Stamattina sono stato a Roma con le lavoratrici e i lavoratori dell’Alitalia. Anche quando dalla polizia sono volate un po’ di manganellate per impedirne l’accesso nella piazza di Palazzo Chigi (poi ottenuto!).
Ero con loro per denunciare il piano del Governo di farne una compagnia regionale, con una cura dimagrante che farà tanto male a migliaia di uomini e donne. E non parlo solo dei dipendenti.
Tuttavia, la scelta più facile oggi sarebbe stata rimanere a casa. Fare finta di niente.
Perché su Alitalia da tempo tira una brutta aria. “Abbiamo già buttato miliardi su miliardi in Alitalia”, “ci sono migliaia di addetti perché è stato un carrozzone politico buono per le clientele e nulla più”, “ma poi che ce ne frega di un vettore pubblico?”.
La scelta più facile: far finta di niente. Linea di condotta della maggior parte dei politici. Perché per questi personaggi politica è stare con gli occhi sui sondaggi e seguire la presunta corrente.
Le cose facili, però, non sono sempre quelle che servono.
Su Alitalia c’è da essere chiari: per anni un management e una politica inadeguati l’hanno di fatto spolpata, incapaci di darle un orizzonte strategico all’altezza delle sfide: tutelare i lavoratori, ma anche ragionare sull’importanza di un vettore aereo nazionale in mani pubbliche.
Perché non è “solo” una flotta aerea e la possibilità di spostarsi da un punto all’altro su una mappa. Alitalia comporta un indotto enorme: capacità, conoscenze, ricerca, catene produttive che mai vengono alla luce e che oggi sono a rischio.
Pubblico deve significare eccellenza. È questa la sfida che si pone alla politica oggi.
Politica è strategia e visione di futuro. Ed è su queste basi che dobbiamo ragionare su Alitalia e sul trasporto aereo.
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