Recentemente i portuali di Livorno organizzati con l’Unione Sindacale di Base, si sono espressi contro un carico d’armi su una nave diretta, in Israele dove infuriano i bombardamenti nei territori palestinesi occupati.
In Israele è in atto un genocidio che dura da più di 70 anni.
Ciò che rimane della Palestina non è altro che una vera e propria prigione a cielo aperto, dove la popolazione non ha alcun diritto e viene continuamente vessata in ogni modo possibile. Non ultimo con bombardamenti che causano continui lutti principalmente tra la popolazione civile.
Nei mesi scorsi, il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova ha iniziato una lotta contro i traffici di armi nel porto, in cui transitano navi che portano materiale bellico verso molti fronti di guerra.
Aree in cui popolazioni inermi subiscono attacchi sanguinosi di cui non si parla se non in rarissime occasioni. Queste lotte, partite dai porti italiani e condotte dai lavoratori con il sostegno di moltissime associazioni hanno avuto eco internazionale. Senza contare che la presenza di questi materiali mette in grave pericolo i lavoratori stessi ma anche la popolazione.
Ma il mare e le rotte marittime sono anche il teatro di altre tragedie. Quelle dei migranti morti tentando di attraversare il Mediterraneo per approdare sulle nostre coste fuggendo da carestie, povertà e guerre.
Disastri causati dall’applicazione di un modello economico che schiaccia i paesi poveri producendo disastri in cui a soffrire sono i più deboli e i lavoratori, mentre le classi agiate continuano a diventare sempre più ricche e potenti. L’Italia, la UE e la NATO sono complici attivi in queste politiche.
Il traffico di armi e la repressione sanguinosa delle migrazioni sono quindi due facce della stessa medaglia. Una situazione in cui un sistema economico in crisi tenta di scaricare i suoi costi sulla parte più debole della popolazione.
Territori in cui gran parte delle persone è costretta a sopravvivere in condizioni terribili, spesso non ha altra scelta che l’immigrazione o la guerra. Stati in cui chi lotta per impedire il traffico di materiale bellico viene represso mentre chi sfrutta la manodopera, chi ruba risorse, chi crea le carestie distruggendo il clima e il territorio sembra intoccabile.
Le lotte per bloccare il traffico di armi e per la libera circolazione delle persone e dei lavoratori sono quindi legate tra di loro e non sono solo gesti di resistenza simbolici.
Sono atti di solidarietà internazionalista che lasciano il segno, uniscono i popoli sfruttati e colpiti dal sistema di impoverimento ottenendo risultati che, se pur parziali, sviluppano la coscienza di non essere soli, aumentano le possibilità per resistere e per costruire un modo libero da guerre, sfruttamento e povertà.
Per discutere di questi temi, sviluppare più ampie reti di solidarietà e resistenza, per organizzarsi, invitiamo tutti gli interessati a un incontro a Livorno che si terrà venerdì 4 giugno dalle ore 17 presso la sala della Fortezza Vecchia in Piazzale dei Marmi, Livorno.
Organizzano: Coordinamento nazionale USB Porti & Collettivo autonomo lavoratori portuali Genova
Partecipano: Controllarmi Rete Italiana per il disarmo, the Weapon Watch, Sea Watch International
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa