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Le disavventure di Salvini che va alla guerra

La differenza tra la tragedia e la farsa dovrebbe esser nota. E la destra italiana le ha frequentate sempre entrambe, cercando con rigore di riservare la farsa per sé e la tragedia per il popolo.

Matteo Salvini, leader in disarmo della destra fascioleghista, descritto ancora da qualche imbecille come un “pericolo pubblico” (do you remember “governerà per 20 anni” quando i sondaggi – non i voti – lo davano al 40%?), ha pensato bene di far visita sulla frontiera tra Polonia ed Ucraina.

Difficile capire lo scopo, a parte quello – scontato – di farsi fare un po’ di foto con i “profughi veri” (bianchi, biondi e con gli occhi azzurri) da rivendere in Italia come prova che lui, nei posti pericolosi, ci va davvero, mica come quegli sfigati della “sinistra” (?). Anche per ridisegnare il proprio profilo politico un po’ più con tonalità euro-atlantiche.

Purtroppo per lui, c’è sempre qualcuno più a destra di te. O meglio: se monti sulla ruspa del nazionalismo becero, dovresti sapere che – fuori dai tuoi confini – il nazionalismo degli altri ha la stessa matrice “culturale”, ma obiettivi specifici del tutto diversi.

Se quando era europarlamentare avesse colto l’occasione per studiare un po’, invece di rimpinguare soltanto le proprie casse, avrebbe capito perché l’Unione Europea può avere un mercato comune ed obbligare a seguire regole scritte dai paesi più forti.

Ma proprio non può far scrivere un manuale di storia europea condivisa: i nostri eroi sono i killer più mostruosi per i nostri vicini. A Vienna si suona ancora la marcia intitolata a Radetski, a Milano preferiscono di no.

Scendendo un po’ nel grado culturale, comunque, anche un Salvini dovrebbe sapere che i polacchi non sono proprio entusiasti dei vicini che si ritrovano (Russi e Tedeschi), anche se hanno provato per secoli ad allearsi con gli uni contro gli altri.

E dunque il povero Matteo avrebbe dovuto sapere che, dopo aver esaltato Putin come simbolo concreto della sua visione “legge e ordine”, anti-gay, anti-aborto, e stronzate della stessa natura, avrebbe facilmente potuto incontrare un polacco con le stesse idee di politica interna ma ferocemente anti-putiniano (e anti-russo).

Non gliel’hanno spiegato, non l’ha capito, non gliel’hanno detto… Chissà.

Sta di fatto però che ad accoglierlo in malo modo a Przemysl, paese polacco in cui arriva gran parte dei flussi di profughi dall’Ucraina, è stato il sindaco Wojciech Bakun.

Alto, grosso, incazzato e minaccioso, come si addice ad un esponente del movimento nazionalista di estrema destra Kukiz’15. Quello che – come Salvini (e Pillon) – è contrario al Pride, all’aborto e all’adozione da parte di coppie omosessuali per “difendere i bambini”.

E con un vantaggio strategico incolmabile: lui sta appena al di qua della guerra vera, dove si sparano pallottole e cannonate, non cazzate col megafono. Sta nel mezzo di una tragedia e dunque “schifa” istintivamente chi va in cerca di pubblicità a gratis…

Paese che vai fascista che trovi. E l’unica “internazionale fascista” – ossia nazionalista – che è riuscita a durare qualche anno è quella che aveva come nemico i comunisti. In qualsiasi paese del mondo.

Ma, tra loro, i fascio-nazionalisti, sono soliti spararsi.

A Salvì, stattene a casa, al caldo…

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