Secondo l’Istat, a gennaio 2022, l’inflazione era già arrivata al 4,8% : un aumento dei prezzi trascinato dall’escalation dei prezzi dei beni energetici regolamentati, energia elettrica in tutela e gas, che sono vicino al raddoppio (+93% rispetto a gennaio 2021). E già nel corso di questo febbraio stanno fioccando nelle case e nelle aziende le prime bollette stratosferiche.
Ci siamo baloccati per troppo tempo, su temi e categorie fuorvianti, appesi a schemi anacronistici come quello della, ormai, dissolta dicotomia destra-sinistra invece di cercare, in qualsiasi modo, di ostacolare gli effetti di una ultradecennale e spietata lotta di classe dall’alto. E, così, siamo, infine, arrivati a raschiare il fondo del barile.
Certo, sulla improvvisa gigantesca impennata dei prezzi dei beni energetici non pesa soltanto la questione Russo-Ucraino-Atlantica. Sappiamo, infatti, che una quota consistente degli importi altissimi delle nuove bollette di gas e luce deriva dai così detti “oneri di sistema” sui quali, però, lo Stato non interviene perché sono tasse e, dunque, ci guadagna.
Inoltre, in questo momento, è in atto una forte speculazione finanziaria internazionale sul prezzo del gas che, assai probabilmente, è un elemento che sta incidendo in maniera significativa sugli aumenti mostruosi ai quali stiamo assistendo e che rischiano di mandare sul lastrico miloni di famiglie e di piccole e medie imprese oltre ad alimentare una potente ondata inflazionistica in grado di polverizzare i già magri salari medi dei lavoratori italiani sempre più vicini ad una grama condizione di “working poors”.
Ma il prezzo del gas è schizzato, anche e soprattutto, per la crisi ai confini dell’Ucraina e perché i paesi europei stanno acquistando il gas statunitense che viene portato in Europa dalle metaniere Usa cariche di Gnl, ovvero, gas naturale liquefatto che poi deve passare per i rigassificatori con costi molto più alti di quello russo.
Ma perché sia l’Italia che gli altri paesi europei sono costretti a subire le decisioni statunitensi tanto sul piano economico quanto su quello militare? Semplice: fanno tutti parte della NATO.
Il trattato istitutivo della NATO(North Atlantic Treaty Organization), il Patto Atlantico, fu firmato a Washington il 4 aprile 1949, ovvero, nell’immediato secondo dopoguerra, ed entrò in vigore il 24 agosto dello stesso anno.
Da allora, il mondo è profondamente cambiato. In origine si trattava di un’alleanza cinquantennale diretta contro la rinascita di un pericolo tedesco mediante la reciproca garanzia di un aiuto militare e politico e mediante l’impegno a concertarsi sulle misure da adottare “in caso di ripresa aggressiva da parte della Germania” o su qualsiasi situazione che potesse rappresentare “una minaccia contro la pace, dovunque essa si fosse presentata”.
Tuttavia, gli USA, sulla base dei nuovi rapporti di forza interni all’occidente, sfruttarono questa situazione per concludere che soltanto l’estensione dell’Unione occidentale avrebbe potuto acquistare l’efficacia necessaria a rendere credibile un trattato “difensivo” rispetto alla minaccia sovietica.
In passato, nelle manifestazioni, la sinistra italiana fece echeggiare, per molto tempo, lo slogan: “Fuori la NATO dall’Italia, fuori l’Italia dalla NATO” con chiaro riferimento anche alla presenza delle basi americane nel nostro Paese che l’adesione al trattato aveva consolidato.
Un tema questo che, nonostante il modificarsi dell’assetto delle relazioni internazionali, rimane comunque di assoluta attualità. Oggi con il ritorno dei nazionalismi appare conclusa la fase del post-caduta del Muro di Berlino, quella della “fine della storia” e degli USA “gendarmi del mondo”, esportatori di “democrazia”.
Rimane, tuttavia, l’interrogativo riguardante il valore e l’attualità di un’organizzazione come quella del Patto Atlantico soprattutto dal punto di vista dell’Europa.
La narrazione che l’Unione Europea nasce e va difesa “per evitare nuove tragedie come la seconda guerra mondiale” e “garantire la pace sul suo territorio” ha sempre fatto a pugni con il suo sbilanciamento atlantista e con la sua adesione ad una organizzazione politico-militare aggressiva con a capo la potenza imperialista che, dalla fine della seconda guerra mondiale, ha bombardato mezzo mondo, causato la morte di centinai di milioni di civili ed organizzato decine di colpi di Stato in favore di golpisti, giunte militari e dittatori sanguinari.
Certo, ora, i paesi europei non appaiono compattamente schierati sulla crisi Ucraina. In primis, la Germania che dipende fortemente dal gas russo: un elemento cruciale che lascia Bruxelles a corto di opzioni nel caso in cui si rendessero necessarie sanzioni contro Mosca.
Berlino chiuderà quest’anno le sue ultime tre centrali nucleari, mentre le centrali a carbone tedesche dovrebbero chiudere entro il 2038. In sostanza, la sacrosanta decisione di eliminare contemporaneamente nucleare e carbone ha reso, tuttavia, la Germania momentaneamente molto dipendente dal gas russo.
