Salario minimo e reddito di cittadinanza. Sono i temi, di fortissima attualità e urgenza, che animano la discussione del convegno organizzato dalla Federazione del sociale dell’Usb a Napoli presso il centro sociale Carlo Giuliani.
A coordinare il dibattito Teo Lepore, noto attivista delle lotte ambientali e attivista sindacale.
La sala è piena, la pioggia incessante e la grandine non hanno frenato la partecipazione. D’altronde sono temi che hanno attraversato, in varie forme, i dibattiti sindacali e politici degli ultimi tempi. In qualche maniera hanno anche sfondato i media mainstream e le dinamiche parlamentari, ricevendone in cambio però criminalizzazione e falsità a inquinare le acque.
Il dibattito è impreziosito dalla presenza ,in forma di videochiamata, del Presidente dell’Inps, estensore della legge sul reddito di cittadinanza e distintosi, unico tra i grandi dirigenti pubblici, nella difesa dei diritti sociali.
Ovvero si è comportato da vero primo dirigente del più grande istituto di welfare in Italia. Che ha tutto l’interesse quindi a leggi in difesa dei salari. Per non deprimere il montante contributivo e potere assicurare pensioni e prestazioni sociali senza affanni finanziari.
Prima di lui però l’intervento di Marzia Pirone, avvocato e animatrice della Camera del lavoro dell’exOpg. Esperta in vertenze di lavoro conosce bene le dinamiche che hanno portato i salari a precipitare e i lavoratori a barcamenarsi tra precarietà endemica e nuove povertà.
Parla di salario minimo e ricorda che è presente in ben 21 paesi della Ue. In forme tra loro ovviamente differenti. Insomma, ricorda che pure la Commissione europea ne auspica in qualche modo l’introduzione. Non stabilisce però alcun modello da seguire o a cui attenersi, non prevede nulla di concreto, ovvero di immediatamente attuabile e sopratutto non dice nulla sulle forti differenze salariali tra un paese e l’altro dell’unione.
Intanto l’Italia scala le classifiche dei working poors. Si piazza per ora al quarto posto. L’undici per cento dei lavoratori, pur avendo appunto un lavoro, sono poveri. Un numero impressionante.
Questi nuovi “martiri” sono presenti in principal modo nei settori dell’agricoltura, del lavoro domestico, dei finti autonomi e gli addetti ai servizi. A proposito di ciò ricorda il vergognoso contratto nazionale firmato dalla malefica triplice sindacale, nel comparto multiservizi. Zero o quasi aumenti salariali e diminuizione delle tutele.
D’altronde è da tanto che i contratti nazionali servono a questo. A certificare l’andamento della lotta di classe. A tutto vantaggio del padronato. Ecco perché, ricorda Marzia, è necessario un salario minimo. Per evitare ulteriori abusi e paghe al ribasso.
Dopo di lei prende la parola Davide Trezza, giovane dirigente della federazione del sociale usb Salerno. Il tema è il reddito di cittadinanza. Lo definisce, e come dargli torto, la misura sociale più efficace degli ultimi anni (in totale assenza di altre più decisive).
A questo si deve la reazione di media e confindustria. Colpevolizzare la povertà e criminalizzare i poveri. Nella sola Campania sono 256mila i nuclei familiari che vivono di questo. E per questo che la chiama “misura pluriobbietivi”. Argina la povertà e fa pressione al rialzo sui salari più bassi. Perché accettare una paga da fame se prendi il reddito di cittadinanza?
Il dato clamoroso, sul piano nazionale, e lo ripeterà poi anche Tridico nel suo intervento, è che i percettori di rdc sono per due terzi incollocabili. O perché anziani o minori, o già pensionati, o perché disabili.
Davide poi conclude accennando l’inutilità ormai dei centri per l’impiego (e che invece con il rdc avrebbero dovuto conoscere un rilancio) a favore delle agenzie interinali. Con logiche di reclutamento assolutamente arbitrarie e discriminatorie.
Qualche piccolo problema tecnico e poi inizia il collegamento con Tridico. Definisce la sua una “missione” volta all’inclusione e alla coesione del paese. Ricorda che negli ultimi 30 anni la dinamica capitale lavoro si è risolta con la riduzione della massa salariale. Aumento conseguente delle diseguaglianze e forbice allargata a dismisura tra ricchi e poveri. Da fine anni 80 anzi la povertà è più che raddoppiata.
