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Abolizione del valore legale della laurea? Salvini, No grazie

Mentre in queste settimane gli studenti stanno tornando ad avere protagonismo e a chiamare mobilitazioni contro il governo, Salvini dichiara di voler abolire il valore legale del titolo di studio, con il supporto dei Cinque Stelle che già stanno provando ad aumentare la discrezionalità della valutazione nei concorsi pubblici. Non ci stupisce nemmeno un po’ che una tale proposta venga da un governo reazionario a cui piace parlare di cambiamento, ma che nei fatti è perfettamente compatibile con i dogmi utraliberisti dell’Ue.
Si tratta di una proposta a cui bisogna opporsi fermamente perché andrebbe a rinforzare e consolidare un sistema basato sulla concorrenza tra atenei di serie A e di serie B a livello internazionale e nazionale, perché andrebbe ad alimentare il divario tra poli d’eccellenza e università-parcheggio, tra studenti che possono permettersi di spostarsi o di pagare rette altissime per studiare dove avranno più speranze di trovare un lavoro, e studenti che non possono.
Come diciamo ormai da anni, questa situazione è frutto delle direttive che arrivano dagli apparati dell’Unione Europea nel campo della formazione e che sono funzionali a soddisfare gli interessi del mercato e producono come effetto l’aumento delle disuguaglianze tra Centro e Periferia e tra Nord e Sud.
In un contesto dove l’istruzione ormai è subordinata agli interessi delle imprese, dove la disoccupazione, il precariato, la fuga di cervelli e il boom dell’emigrazione giovanile qualificata al centro-nord Europa sono effetti ormai evidenti di anni di politiche classiste portate avanti da tutti gli ultimi governi, la battaglia contro l’abolizione del valore legale del titolo di studio diventa cruciale per denunciare un sistema basato su elitarizzazione, aziendalizzazione e privatizzazione. In una cornice di povertà diffusa, ci mettono gli uni contro gli altri per accaparrarci le briciole, e additano la colpa negli immigrati: la condizione ideale per permettere ai soliti noti di spartirsi indisturbati il bottino della ricchezza sociale.

Per questo l’opposizione a questa proposta rappresenta l’opposizione a un modello di società e di sviluppo basato sulle disuguaglianze, l’opposizione un’ideologia che parla di meritocrazia ma penalizza solo le cassi popolari e gli incompatibili. Per questo crediamo che la data di mobilitazione chiamata per il 30 novembre, che vede scendere in campo non solo gli studenti anche chi nella scuola lavora, sia un momento importante di ricomposizione delle forze che agiscono sul terreno dell’istruzione dal punto di vista sindacale, studentesco, politico, culturale, in cui portare in piazza con forza questo tema.

Contro il governo giallo-verde, contro l’abolizione del valore legale del titolo di studio, contro l’università-azienda e l’università di élite, contro l’alternanza scuola-lavoro, contro precarietà e sfruttamento ci vediamo a Roma il 30 alle ore 9.00 davanti al Miur.

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