Prima martedi all’università La Sapienza di Roma, poi all’università Orientale di Napoli, le direzioni dei due atenei hanno negato le aule per due diverse iniziative sulla questione palestinese.
A Roma si trattava della presentazione del rapporto di Amnesty International sull’apartheid di Israele verso la popolazione palestinese. A Napoli una iniziativa analoga si sarebbe dovuta tenere il prossimo 1 aprile. La motivazione con cui il rettore ha accompagnato il proprio diniego: “l’Ateneo non concederà mai, almeno finché sarò Rettore, il proprio spazio per iniziative correlate a qualsiasi forma o modalità di boicottaggio accademico”. Così quindi è stata negata l’aula per il dibattito “Università libere dall’apartheid israeliana”, previsto per la mattina del 1° aprile.
Già troppo spesso in passato le direzioni degli atenei italiani avevano ricevuto pressioni dall’ambasciata israeliana per negare agibilità a conferenze e dibattiti che avessero come tema la Palestina.
A Roma la motivazione per negare l’aula all’evento “Presentazione del Report di Amnesty International sull’Apartheid Israeliana in Palestina”, è stata ancora più ipocrita. Il giorno precedente l’evento, l’Ateneo ha deciso improvvisamente, dopo una sollecitazione di cui è “ignoto” l’autore, di dichiarare la più netta opposizione all’iniziativa che di comune accordo era stata organizzata con l’autorizzazione del Dipartimento di Filosofia.
La condizione posta dall’ateneo affinché l’iniziativa potesse svolgersi come da programma è stata quella di imporre all’iniziativa un relatore o relatrice della UGEI – Unione Giovanile Ebrei d’Italia – che, a detta dell’amministrazione – avrebbe svolto il necessario ruolo di “contraddittorio”.
Una motivazione questa ancora peggiore di quella dell’Università di Napoli e non tanto per la rivendicazione di un contraddittorio che però viene richiesto esclusivamente sulle iniziative che parlano di Palestina, quanto perché trattandosi di un tema e di responsabilità politica di uno Stato, semmai il contraddittorio sarebbe dovuto avvenire con un rappresentante dell’ambasciata israeliana e non di una associazione di giovane ebrei italiani.
Questo significa continuare a mistificare l’informazione sulla questione palestinese come problema tra gli ebrei e gli arabi e non come questione politica tra uno Stato e un popolo oppresso.
Sulla funzione delle università sia gli attivisti napoletani che quelli romani avanzano denunce ben precise. “Negli anni, le campagne BDS (https://bdsitalia.org/…/campagne/boicottaggio-accademico) hanno documentato i profondi collegamenti esistenti tra le università e il complesso sistema militare, di sicurezza e di oppressione israeliani” – scrivono in un comunicato gli attivisti del Centro Culturale “Handala Ali” di Napoli – “Oggi è tanto più necessario che chi ha responsabilità nel mondo della cultura e della ricerca si rifiuti di assecondare la costruzione di accordi e legami tesi a rafforzare e rendere ancora più feroce l’Occupazione”.
Da Roma gli studenti che hanno organizzato la conferenza negata dal Rettorato denunciano come con tale presa di posizione la Sapienza “conferma di non voler in alcun modo tutelare i diritti fondamentali del popolo palestinese, che anzi contribuisce attivamente a minare attraverso accordi bilaterali che coltiva ad esempio con il Technion – Israel institute of Technology di Haifa, legato al comparto militare israeliano, e con la Leonardo s.p.a, azienda di “aerospazio, difesa e sicurezza” leader nel comparto industriale militare ed impegnata addirittura con gli armamenti nucleari attraverso la joint venture MBDA Missile Systems”.
Gli studenti e gli attivisti romani non si sono persi d’animo ed hanno tenuto lo stesso la conferenza nel giardino della facoltà. A Napoli è partito l’invito alle realtà studentesche e tutta la comunità dell’Orientale a esprimere la propria condanna nei confronti di questo atto arbitrario e complice dell’oppressione.
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