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“L’esplosivo legionario nero”: la strana cultura del revisionismo ministeriale

Uno dei personaggi chiave della storia della Destra in Italia: organizzatore, pensatore, studioso, giornalista, deputato dal 1972 al 1992. Tanto attivo e creativo, quanto riflessivo e critico”. Così veniva definito Pino Rauti, nel 2020, dall’allora direttore della biblioteca nazionale, Andrea De Pasquale, e il ministro della cultura Dario Franceschini lo nomina direttore dell’archivio Centrale dello Stato, il luogo della memoria storica d’Italia. Senza concorso alcuno.

E prima del 1972?

Franceschini e Rauti sono cognomi che nel parlamento italiano hanno una storia e un’eredità. Oggi, i due ‘figli di papà’ sono uno in maggioranza e l’altra all’opposizione, ma, talvolta, la storia chiede il conto anche per le vicende dei padri.

Giorgio Franceschini è stato partigiano e, poi, deputato DC. Pino Rauti è stato giovane repubblichino e, poi, parlamentare missino. Giorgio nel 1941 promuove una rivista giovanile di matrice cattolica e antifascista, Juniorismo, e due anni dopo costruisce, insieme ad altri futuri democristiani, il fronte giovanile cristiano e, sempre clandestinamente, aderisce al CNL ferrarese. Il rischio di finire nelle mani degli aguzzini fascisti era alto.

La fazione repubblichina a cui Rauti apparteneva, invece, i rastrellamenti li eseguiva e redigeva le liste per i nazisti. Dopo la Liberazione il fascista fu arrestato, ma subito scarcerato.

Fortemente influenzato dalle letture di uno dei personaggi più perniciosi del tempo, il razzista Julius Evola, Rauti già nel 1945 diede vita alle FAR, fasci di azione rivoluzionaria. Tra le loro azioni principali si ricordano vari attentati dinamitardi.

Dopo aver dato luogo alla prima messa in onore di Mussolini, il 28 aprile 1946, infatti, le FAR rivendicano l’occupazione della stazione radio di Monte Mario a Roma con il sequestro di due tecnici; ma anche l’incursione armata con il lancio di due bombe, sia davanti la sede del Partito Comunista, sia alla redazione dell’Avanti!.

Nel giugno del ’47, i Fasci d’azione rivendicano l’attentato davanti alla federazione milanese del PCI. Ufficialmente, si sciolgono lo stesso anno, ma la loro attività dura fino al 1951, quando Rauti, Evola, Erra, Clemente Graziani (deceduto latitante in Paraguay), Franco Petronio, Dragoni Capotondi furono arrestati per una bomba davanti al Ministero degli esteri. I primi tre furono assolti, gli altri tutti condannati.

L’organizzazione si sciolse realmente e molti di questi personaggi entrarono nel Movimento sociale italiano capeggiato da Augusto De Marsanich, che aveva sostituito l’ultrà repubblichino, Giorgio Almirante, creando la corrente di ispirazione evoliana, ‘Figli del sole’.

Nel 1952, per non dare adito a equivoci, Rauti pubblica un testo di un trentina di pagine dal titolo: La democrazia, ecco il nemico!.

Nel 1957, la corrente prese il nome di Ordine Nuovo e, con la seconda elezione del segretario Michelini, produssero una scissione: Rauti, Graziani, Paolo Signorelli (condannato per banda armata) e Stefano Delle Chiaie (fautore del gruppo terroristico Avanguardia Nazionale) fondano il Centro studi ‘Ordine Nuovo’. Tra i testi di riferimento, oltre quelli di Evola e dell’esoterico René Guénon, il Mein Kampf.

Dopo anni di impostazione ideologica eversiva, nel 1969, Ordine Nuovo diventa movimento politico, ma Rauti decide di accogliere le sentinelle missine per il suo rientro. Il riconoscimento è allettante: elezione alla carica di deputato nel collegio laziale, che avviene nel 1972 e perdura ininterrottamente fino al 1992.

Tempismo perfetto: poco dopo, la sua pericolosa creatura politica verrà sciolta con l’accusa di attaccare le fondamenta della Repubblica parlamentare con la volontà di ripristinare il PNF. Le capriole del camerata Rauti, poi, appartengono alla storia di quella destra estrema che tanto cozzava con i principi di convivenza democratica definiti dalla costituzione.

