Sarebbero 11 i miliziani italiani morti finora mentre “partecipavano a operazioni militari in Ucraina contro l’esercito russo”.
A renderlo noto è una comunicazione del Cremlino inviata a palazzo Chigi, e riportata dal Corriere della Sera. Questa nota individua in una sessantina i «mercenari» italiani che si sono arruolati con le milizie ucraine. Una decina sarebbe rientrata in Italia, mentre gli altri stanno ancora combattendo, secondo le fonti russe, assieme a “diverse migliaia di cittadini stranieri”.
Finora risultano ignote le identità degli italiani uccisi in Ucraina, né dove sarebbero stati uccisi. Il Corriere della Sera avanza dubbi sull’attendibilità della notizia, sulla base del fatto che alle autorità italiane non risultano questi foreign fighters nostrani nelle aree di conflitto in Ucraina. Se è vero sarebbe una curiosa “distrazione” delle autorità italiane, smentita però da diversi fatti.
Lo stesso Corriere della Sera scrive che: “Un mese fa — come aveva raccontato Giovanni Bianconi sul Corriere — ai funzionari dell’Antiterrorismo risultava la presenza di 17 italiani in Ucraina: nove schierati con Kiev, otto con le truppe di Mosca. Tutti peraltro penalmente perseguibili, visto che la legge vieta atti ostili verso uno Stato estero”.
Ed ancora, lo stesso Corriere della Sera in un altro articolo del 28 febbraio 2022, raccontava della sessantina italiani arruolatisi nella guerra in Ucraina.
In secondo luogo, la nota russa dà un numero preciso di questi miliziani italiani – 60 – che è lo stesso numero indicato solo due mesi fa dall’Ispi.
Lo stesso e “ben informato” Ispi il 25 febbraio del 2022 scriveva infatti che: “Sulla base delle (frammentarie) informazioni attualmente disponibili, si stima che dall’Italia possano essere partiti circa 50-60 combattenti, presumibilmente con una distribuzione abbastanza equilibrata tra le due parti del conflitto; quasi sempre si è trattato di maschi adulti di nazionalità italiana, con livello socio-economico medio-basso e senza familiari al seguito.
Tra i combattenti di estrema destra che hanno parteggiato per l’Ucraina, il profilo più importante è probabilmente quello di F.S.F., storico militante del neofascismo italiano, che si è prodigato a favore della causa nazionalistica di Kiev dai tempi di “Euromaidan”, tanto sul territorio ucraino quanto all’estero. Da un lato, F.S.F. è entrato nel famigerato Reggimento Azov, una formazione paramilitare (poi incorporata ufficialmente nella Guardia Nazionale ucraina, nel settembre 2014) con ben note radici neonaziste”.
A ottobre 2021 c’è stata una inchiesta della Procura di Napoli che ha portato a perquisizioni tra Napoli, Avellino e Caserta contro la rete neofascista “L’Ordine di Hagal”. Secondo i magistrati la base operativa dell’associazione neonazista era in provincia di Napoli.
Dalle indagini emerge che venivano svolte anche attività paramilitari e addestramento all’uso delle armi. Simulazioni di corpo a corpo e assalti avvenivano nei campi del Napoletano e del Casertano con ex militari e combattenti ucraini. In molti casi si trattava di armi soft air modificate per sparare proiettili veri.
Una cosa è certa, per sapere come stanno le cose non date mai retta a Open. In secondo luogo non sarebbe la prima volta che neofascisti italiani partecipano a conflitti “ideologici” su teatri di guerra.
Ancora prima dell’Ucraina c’è stato il caso della Croazia durante la lunga guerra civile in Jugoslavia e prima ancora in Libano. Questi ultimi hanno sviluppato un rapporto molto speciali con i servizi segreti britannici, oggi i più attivi sul teatro di guerra in Ucraina.
Una rete di “uomini neri” estesa, pericolosa e con molte complicità. Basta cercare e viene fuori tutto.
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