I dati diffusi nei giorni scorsi sull’adesione degli istituti alla sperimentazione di liceo quadriennale TED (Transizione Ecologica e Digitale) ci dicono di un fiasco del progetto tanto caro al ministro Bianchi. Infatti, le scuole hanno richiesto l’attivazione di sole 320 classi sperimentali su 1001 proposte dal Ministero.
Inoltre, probabilmente nemmeno le 320 classi sperimentali votate dai collegi dei docenti si apriranno veramente poiché in alcune scuole non si sono avute iscrizioni sufficienti alla loro costituzione.
Il Ministero ha prorogato i tempi per le richieste delle scuole, portando la scadenza al 14 febbraio, ma ciò probabilmente cambierà di poco il quadro che si è delineato.
Della riduzione a soli quattro anni della scuola secondaria superiore si parla, in Italia, dalla fine degli anni novanta, i tempi della coppia Berlinguer-Bassanini che promulgò l’autonomia scolastica, grimaldello per la scuola-azienda e la privatizzazione, oltre alla parità tra istituti pubblici e privati. Questi ultimi furono integrati nel sistema scolastico pubblico, con un principio che riecheggiava quello già adottato nella sanità.
Ciò secondo il famigerato principio della sussidiarietà che, nella scuola e altrove ha già prodotto molti danni. La riforma dell’Università, con l’introduzione della formula 3+2 e l’introduzione dei “crediti”, decisa anche in relazione alle nuove scelte europee contenute nel “Processo di Bologna”, partito nel giugno 1999, ha in effetti allungato di un anno il percorso di studi verso la laurea.
Ecco quindi nascere l’idea di togliere un anno alle scuole superiori, portandole a quattro anni come già avviene in altri paesi europei. A tale proposito, nel 2017 la ministra Fedeli avviò una sperimentazione che coinvolge oggi 192 classi di liceo.
In relazione all’attuazione del PNRR il Ministro Bianchi ha pensato di portare a 1001 le classi sperimentali di quattro anni. Tuttavia, sarebbe riduttivo limitarsi alla discussione su un anno in più o in meno di liceo. Infatti il problema non sta solo nella quantità ma soprattutto nella qualità di ciò che si fa a scuola.
Questo lo dice anche il ministro Bianchi che afferma che il nuovo liceo quadriennale, denominato appunto liceo TED sperimenterà un nuovo modo di fare didattica. Ci dobbiamo chiedere, dunque, quale sia questo nuovo modo di fare didattica e chi ne deciderà l’indirizzo pedagogico e culturale.
Per saperlo è utile andare a visitare il sito del Consorzio ELIS (Educazione Lavoro Istruzione Sport), coinvolto e impegnato a fondo nella realizzazione dei nuovi licei (Liceo TED – ELIS). ELIS, area Opus Dei, è formato da un centinaio di aziende private, soprattutto grandi imprese, che operano in diversi settori che vanno dagli armamenti, all’energia fossile, alla privatizzazione dell’acqua, sino alla produzione automobilistica, all’affitto di mano d’opera, agli aperitivi.
Obiettivo di ELIS è entrare a pieno titolo nella stesura dei programmi e nella definizione della didattica nei licei TED. Nel sito si afferma testualmente: “Le aziende contribuiranno alla realizzazione dei programmi didattici, aiutando a individuare le competenze richieste dal futuro mercato del lavoro, favorendo un apprendimento in cui le conoscenze teoriche vengono verificate e applicate in situazioni reali”.
Il tutto per un percorso formativo alla cui definizione parteciperanno, ovviamente “professionisti delle imprese”.
Insomma, si parla chiaro: le imprese e i loro dirigenti entreranno direttamente nelle scuole a dettarne i programmi e, possiamo immaginare, i metodi, cioè il lavoro non retribuito in “situazioni reali” che riecheggia la detestata alternanza scuola-lavoro oggi nel mirino delle proteste degli studenti e delle studentesse.
Il tutto, naturalmente, completato dalla solita apologia delle sorti meravigliose e progressive della didattica digitale, feticcio usato per ammantare di modernità ciò che è invece formazione ripetitiva, dequalificata, acritica e basata sulle “competenze” a scapito dei saperi. Nel progetto Bianchi-ELIS, il capitale privato si appropria direttamente della scuola per piegarla alle sue esigenze di creazione di “capitale umano” cioè di mano d’opera.
Un progetto in cui la stessa “sussidiarietà” sarebbe superata, per realizzare un’inestricabile embricatura di interessi privati nelle strutture pubbliche, dove sarebbe anche difficile, a quel punto, distinguere privato e pubblico.
In tale contesto, non stupisce che nella presentazione dei licei TED nel sito di ELIS compaia anche la necessaria acquisizione, da parte degli studenti, delle soft skill oggi tanto di moda, cioè competenze non cognitive, come maturità emozionale, capacità relazionale, comunicazione verbale e non verbale.
Ciò che si nasconde dietro a tutto ciò è in realtà la formazione ideologica a sapersi inserire senza protestare nel mondo aziendale, a resistere alle mortificazioni e alle frustrazioni che tale ambiente impone, a essere consenzienti rispetto ai contratti precari, alla flessibilità, ai cambiamenti di mansioni se non d’azienda ecc.
Cosiddette “competenze”, che tra l’altro si vorrebbe anche valutare con criteri “oggettivi”. Legittimo chiedersi come si possano valutare atteggiamenti che derivano in gran parte da componenti caratteriali, e se una loro valutazione non sia mirata proprio a obiettivi di formazione ideologica.
Un progetto quindi, che a buona ragione trova opposizione nei docenti che, tra l’altro, dovrebbero sottoporsi a una formazione specifica indirizzata, con buona probabilità, a farne dei formatori aziendali. E che incontra anche l’opposizione di molti studenti e la diffidenza delle famiglie degli stessi nonostante possa rappresentare un modo per accorciare la durata degli studi. Però a un prezzo evidentemente troppo alto.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa