, da allora, una disatrosa deriva “regionalista”, con 21 differenti sistemi sanitari  in cui l’accesso a servizi e prestazioni sanitarie è profondamente diversificato e iniquo. Un esito questo, in totale contrasto con quell’articolo 32 della Costituzione, che continua a sancire la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e prevede la responsabilità dello Stato di garantire la salute del cittadino e della collettività in condizioni di eguaglianza.

Fu proprio per assolvere a questo compito che, con la Legge 833 del 23/12/1978, venne istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) , una delle più grandi conquiste sociali del nostro tempo, che ha introdotto valori e princìpi fondamentali quali la generalità dei destinatari: tutti i cittadini indistintamente; la globalità delle prestazioni: prevenzione, cura e riabilitazione; uguaglianza di trattamento: equità d’accesso.

È chiaro, i conti si faranno alla fine; ma, dopo questa drammatica esperienza, una cosa deve essere chiara: il diritto alla salute deve tornare ad essere uno ed indivisibile su tutto il territorio nazionale. Ciò vuol dire che deve essere lo Stato a garantire ed a gestire la sanità.

Questo è l’unico modo per garantire quei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie (LEA) disattesi esattamente – ed ampiamente – proprio da quando entrò in vigore il famigerato Titolo Quinto “riformato” con l’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3/2001, che pure li contemplava.

Solo un largo movimento di tipo extraparlamentare, di massa e dal basso, può spingere una classe politica indecente, inerte quando non collusa, a rimettere mano a quel famigerato titolo quinto “riformato” della Costituzione che ha prodotto così tanti danni e tragedie e che ha messo in ginocchio il nostro Servizio Sanitario Nazionale.

Un sistema che, fino ad una decina di anni fa, era considerato tra i migliori al mondo e che è stato ridotto ad un colabrodo da tagli sanguinosi e da un processo di di selvaggia privatizzazione ad opera di politicanti inetti e senza scrupoli, eternamente a caccia di voti e tangenti.

Dopo una tragedia del genere è il meno che si possa pretendere anche se sappiamo bene che non sarà facile smontare l’intreccio perverso tra politica, affari e criminalità che sta strozzando, un pò alla volta, quel che resta del nostro sistema sanitario.

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