Per ragioni analoghe, si fa strada sempre più un atteggiamento conciliante con la Russia negli altri più importanti Stati occidentali del vecchio continente. In Francia, ad esempio, sia i partiti di sinistra che quelli di destra, tentano di concretizzare una mediazione con Mosca mentre proprio in Germania tutte le forze politiche non intendono recidere drasticamente il rapporto con Putin. Dopo la visita di Macròn al Cremlino e le trattative tra Berlino e Mosca per via del Nord Stream 2, è difficile parlare ancora di una politica estera comune europea.
E in tutto ciò l’Italia? L’Italia paga la sua adesione alla NATO la bellezza di 70 milioni di euro al giorno, ovvero, una gigantesca bolletta da 25,200 miliardi l’anno. Se poi deve anche subire il costo degli interessi USA sulla vendita del loro gas in eccedenza, siamo alla pura tirannia coloniale. Resta da capire quanto convenga, tanto all’Italia quanto ai paesi europei, acquistare il gas dagli USA tanto quanto il partecipare ad un escation militare nei confronti della Russia.
La fedeltà atlantica oltre a contribuire a triplicare gli importi delle nostre bollette energetiche, rischia di trascinare anche il nostro già traballante paese in un conflitto armato devastante proprio nel teatro europeo.
E che all’origine della crisi Ucraina vi sia una “ferma volontà di Putin e dei russi di invadere quel paese” è una versione che promana direttamente dall’intelligence USA e che viene fatta propria dalla cancellerie e, soprattutto, dai media europei soltanto per pura soccombenza e sudditanza nei confronti dell’alleato più forte a capo dell’alleanza atlantica.
Semmai, si tratta del contrario: la Russia non vuole che l’escalation militare della NATO verso est arrivi a lambire i suoi confini.
Ma, mentre scriviamo, quattro battaglioni multinazionali sono già schierati in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia e truppe e mezzi dell’esercito italiano sono presenti in Lituania e Romania. Secondo gli osservatori OCSE in Ucraina, da diverso tempo le forze armate ucraine sono ammassate nel Donbass a ridosso dell’area di Donetsk e Lugansk abitata da popolazioni russe ed hanno posizionato reparti dell’Esercito e della Guardia Nazionale ucraini per l’ammontare di circa 150 mila uomini armati e addestrati, e quindi di fatto comandati, da consiglieri militari e istruttori Usa-Nato.
Ma i grandi mezzi di comunicazione occidentali sono scivolati dentro una logica totalmente embedded e, ormai, parlano esclusivamente della “minaccia” rappresentata dallo schieramento russo.
Eppure il 17 dicembre del 2021, il Ministro degli esteri russo aveva pubblicato il testo di una proposta in nove punti di accordo con USA e NATO su “garanzie di sicurezza”. Il documento era stato consegnato all’assistente del Segretario di Stato USA per Europa e Asia, Karen Donfried, quando questa, dopo la tappa a Kiev del 14 dicembre, il giorno seguente si era incontrata a Mosca con l’altro vice Ministro degli esteri Sergej Rjabkov e quest’ultimo le aveva esposto i termini sulle garanzie di sicurezza reciproca.
Durante il video-colloquio del 7 dicembre 2021, con Joe Biden, infatti, Putin aveva chiesto «garanzie di sicurezza affidabili e a lungo termine», che escludessero ulteriori spostamenti verso est della NATO e il dispiegamento di sistemi d’arma che minaccino la Russia nelle immediate vicinanze del proprio territorio.
Al primo punto del documento v’era la richiesta che la NATO si impegnasse sia ad escludere ulteriori espansioni sia l’adesione o l’ammissione dell’Ucraina nell’Alleanza; dunque, la proposta era che Russia, USA e NATO si impegnassero reciprocamente a non dispiegare missili a corto o medio raggio nelle regioni da cui potrebbero distruggersi a vicenda.
Ora il ministro russo della Difesa Shoigu denuncia che, nella regione di #Donetsk vi sono «compagnie militari private #Usa che stanno preparando una provocazione con impiego di sostanze chimiche sconosciute».
Potrebbe essere questa la scintilla che provoca la detonazione di una guerra nel cuore dell’Europa: un attacco chimico contro civili ucraini nel #Donbass, subito attribuito ai russi di Donetsk e #Lugansk, che verrebbero attaccati dalle preponderanti forze ucraine già schierate nella regione, per costringere la Russia a intervenire militarmente a loro difesa.
Secondo il giornalista Manlio Dinucci “In prima linea, pronto a fare strage dei russi del Donbass, c’è il battaglione neonazi #Azov, promosso a reggimento di forze speciali, addestrato e armato da Usa e #Nato, distintosi per la sua ferocia negli attacchi alle popolazioni russe di Ucraina.
L’Azov, che recluta neonazisti da tutta Europa sotto la sua bandiera, che ricalca quella delle SS Das Reich, è comandato dal suo fondatore Andrey Biletsky, promosso a colonnello. Non è solo una unità militare, ma un movimento ideologico e politico, di cui Biletsky è il capo carismatico in particolare per l’organizzazione giovanile che viene educata all’odio anti- russo col suo libro «Le parole del Führer bianco»”.
Saranno i neonazisti del battaglione ucraino Azov a provocare il casus belli perfetto secondo il vecchio e collaudato schema del cosidetto “Incidente del Golfo del Tonchino” e spingere, così, l’Europa verso una disastrosa guerra con la Russia? Speriamo proprio di no, anche se il fatto che il nemico, nella circostanza, stia marciando saldamente alla nostra testa non promette nulla di buono.
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walter Gaggero
se scoppia ci faranno chiudere la bocca.