Prima la sconfitta al congresso del 1982 con la sua corrente ‘Spazio nuovo’ e poi, con ‘Andare Oltre’, è minoranza al congresso del 1987 che incorona Fini segretario. Diviene maggioranza tre anni dopo, prima del Fini II e dello scioglimento del partito.

Rauti diventa segretario: il tempo di rimangiarsi quarant’anni di finto anti-atlantismo, con il convinto supporto del suo MSI alla missione americana nella prima guerra del golfo. Gli anni successivi sono costellati da infiniti fallimenti e scarsissimo consenso. Fonda tanti piccoli partitini sempre con percentuali da prefisso telefonico.

Al di là del finale fallimentare, resta l’ideologia bombarola dei FAR e di Ordine Nuovo, e restano illustri allievi: Giovanni Ventura e Franco Freda, probabili colpevoli dell’attentato di Piazza Fontana; Carlo Digilio condannato per aver avuto un ruolo anche nella strage di Brescia; Delfo Zorzi, indagato per la medesima strage; Giannettini probabile “agente Zeta”, conoscitore esperto di Piazza Fontana, prima ancora che giornalista del Secolo d’Italia; Vincenzo Vinciguerra, condannato per le stragi di Peteano e Sagrado del 1972; Pierluigi Concutelli, vicino anche a Julio Valero Borghese, condannato per l’omicidio del giudice Occorsio.

Rauti, l’ideologo di Ordine Nuovo, tuttavia, viene definito nel 2020 dall’allora direttore della biblioteca nazionale, uno dei “personaggi chiave della destra in Italia”. Di quale destra? Quella eversiva e stragista, evidentemente. E la destra in Italia, nella prima repubblica è stata solo questo?

A scrivere quell’epiteto è stato Andrea De Pasquale, dopo aver ambiguamente acquisito il fondo Rauti presso la Biblioteca di Roma, e da poco premiato come direttore dell’Archivio centrale dello Stato.

Sostenitori del rogo dei libri sono i fedeli al Mein Kampf, di cui pure quel fondo è stato intriso, ma almeno qualche nota storica critica, sarebbe stata opportuna. Oppure le opere sono tutte uguali e anche Rauti lo possiamo considerare uno ‘statista’, come, invece, avrebbe voluto trasmettere la famiglia?

L’egemonia giornalistica liberale, in un coro quasi unanime, parla di merito: ma quale merito si intravede in un nominato, sicuramente un bravo archivista, che, però, si espone a intollerabili revisioni della storia? Il merito, forse, è di aver dichiarato cosa è stata la vera destra in Italia: eversiva. Diversamente, non si spiega. Ora, il figlio del partigiano Giorgio, ci dica quali sono stati i criteri di quella inderogabile nomina.

Il revisionismo italiano, molto fideistico e poco scientifico, è una costante ormai incrostata degli ultimi trent’anni, ma i migliori al governo avrebbero potuto far meglio, anche perché la storia, prima o poi, ritorna maestra. Ma, d’altronde, il frutto opaco di questo disonesto intellettualismo conservatore è la tolleranza acritica verso i premi immeritati, nei confronti degli scatti di carriera per dirigenti compiacenti e bravi a rispondere meccanicamente agli ordini.

È successo dopo il G8 di Genova quando i capi, responsabili delle peggiori atrocità antidemocratiche, hanno visto avanzare il loro grado; succede con le nomine partitiche ai vertici Rai; succede con le nomine nei consigli di amministrazione pubblici. E spesso a fare questo ‘lavoro sporco’ ci hanno pensato i democratici, in modo da non perdere la pratica di anticipare la destra originale.

La meritocrazia è solo un totem ideologico: premia il blasone e penalizza i deboli. Aspettiamoci la proposta di una strada dedicata a Rauti come è accaduto per redattore della Difesa della Razza. Una strada esplosiva. La seconda repubblica è stata anche questo e la terza non sembra cambiare rotta.

Come dice il grande Claudio Monni, in Berlinguer ti voglio bene, “si può nascer bruchi, per diventar farfalle. Noi siam di quella razza che l’è tra le più strane, che bruchi la si nasce e bruchi si rimane”.

Ecco, al di là del revisionismo reazionario e per buona pace di De Pasquale, Rauti non sarà mai una farfalla della democrazia e Ordine Nuovo sarà sempre un ‘bruco nero’. Anzi, più che bruchi…

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1 Commento


  • Fiorenzo Parziale

    più che bruchi vermi. Articolo molto bello

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