La fretta di darsi una spiegazione degli avvenimenti ingenera sempre superstizioni. Dei gravi fatti avvenuti durante la manifestazione cosiddetta “No-Vax” di Roma si fa, per esempio, un parallelo con lo squadrismo di un secolo fa.
È vero che oggi tornano protagonisti i fascisti, è vero che l’assalto alla sede della CGIL è un atto squadristico, ma fare di questi fatti l’unica chiave di lettura è sbagliato, superficiale, utile solo a risarcire l’emozione del momento.
Un altro parallelo è stato fatto tra l’assalto alla sede del sindacato e la cacciata di Lama dall’Università La Sapienza, nel 1977.
È vero che i sindacati furono degli anni Sessanta e Settanta al centro di una vasta contestazione per il loro ruolo subalterno alle ristrutturazioni aziendali nelle grandi fabbriche del Nord, che furono la base della grande stagione dell’autonomia operaia dalle logiche sindacali, e che la “Cacciata di Lama” del 17 febbraio del 1977 fu una palese frattura tra le giovani generazioni, consapevoli che sarebbe state condannate alla marginalità, quella che oggi chiamiamo precariato.
Ma protestare contro chi era venuto con l’intento politico di normalizzare il Movimento del 77 è molto diverso che devastare la sede nazionale della Cgil, non solo negli aspetti pratici, ma proprio sul terreno dello scontro politico.
Vero è anche che la Cgil è stata in tutti questi anni di crisi spesso il traino delle grandi confederazioni su politiche concertative che hanno ridotto costantemente il potere contrattuale della classe lavoratrice.
Ma l’attacco alla sede della Cgil non risponde solo a logiche di visibilità mediatica e di leadership di una delle organizzazioni neo fasciste sulle altre. È un gesto intimidatorio contro ogni tentativo di gestire in modo “socialmente sostenibile” i fondi del Pnnr, un messaggio trasversale e minaccioso.
Qualcuno ha richiamato l’assalto al Campidoglio di Washington da parte delle “truppe trumpiane”. Ad altri sono venuti in mente la strage di sindacalisti in Ucraina. Ipotesi molto suggestive, anche in considerazione dell’aria cattiva che si respira in Europa.
I paralleli storici e le stesse similitudini, però, sono spesso forzature della realtà, che non aiutano, e quindi confondono.
Dunque di che cosa parliamo quando parliamo del movimento “No-Vax”, all’interno del quale trovano rifugio prima e protagonismo poi i “fascisti del III Millennio”?
Fuori da ogni tentazione sociologica, è un dato di fatto che la crisi genera mostri, perché la paura di veder crollare il proprio tenore di vita fa rabbia.
La pandemia è venuta a rincarare la dose della crisi del 2008-2014, e si è innestata su quelle macerie sociali. È aumentata la povertà, il precariato, non i redditi da lavoro dipendente, mentre attualmente stanno aumentando le tariffe della luce e del gas, e l’aumento del costo dei carburanti sta provocano un aumento dei prezzi al consumo, che farà molto male ai salari dei lavoratori italiani, tra i più bassi d’Europa.
Lo Stato sociale, che “ammortizzava” lo scontro tra gli interessi di classe è stato via via smantellato, e lascia senza protezione sociale milioni di persone.
Che cosa salta agli occhi? Che la salute ha un costo, la scuola ha un costo, la pensione non ha più certezza. Contemporaneamente, che la “ripresa” farà bene ai fatturati, ma non ai redditi delle famiglie, che i finanziamenti del Pnnr sono e saranno gestiti in una logica della disuguaglianza sociale, premieranno più forti, puniranno i più deboli.
Anche il “reddito di cittadinanza”, che ha evitato per un pelo la miseria più nera, è messo in discussione. Il governo Draghi è keinesiano con le imprese, neoliberista con i lavoratori. “Socialismo per ricchi“, sintetizzava Stiglitz…
In questa situazione, aggravata dalla crisi ecologica, ecco la protesta “spontanea” dei “No Vax”, un pretesto per dare sfogo alla rabbia sociale molto simile, questo sì, a quello dei “gilet gialli“.
La spontaneismo non è solo malessere sociale, ma soprattutto politico. Perché quella domanda di giustizia sociale non è stata raccolta e sviluppata in attività politica costruttiva, è diventata una forma di autodifesa disperata e quindi tendenzialmente violenta.
Ecco perché ci si ficcano dentro i neofascisti, che si muovono nella stessa logica di sempre: fare il lavoro sporco al servizio di chi vuole far arretrare ancora la classe lavoratrice, perché i grandi e i piccoli capitalisti non vogliono concedere un bel niente: vogliono tutto per loro il Pnnr, i vantaggi fiscali, vogliono rispettare meno regole ambientali, fare del costo del lavoro una leva di ricatto, di individualismo, usando la paura di perdere il lavoro, quindi un arrogante modo di costringere a un misero stipendio, a condizioni di lavoro degradanti, che mettono in pericolo la stessa vita di chi lavora.
Di lavoro si muore in Italia: ogni anno ci sono 1000 morti, 10 mila feriti, 1 milione di invalidi.
Quello che è successo in questi mesi è stato sottovalutato da tutti, meno da chi aveva tutto l’interesse a manovrare la rabbia popolare: i due grandi partiti di destra, cosidddetti “sovranisti” e “populisti”, uno dei quali è al governo; senza contare i giornali e le tv berlusconiane, che hanno distribuito dosi massicce di demagogia, di falsificazioni, di bieca propaganda.
D’altro canto, il centrosinistra è totalmente in ritardo, alle prese com’è con le beghe personalistiche, si sta accontentando di piccole rivincite elettorali.
Landini si accorge del ritardo e ha parlato ieri a Roma, di fronte alla sede devastata dal raid fascista, “di sostenibilità sociale”, lasciando a intendere una nuova stagione di protagonismo sindacale non solo sul terreno della contrattazione aziendale, ma sul piano dello scontro sociale in atto.
Parla cioè di lavoro, reddito, redistribuzione, diritti. E convoca una manifestazione nazionale unitaria a Roma. La risposta c’è stata, molti sono andati davanti alle sedi della Cgil in tutta italia. Ci sarà da prestare attenzione alla manifestazione nazionale del 16 ottobre.
Le organizzazioni sindacali di base, finalmente tutte insieme, oggi, lunedì 11, scioperno contro le politiche punitive e filo industriali del governo Draghi. È uno sciopero generale. Sarà interessante capire la risposta dei lavoratori e le prospettive future di questa ritrovata unità d’azione.
Se è innegabile che qualcosa di pericoloso sia successo e che qualcosa di importante si stia muovendo, quello che bisogna mettere in luce, però, è l’assenza in questi anni di iniziativa sul terreno dell’azione politica della sinistra sociale e di classe.
Tuttavia, ci sono le condizioni perché prenda forma una nuova e radicata presenza attiva e combattiva nelle contraddizioni aperte dalla pandemia, e più in generale dal “capitalismo del III Millennio”, che sappia raccogliere la sfida del profondo disagio e trasformarla in nuove proposte di lotta, di aggregazione, di coesione e nuove pratiche di opposizione al sistema economico, alle sue storture, alle sue arroganti diseguaglianze, al classismo più smaccato e punitivo.
Questo è il compito.
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