Ciò è avvenuto per la progressiva frammentazione del mercato del lavoro. Non è un caso che siamo il primo paese in Europa per part time involontario. Il lavoro dipendente, cioè, ha perso tutele e salari. Con la caduta, appunto, del monte contributivo.
E qui Tridico si lancia in una difesa appassionata del reddito minimo. Misura in grado di combattere la deriva salariale. Presenta tabelle che dimostrano che se si prendessero a riferimento i redditi attuali medi e mediani si avrebbe un salario minimo compreso tra 9,5 e 10 euro. Mentre in Germania il neo cancelliere ha promesso un salario minimo a 12 euro.
Altri dati: in Italia il 26% (4 milioni e mezzo di lavoratori) sono sotto il livello del salario minimo. Introducendo tale misura, anche con incentivi pubblici, si spenderebbero 4 miliardi. Questo il costo. Una parte di risorse sarebbe immediatamente recuperata sotto forma di imponibile fiscale (almeno un miliardo e mezzo) e di risparmi sulle spese sociali.
Dopo il salario minimo passa poi a discutere di rdc. La sua creatura. Anche qui dati. Con tono d’orgoglio però: 7 miliardi e mezzo di euro prelevati dalla fiscalità generale per 3,7 milioni di percettori totali. Il 26% non ha alcuna attività lavorativa alle spalle. Per dire. Conclude il suo intervento definendo il rdc quale “salario di riserva” sotto il quale non si è disposti a lavorare.
Tocca poi a Gino Monteleone il vero ” padrone di casa”. Sì, perché questo centro sociale è stata la sede per ben 22 anni, dei disoccupati\precari Bros. Adesso finalmente hanno vinto la loro battaglia e sono stati assunti, con compiti di manutenzione del territorio, dalla Regione Campania.
Una lotta lunghissima e testarda, con alti e bassi, drammi e arresti. Una lotta che sarebbe riduttivo e ingeneroso spiegare in così poco spazio. Monteleone è stato un dirigente instancabile dei Bros. Rivendica di essere finalmente un lavoratore vero. Basta contributi figurativi, basta contratti in scadenza, basta paghe da fame.
E come lui ben 1267 persone. Ora lavoratori contrattualizzati. Non più precari. Non più discriminati. E anche sindacalizzati. Hanno scelto l’Usb. Concentra poi il suo intervento sui pericoli del governo Draghi , sfacciatamente prono agli interessi confindustriali.
Dopo gli interventi ufficiali è il turno di lavoratori e attivisti. Non a caso gli interventi a seguire sono sopratutto femminili. Le testimonianze di Gina la delegata sindacale multiservizi, di Anna percettrice di rdc e madre separata con tre figli a carico, di Francesca telefonista dei call center inps, quelli che ti rispondevano durante il lockdown per informarti sul corso del reddito di emergenza.
Di Jessica, dell’organizzazione giovanile comunista Cambiare Rotta, che ricorda la doppia dose di pericoli cui sono sottoposti gli abitanti del sud del paese, per essere già parte debole del Pese, e l’importanza della “combo” reddito minimo\reddito di cittadinanza per arginare il ricorso alla semischiavitù, cui ancora sono sottoposti larghi strati del mondo del lavoro, sopratutto giovanile, nel meridione d’Italia.
C’è un dato sul reddito di cittadinanza che però non ha citato nessuno. Anche comprensibilmente, data la natura prevalentemente sindacale dell’iniziativa. Però è importante. E a Napoli molto più visibile che altrove visto che è il primo comune per numero di percettori di Rdc.
Ovvero la caduta verticale (sopratutto nell’era preCovid) dei “reati aggressivi”, ovvero furti scippi rapine. Mai stati così scarsi di numero. E senza lanciarsi in audaci analisi sociologiche appare chiaro il rapporto tra povertà e devianza. E anche questi sono, di fatto, “costi sociali” risparmiati.
L’intervento finale a chiudere l’iniziativa è di Luigi Iasci, dell’esecutivo della federazione del sociale Usb . Giovane dirigente dall’ottimo eloquio che ritraccia le linee guida del settore sociale del sindacato. I punti fermi e gli obbiettivi da conseguire. E chiaramente reddito minimo e difesa del reddito di cittadinanza saranno fronti di lotta del prossimo futuro.
Che dire? Dibattito di ottima fattura e buone vibrazioni per il futuro. Buon protagonismo sindacale e l’impressione che difficilmente certe tematiche rimarranno confinate ad ambiti ristretti. Manca poco perché diventino dibattito comune. Bisogna dargli dentro.
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